Quando è giorno

Ho ritrovato una “cartolina” scritta dal deserto nei miei dieci anni d’Algeria. La “ripulisco”, aggiorno, rigusto… e accetto di ridarvela perché non devo ritenere solo per me l’esperienza vissuta.

Diceva un saggio africano: «Passerai dalla notte al giorno, non quando nella penombra riuscirai a distinguere un cane da una pecora o un tipo di palma da un altro tipo di palma, ma quando in ogni persona che incontrerai, vedrai un fratello. Allora non è più notte…è giorno!».

La notte è solitudine, minaccia, paura. Il mondo è buio.

«La notte è tanto brutta», diceva ogni mattina mio padre, venendo dal carcere dove prestava servizio come “agente di custodia”.

Il giorno è sole… colore, calore, luce, vita, gioia…

Dieci anni a Touggourt vivendo con musulmani.

È bello al mattino, andando a celebrare la messa con le Piccole Sorelle di Gesù, poter incontrare quelli che escono da casa per andare al lavoro e salutarci col saluto più bello: «Salaam aleikum» (la pace sia con te). E mettendo sempre la mano sul cuore. Perché è lì che ci si sente uniti.

È bello parlare col poliziotto dei suoi bambini, vederlo sorridere e sentire che è contento di te; incontrare il marito abbandonato e dargli un po’ del tuo tempo;

parlare un po’ con l’Imam della moschea e dirci che ci si sente vicini nella preghiera; ascoltare il medico musulmano che ti dice: «Sento nel cuore un invito a cercare… a trovare»; ringraziare il dentista che dice: «A persone come voi, non ho chiesto mai niente»; vedere la gioia del tecnico straniero del petrolio che dopo la mMessa in una base, nel deserto, decide di cambiare, di amare meglio sua moglie…

Cose semplici che allargano il cuore. Allora ogni giorno è un giorno nuovo.

Il breviario francese mi dice qual è il vero giorno: «Il nuovo giorno si alza, il giorno conosciuto da te, Padre.  Che tuo Figlio completi nell’uomo la vittoria della croce».

E mi offre queste preghiere: «Al mattino di questo nuovo giorno, tu Gesù, stella del mattino, risveglia in me il senso della bontà del tuo operato.  Luce che si alza sul mondo, mostraci le tue volontà.  Figlio amato dal Padre, ispiraci l’amore filiale e fraterno. Sorgente gorgogliante di vita, feconda il lavoro di questa giornata.

Amico dei poveri e dei piccoli, rendici attenti alla loro domanda».

 

Pensiero sui migranti

Cerco testimonianze di come ci comportiamo con i migranti. Una signora praticante in una parrocchia mi ha mandato la sua.

«Ci sono tante storie di vita vissuta con tante sofferenze che non conosciamo e a volte neppure immaginiamo. Ci sono tante persone che hanno sofferto, che soffrono, ma che avrebbero tanto da donarci sia a livello umano che culturale e spirituale. Per questo sento di dovermi attivare, per quel che mi è possibile, per andare incontro alle persone in difficoltà. Penso che ognuno di noi sia un dono per l’altro, con le sue caratteristiche, i suoi doni, la sua cultura, compresi i cosiddetti migranti che dovremmo imparare ad accogliere e valorizzare, Perché questo può trasformarsi in una nuova occasione per ri-conoscerci e scambiarci reciprocamente il dono della propria cultura umana e spirituale. È nelle differenze ch’è possibile comprendere e apprezzare l ‘altro’, con la sua cultura e le sue ricchezze nella fiducia reciproca.

Proprio nello spirito dell’Universalità della Chiesa e come Cristiani, dovemmo avere un cuore più sensibile verso i migranti ed essere quotidianamente testimoni di questa universalità, cominciando proprio nelle nostre comunità, nelle parrocchie, città.

Certamente può sembrarci difficile perché gli immigrati ci appaiono diversi da noi e quindi a volte istintivamente e per paura, inconsciamente o no, ci chiudiamo. Altre volte invece possiamo sentirci infastiditi perché ci chiedono l’elemosina, ma sento che, come per ognuno di noi, dietro ad ognuno c’è una storia, di dolore o difficoltà, di famiglia, di distacco, di sacrifici, di sogni, di speranze, proprio come me. E quindi mi fermo un istante e mi domando: perché aver paura? Perché non fermarmi e interessarmi a lui o lei, cime fare con qualsiasi persona in di difficoltà? Non ho una risposta ma sento che forse, se ci fossero le condizioni di maggiore integrazione o coinvolgimento all’interno delle nostre comunità parrocchiali, tutto sarebbe più semplice e impareremmo ad aver meno paura, più rispetto e ad apprezzare una cultura diversa e nel confronto, riscoprire anche la nostra. Mi vengono in mente gli Africani; quanta gioia quando si riuniscono per la messa, dove si percepisce questo profondo senso di famiglia e gioia celebrate con suoni, canti e danze.

In questa conoscenza reciproca dovrebbero essere coinvolti i nostri giovani che con il loro spirito ’sconfinato’ con cui si spostano da uno stato all’altro nessuna preoccupazione, per studio, per lavoro e altro, non hanno ancora quelle ‘barrire mentali’ che spesso appartengono ai più adulti.

Questa riflessione mi porta a esprimere il mio sogno di un mondo senza nessuna barriera, dove tutti siamo uguali nella propria unicità, dove non esistono razze e colore della pelle, ma semplicemente una realtà di fiducia reciproca e speranza nella grande famiglia umana e nella fratellanza universale».

E voi come la pensate?

 

Papa Francesco dona ai preti di Roma un libro di René Voillaume, l’erede di De Foucauld

Leggo nell’OSSERVATORE ROMANO del 06/04/2023:

Stamane, Giovedì Santo, alla Messa crismale nella basilica Vaticana hanno concelebrato con lui quasi duemila presbiteri, ai quali ha donato un libro di René Voillaume — un “classico” lo ha definito due volte invitando a leggerlo — intitolato La seconda chiamata. Tratta il tema, approfondito anche dal Pontefice nell’omelia, della «crisi, che ha varie forme» ma che «a tutti succede» dopo l’entusiasmo degli inizi, nella quale si sperimentano «delusioni, con l’ideale che sembra usurarsi fra le esigenze del reale». Ed è qui, ha chiarito il vescovo di Roma, che si «insinuano tre tentazioni pericolose: quella del compromesso, per cui ci si accontenta; quella dei surrogati, per cui si tenta di “ricaricarsi” con altro; quella dello scoraggiamento – la più comune -, per cui, scontenti, si va avanti per inerzia».

René Voillaume, l’erede spirituale di San Carlo de Foucauld, in nome del quale ha fondato quella congregazione, chiamata dei Piccoli fratelli di Gesù che l’eremita aveva invano sognato di fondare, indicandone anche il nome: Piccoli fratelli del Sacro Cuore di Gesù, dei quali Voillaume è stato superiore fino al 1965, cioè prima e dopo il Concilio Vaticano II. Il Papa lo ha ricordato donando ai sacerdoti della sua diocesi un volume “La seconda chiamata” che Voillaume ha firmato inserendovi tra l’altro anche contributi del card. Carlo Maria Martini e del vescovo di Novara Renato Corti.

Papa Francesco ha detto ai sacerdoti: «Profeti dell’unzione dello Spirito Santo e apostoli di armonia: «nel giorno nativo del sacerdozio». Così dovrebbero essere i preti nonostante le umane «debolezze, le fatiche, le povertà interiori».