Questo per me è un bel momento. Leggo le notizie del mondo. «Il Papa si ritira, coraggioso, umile, ma…». Sì, qualcuno dice anche “ma”.
È il momento di rileggere il Vangelo quando ci fa vedere Gesù che si ritira in preghiera, anche quando le folle di tutte le categorie lo cercano… e continua ad amarle.
Sto pensando al mio confratello, un tempo mio alunno nel seminario teologico, che da poco ha lasciato la sua missione per ritirarsi in monastero. Penso al mio superiore generale che presto terminerà il suo servizio per l’Istituto durato 18 anni. Sulla scelta dell’Istituto di mandare in Algeria alcuni suoi membri, scrisse: «Mi piace ribadire come questa presenza vuole avere un significato tutto particolare per l’intero Istituto: essere semplice “presenza” dove non servono investimenti di danaro, somme per costruzione …». Quasi a ricordarci l’essenzialità della missione: è Lui che converte i cuori. Personalmente sono convinto che questa scelta sia una ricchezza e un’ispirazione per tutto l’Istituto, sacerdoti e laici, candidati nella formazione iniziale, perché dà ragione di quanto scrive Papa Giovanni Paolo II nella enciclica Redemptoris Missio: «Si è missionari prima di tutto per ciò che si è, prima di esserlo per ciò che si dice e si fa» (n. 23).
E allora tutti in convento? No, ma ovunque si è, il cuore sia a Nazareth. Non è facile capire e vivere fedelmente la profonda realtà e ricchezza della presenza silenziosa in preghiera. E scusatemi; forse anch’io potrei restare più silenzioso.
Nella decisone del Papa stiamo scoprendo valori importanti della Chiesa.
Nel 1977 aveva scritto: «La Grande Chiesa non può né crescere né prosperare se le si lascia ignorare che le sue radici si trovano nascoste nell’atmosfera di Nazareth. Prima della ricerca accademica, Charles de Foucauld ha incontrato il vero “Gesù storico” e aprì così una nuova via per la Chiesa. Fu per la Chiesa una riscoperta della povertà. Nazareth ha un messaggio permanente per la Chiesa. La Nuova Alleanza non comincia nel Tempio, né sulla Montagna Santa, ma nella piccola casa della Vergine, nella casa del lavoratore. In uno dei luoghi dimenticati della “Galilea dei pagani”, dalla quale nessuno aspettava qualcosa di buono. Solo partendo da lì la Chiesa potrà prendere un nuovo slancio e guarire. Non potrà mai dare la vera risposta alla rivolta del Novecento contro la potenza della ricchezza se, nel suo stesso seno, Nazareth non è una realtà vissuta».
Lucio Battisti canta: «Nel silenzio, anche un sorriso… può far rumore».
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Papa Ratzinger guarda la Chiesa e pensa al cielo
Come un padre che lascia i figli e misura i messaggi da confidare. Bellissima la sua frase: “Il concilio aveva mostrato tutta la sua intensità sulle relazioni interreligiose. La Chiesa afferma la realtà di un Dio che ha parlato ma deve anche entrare in dialogo con le altre esperienze religiose che hanno una certa luce umana della creazione”. Mi ha fatto pensare al mio viaggio verso l’ Assekrem e che desidero raccontarvi ancora.
Sassi, sassi e poi sassi tra montagne di ogni forma: picchi, altipiani, e valli che non finiscono mai, qualche rigagnolo e piccolo lago. Una giornata intera tra i sassi. Charles volle andarvi perché lì vivono i tuareg, e lì piove e crescono i pascoli. È con loro che volle vivere. Proprio in alto, a circa 2.600 metri. E lasciò scritto: «La vista è la più bella che non si possa dire, né immaginare. Nulla può dare l’idea di foresta di picchi e di guglie rocciose che si ha ai propri piedi. È una meraviglia. Non la si può ammirare senza pensare a Dio. Mi è difficile distogliere lo sguardo da questa vista ammirevole, la cui bellezza e impressione di infinito ci ravvicinano a Dio, mentre questa solitudine e questo aspetto selvaggio ci fanno sentire che cosa sia essere soli con Lui: una goccia d’acqua nel mare».
Charles, come altri eremiti, ha saputo rendere importante questo angolo della terra, diventato luogo di incontro con Dio e coi fratelli. Ma c’è voluta un po’ di pazzia. I tuareg dicono in proverbi:
«La verità è nascosta tra le sabbie del deserto, affinché chi la scopre sia considerato un pazzo, la mente bruciata dalla solitudine e dal sole». «Dio ha creato i luoghi ricchi di acqua perché l’uomo vi possa vivere ed ha creato il deserto perché l’uomo vi possa trovare la propria anima… Non l’uomo attraversa il deserto. È il deserto che attraversa l’uomo».
A circa un chilometro dall’eremitaggio di frère Charles, entro nel mio eremitaggio. In questa stanza di sassi, passo due notti e un bel tempo di solitudine. Non manca niente, niente è di più, tutto è pura semplicità. Lì, solo, guardo, penso, medito. Dio, parla ancora, comunica mostrando il creato. Continua a dire le sue prime parole di creatore: «Tutto è buono. Tutto è bello!». L’uomo, creato ad immagine di Dio, percepisce il linguaggio di Dio.
Sfogliando il quaderno delle testimonianze che la gente lascia scritte, vedo i caratteri delle lingue del mondo, cinese, arabo, ecc. Ogni scritta mi fa sentire chi è musulmano, cristiano, indù, buddhista, ateo, in ricerca, ecc. Ma in tutti sento una sola cosa: la gioia di sentirsi lì e la sorpresa di avvertire una grande novità nell’esistenza.
Ne trascrivo solo due: «Non sono credente, ma oggi sono arrivato qui all’Assekrem. Ho letto qualche parola di Charles de Foucauld. Mi sento vicino a Dio e all’anima, alla grande anima, all’uomo, al santo. All’Assekrem ho toccato con mano la grandezza dell’universo. Ne sono affascinato».(H.H.)
«Come non pensare al creatore universale davanti a tanto splendore. Un paesaggio lunare, una vista magica che porta all’umiltà. Sufficiente per ricordare all’uomo che non è polvere e che deve tutto a Dio. Sufficiente per vivere felice». (M.)
Al turista che vanta le gioie della città, il vecchio tuareg risponde: «Preferisco restare qui nel deserto, dove il cielo è sempre puro… La notte, quando alzo la testa, posso contemplare il cielo stellato… e medito».
Ha ragione… come tanti che meditano e trovano il senso alla vita. Ha ragione papa Ratzinger quando dice che bisogna entrare in dialogo con le altre esperienze religiose che hanno una certa luce umana della creazione.