Con il Pime in Camerun

Venuto per dare un corso di storia delle missioni e del PIME, questa mattina, celebro nel nostro seminario di Yaoundé. A destra, concelebra padre Fabio Bianchi, mio “discepolo” quando eravamo nel seminario teologico di Milano ed ora rettore del seminario. A sinistra, il padre spirituale Giuseppe Parietti, che avevo accolto nella missione di Guidiguis, e con cui ho condiviso la vita di missione per oltre vent’anni. Più  a sinistra ancora, padre Patience Kalkama del Nord Camerun, che ho accolto a Maroua per i primi passi verso il seminario e il sacerdozio, ora vicerettore. Presenti alla celebrazione i seminaristi provenienti da Costa d’Avorio, Guinea Bissau, Camerun e Ciad.

Mi sento veramente in famiglia tra membri di quattro età che con nomi familiari nominerei: bisnonno, nonno, figlio, nipote, termini che piacciono molto al mondo africano. Si, mi sento bisnonno spirituale. Celebrare insieme, come ogni mattina di Pasqua, significa continuare insieme una vita come quella di Gesù per poi, in giornata e nella vita, essere la sua parola e il suo amore. Cari amici, voi capite la nostra gioia. Un giorno, come già altri, questi seminaristi saranno missionari in varie parti del mondo e celebreremo ancora uniti il mistero della Pasqua. E voi? Non siete qui come qualcuno amerebbe, ma voi credete e vi sentite vicini, accanto, anche voi convocati,  in vari modi, età, mezzi, tempi del cuore. Anche in voi c’è l’oggi missionario, appartenenti alla famiglia del PIME: parenti, amici, fratelli, sorelle, padrini, madrine, benefattori, ex alunni, missionari laici, collaboratori, ecc.

A giugno ho celebrato accanto a padre Patience la sua prima Messa nella parrocchia di Usmate dove ha esercitato il suo servizio prima da seminarista e poi da diacono. Sono rimasto meravigliato a vedere non solo l’entusiasmo e l’amicizia, ma soprattutto l’apprezzamento di quello che è stato per la gente grazie al suo servizio. Ormai il PIME sta prendendo un volto e un cuore nuovo con l’apporto di missionari di culture e di continenti diversi.

Mi piace ripetere: «Voi sapete, sentite che tutto ciò che è del PIME vi appartiene e dunque insieme viviamo una vita cristiana e missionaria e insieme, convocati attorno all’Eucaristia, celebriamo l’unico mistero di Pasqua».

 

 

Algeria, beatificazione martiri: una grazia per la nostra Chiesa

Mons Paul Desfarges, arcivescovo di Algeri, ha scritto una lettera pastorale in preparazione della beatificazione dei 19 martiri dell’Algeria dell’8 dicembre prossimo a Orano. La lettera inizia così: «La Chiesa offre alla nostra Chiesa e al nostro mondo 19 nostri frateli e sorelle come modelli per la nostra vita di discepoli, oggi e domani. Beati, sono davanti a noi sul cammino di testimonianza che la nostra Chiesa è chiamata a dare su questa terra d’Algeria che fin dal primo secolo è stata irrigata dal sangue dei martiri. (…) Riceviamo la loro beatificazione come una conferma della vocazione della nostra Chiesa a essere, come ci domanda il Santo Padre, “sacramento della carità di Cristo” per tutto il popolo dove essa è piantata».

La lettera è bella e densa con testimonianze dei martiri, uomini e donne. Sembra sviluppi il cammino verso la donazione della vita e di apertura alla santità vissuto dai martiri ma anche il modello per ogni cristiano, guidata dal pensiero del Papa Francesco  Gaudete et exultate. Il testamento di Christian de Chergé è il testo base che aiuta a capire l’ispirazione che ha sostenuto non solo la vita dei 19, ma anche di come la Chiesa continua a donarsi in Algeria. La lettera merita di essere meditata soprattutto nelle testimonianze.

Suor Caridad: «Sono molto contenta, quando la gente viene. Preparo tutto col mio cuore e con la mia anima. Per me la missione è : disponibilità, gioia, accoglienza…».

