Questo racconto mi è stato fatto da un operaio che mi chiede di migliorare il suo francese. Questi racconti mi permettono di penetrare nel modo di pensare e di vivere dei miei amici.
Tre beduini camminavano nel deserto e una tempesta di sabbia li colse all’improvviso. Si rifugiarono in una caverna e appena entrati, un grosso macigno cadde davanti all’entrata. Non potendo uscire, si misero a pregare e dissero: «Solo dicendo le cose buone che abbiamo fatto, potremo ottenere l’aiuto di Dio».
Il primo disse: «Ogni sera portavo il latte ai miei genitori ammalati che bevevano prima di me, prima dei miei figli e di mia moglie. Un giorno arrivai in ritardo e loro dormivano già. I miei figli piangevano perché avevano fame e chiedevano il latte, ma siamo rimasti ad attendere tutta la notte per dare il latte prima ai miei genitori. Dio, se hai visto che lo facevo per te, sposta un po’ la pietra». E la pietra si spostò un poco.
Il secondo raccontò: «Avevo in casa la figlia di uno zio. Me ne ero innamorato, ma lei non acconsentiva. Un giorno mi chiese in prestito dei soldi e io approfittai per accostarmi a lei. Ma nel momento di avvicinarmi, ella disse: “Temere Dio è togliere la verginità quando è permesso”.
La lasciai subito, anche se sentivo una forte attrazione verso di lei. Dio, se hai visto che lo facevo per te, sposta un po’ la pietra». E la pietra si spostò un poco.
Il terzo continuò: «Avevo un operaio e un giorno per un malinteso se ne andò, lasciandomi anche quello che gli spettava. Tornò dopo qualche anno e mi chiese quello che gli spettava. Gli dissi: “Prendi tutto quello che vedi, cammelli, pecore, schiavi”. L’altro esclamò: “Mi prendi in giro?”
“No, risposi, è la verità!”. E se ne andò con tutto quello che avevo accumulato con gli interessi che gli spettavano. Dio, se hai visto che lo facevo per te, sposta un po’ la pietra». E la pietra si spostò del tutto.
Nel racconto troviamo alcuni capisaldi della morale: rispetto verso i genitori, serietà nel matrimonio, giustizia sociale.
Vediamo anche come avviene la trasmissione delle verità più importanti della vita. Non con frasi teoriche, ma con racconti ben costruiti che contengono le leggi da osservare.
La lingua araba prende corpo con parole vive, colorite, e frasi ripetute che si rincorrono.
Durante il racconto, tutta la persona è “toccata”, interessata e condotta ad assentire con certezza piena. Il punto forte è sempre il riferimento a Dio, il solo giudice e benefattore.
Archivio mensile:Aprile 2013
Il vaso rotto
Una vecchia cinese portava a casa l’acqua del fiume con un vaso rotto. Il vaso soffriva perché non riusciva a portare a casa tutta l’acqua, lasciandone una metà sulla strada. Temeva d’essere gettato via. Ma la vecchia non era né cieca né stupida. Seminava semi di fiori lungo il tragitto e la terra imbevuta d’acqua fece spuntare una grande quantità di fiori. Il vaso si vergognava di non poter essere utile come voleva, ma grazie all’astuzia della sua proprietaria divenne utile proprio grazie ai suoi difetti.
In questi giorni, durante la messa con le Piccole Sorelle, commentando la Parola del libro degli Atti degli Apostoli che continua a raccontare il coraggio dei primi cristiani nell’annunciare La Buona Novella del Figlio di Dio, chiedevo: «Anche il Papa continua a incoraggiare l’annuncio del Vangelo senza paura. Ma qui a Touggourt, come annunciare Gesù?».
Sembrava che il Papa mi avesse ascoltato quando il giorno dopo, citò San Francesco: «Bisogna annunciare il Vangelo con la vita e, se si può, anche con la parola».
È bello sapere che lo Spirito Santo semina con la nostra vita quando viviamo Gesù nel cuore.
Il seme caduto a terra non muore.
Voglio vivere e dare voglia di vivere
Il nuovo vescovo di Orano, Jean-Paul Vesco,dice : «Ogni vescovo sceglie un motto come programma della sua vita di pastore. Io prendo quello che si dicevano due suore durante gli anni difficili: “Voglio vivere e dar voglia di vivere”».
Queste parole mi fanno vivere. Non un altro programma. Cinquant’anni fa l’Algeria indipendente gridò: «Voglio vivere!». La nostra Chiesa immersa nella società musulmana dice la stessa cosa:
«Voglio vivere e dare voglia di vivere». È ciò che cerchiamo di fare nelle relazioni coi vicini e con gli amici, nelle biblioteche, nei centri di formazione femminile, nei corsi di lingua e di sostegno scolastico, nella Caritas, nelle prigioni, negli ospedali, coi più poveri.
«Voglio vivere», dicono gli studenti subsahariani negli anni che passano in Algeria, non senza difficoltà. A loro dico: «Sì, ma date anche voglia di vivere agli amici che incontrate».
Lo dico ai migranti che sperano in un avvenire migliore. Lo dico a ciascuno di noi. Ogni vita è un dono sacro. «Vivere e dare voglia di vivere» è un comandamento che sta alla base di ogni religione, filosofia, cultura.
Di chi è la terra?
Il saggio musulmano Al-Turtushi (m. 1126) scrisse: «Gesù figlio di Maria uscì un giorno assieme a un gruppo dei suoi compagni e quando il giorno fu alto passarono per un campo pronto per la raccolta: “Profeta di Dio, dissero, “siamo affamati”. Dio disse loro in ispirazione: “Permetti loro di mangiare”. Diede il permesso ed essi si sparpagliarono nel campo, raccogliendo e mangiando. In quel frangente giunse il padrone del campo dicendo: “È il mio campo e la mia terra che ho ereditato dai miei antenati! Con il permesso di chi voi mangiate?” Allora Gesù pregò Dio ed egli resuscitò tutti coloro che avevano posseduto quella terra, da Adamo sino a quel momento; ecco, presso ogni spiga, c’era una moltitudine di uomini e di donne che gridavano: “È il mio campo e la mia terra che ho ereditato dai miei antenati!” L’uomo ne fu terrorizzato; aveva saputo di Gesù ma ancora non l’aveva riconosciuto: “Le mie scuse” disse, “inviato di Dio, non ti avevo riconosciuto; il mio campo e la mia proprietà ti sono permessi”. Gesù allora pianse e disse: “Guai a te! Tutti costoro hanno ereditato questa terra e l’hanno lavorata, poi se ne sono andati; e tu anche te ne andrai, seguendoli. Guai a te, non hai né terra né proprietà!».
(Dal libro I detti Islamici di Gesù, a cura di Sabino Chiala)