Suor Odette: «La nostra ricerca contemplativa del volto di Dio… è un cammino privilegiato per vivere questo incontro con l’Islam in un dialogo religioso, spesso silenzioso, rispettoso, attento. Immersi in Dio in un popolo diverso, assumere in noi, nella nostra povera vita quotidiana, tutta la ricerca della Chiesa, e concretizzarla in piccoli atti banali, nascosti, gratuiti, che si vorrebbe portatori d’amore e di comunione. Tensione silenziosa verso Dio nell’attesa… nella speranza, col cuore sempre aperto all’altro, attento al suo cammino… attraverso tempi lunghi, le lentezze dell’amicizia e dei suoi tesori».

Fratel Luc, medico: «La salvezza ci viene dagli altri che sono per noi la presenza di Dio che chiama alla vita. La fede salva volgendo il nostro sguardo verso un altro… crea relazione che strappa dalla solitudine mortale. Ogni volta che lasciamo la preoccupazione per noi, per l’attenzione all’altro, viviamo questa Fede che, anche inconsciamente, è Fede in Dio e “perdere la vita per il Cristo”».

 

Camerun: delusione, niente conferenza per la regione anglofona

Oggi, 21 novembre 2018, Mathias Mouende Ngamo scrive nel giornale Le jour che gli organizzatori della conferenza degli anglofoni non hanno ottenuto una autorizzazione scritta a procedere e quindi restano in attesa e accordano al governo il tempo per poter rispondere alla loro domanda, anche se i loro avvocati dicono che si potrebbe procedere. Il cardinale Tumi dice che la conferenza non è annullata e si resta in attesa della prossima data. Restano fissi i due punti principali dell’ordine del giorno, la ricerca delle cause della crisi e di organizzarsi in piccoli gruppi di riflessione per proporre soluzioni, da presentare poi al presidente della Repubblica, perché, dice ancora il cardinale, si tratta di un problema nazionale. Senza autorizzazione, gli organizzatori non procederanno nell’iniziativa.

Delusi saranno i camerunesi, soprattutto gli anglofoni che si sentono vittime di una guerra che arriva al terzo anno con villaggi bruciati, rapimenti, e bambini che non vanno a scuola. Alcune persone sono venute dalla Germania, dagli Stati Uniti e restano una settimana in attesa di ripartire. Altri sono venuti dal Nord Est e dal Sud est del Camerun. Anche alcuni separatisti attendono di parteciparvi, mentre da varie parti e personalità del Camerun giungono approvazioni e aiuti per la realizzazione del progetto. Il cardinale ha ricevuto la visita di numerosi responsabili e capi tradizionali e persino alcuni ministri. «II corpo diplomatico è con noi e pronto ad aiutarci», dice il cardinale.

Conferenza generale degli anglofoni del Camerun

Il vescovo emerito di Douala, il cardinale Christian Tumi, assieme al Reverendo Babila Georges Fochang della chiesa presbiteriana (Epc) e l’Imam Tukur Mohammed Boubakar, a nome del collegio dei leader religiosi, sta preparando la Conferenza generale anglofona (Agc) per il 21 e il 22 novembre prossimo. Tumi è anche in contatto coi separatisti della diaspora per farli partecipare agli incontri.

Nella conferenza stampa del 14 novembre, il cardinale ha detto che la conferenza avrà lo scopo di capire le cause della tesa situazione sociopolitica in cui stanno vivendo le regioni anglofone del Camerun ormai da alcuni anni, di procedere oltre la crisi per estirpare le cause profonde della marginalizzazione degli anglofoni e di pensare a eventuali soluzioni durevoli. La crisi ora tocca sicuramente due delle regioni anglofone, ma bisognerebbe capire i problemi di tutta la nazione perché non è solo il problema che oppone due comunità linguistiche, le francofone e le anglofone. Per questo, dopo la conferenza che si terrà a Buea, si vorrà arrivare anche a Yaoundé e presentare al presidente della Repubblica quanto uscirà dai lavori perché questo servirà di base di lavoro in vista di un dialogo allargato e “inclusivo”. Per sostenere le spese di questo avvenimento importante, senza l’aiuto del sindaco di Buea che fa di tutto per impedire l’avvenimento, il cardinale assicura la stampa che non è una difficoltà, anche perché non esclude un “aiuto di accompagnamento” del governo della Repubblica.

 

Sto facendo la valigia

Qualcuno ha detto che il missionario è l’uomo che non disfa mai la valigia. Giovedì prossimo, 15 novembre, partirò per il Camerun dove passerò due mesi, uno di insegnamento nel nostro seminario di Yaoundé e uno di incontri con sacerdoti e catechisti africani. È vero che ci sono pericoli in certe zone del Camerun, ma in ambito missionario i pericoli ci sono sempre e dappertutto, soprattutto quando in un modo o nell’altro si deve accostare la realtà viva e profonda di sofferenza e di ingiustizia in cui sta vivendo gran parte dell’umanità. Quello che è bello è quando puoi sentirti in grado di aiutare, amare, star vicino, incoraggiare e sentire anche di essere amato, non solo per quello che sei e che fai, ma per quello che rappresenti e che vuoi continuare a far vivere. Cristo chiede ai cristiani di continuare a mantenerlo vivo e attivo nella loro esistenza. Consacrandomi sacerdote, il santo Paolo VI, arcivescovo di Milano, mi disse che Gesù voleva mettere il suo cuore nel mio e il mio nel suo. Ora vivendo a Sotto il Monte, accanto a Papa Giovanni, mi lascio formare ancora alla sua bontà e alla sua apertura mondiale. Aveva detto: «Tutto il mondo è la mia famiglia. Questo senso di appartenenza universale deve dare tono e vivacità alla mia mente, al mio cuore, alle mie azioni. Questa visione, questo sentimento di universalità vivifi­cherà innanzi tutto la mia costante ed ininterrotta preghiera quoti­diana».

Ricordo a voi, miei amici, che ho sempre vissuto con voi la mia vita missionaria. Continuate ad accompagnarmi con la preghiera.

 

“Chiesa dalle genti”, radunati dalla speranza

Concludendo e sintetizzando i lavori del Sinodo minore “Chiesa dalle genti”, l’arcivescovo di Milano, Mario Delpini,  ha detto:  «Siamo il popolo radunato dalla speranza, convinto dalla fede nelle promesse di Dio, animato dal dono dello Spirito Santo… popolo della comunione al futuro… (…)  popolo in cammino… Chiesa sempre più multietnica, in una società sempre più multietnica che cerca vie nuove per annunciare e vivere il Vangelo ed essere sempre più autenticamente ambrosiana… e cattolica… e universale». Le preghiere e i canti in italiano e in latino. Ma anche in inglese, in francese, in spagnolo, in tigrino, in romeno, in ucraino.   Che cos’è che unisce i molti? Quale via perché le genti si raccolgano nell’unica Chiesa per diventare un cuore solo e un’anima sola? «La comunione al futuro si racconta come un cammino. Non si tratta di attuare una normativa, né di dare vita a nuove strutture e istituzioni, ma alzare lo sguardo sulla Sposa dell’Agnello per appassionarsi dell’audacia di un cammino che non si lascia intralciare dalla paure del nuovo, dalla paura dell’altro, da ciò che mette in discussione le abitudini consolidate e anacronistiche.  Siamo il popolo radunato dalla speranza, della comunione al futuro che si fa incontro… a tutti.

Quattro le sfide  da affrontare :

Sfida pastorale: riconoscere come parte integrante della Chiesa Ambrosiana i cattolici di altri Paesi, riti, lingue, culture;

Sfida spirituale  e la chance ecumenica con cristiani di altre Chiese e confessioni, soprattutto ortodossi;

Sfida identitaria e opportunità per lo sviluppo del dialogo interreligioso, per la presenza numerosa di fedeli musulmani;

Sfida per la presenza degli stranieri della fede… battezzati in terre ambrosiane… la cui fede pare inaridita.

Chiesa con vocazione profetica per realizzare integrazione e relazione positiva superando le difficoltà generate dagli intensi flussi migratori. Capace anche di apportare il proprio specifico contributo in termini di maturazione di una coscienza politica orientata al bene comune e al riconoscimento dell’appartenenza di tutti all’unica famiglia umana».