Sveglia missionaria

Don Silvano Perissinotto, direttore dell’ufficio missionario di Treviso, reduce da una visita ai missionari originari di Treviso in Perù e Brasile, scrive una lettera natalizia alle amiche e agli amici del mondo missionario.

Vorrei ripresentare ai miei amici alcune frasi di don Silvano perché riproducano anche in voi quello che hanno prodotto in me. Non è il solito invito a interessarsi alle missioni, ma un forte squillo a risvegliarci dal senso di sfiducia, mancanza di entusiasmo, volontà di agire. Certamente va rinnovato lo spirito missionario, ma quale? Crediamo o non crediamo che lo Spirito missionario, quello della Trinità, è ancora attivo? È la carta vincente della Chiesa! Per la vita, per la pace, per la gioia! Sottolineo l’importanza dei fidei donum, nuclei familiari compresi, sogno di don Franco Marton!

«In questo momento un ricordo e una preghiera del tutto speciali vanno a quanti di voi si trovano a vivere in Medio Oriente, in Nord Africa e in modo particolare nella martoriata Siria. Sì, aiutateci a non dimenticare gli “estremi confini della terra”, orizzonte di vita cristiana che noi, presi dalle tante cose da fare, dal calo sempre più preoccupante di sacerdoti e seminaristi, e dal lavoro importante della riorganizzazione delle nostre parrocchie e comunità cristiane, rischiamo di dimenticare.

Sì, noi abbiamo bisogno di questo scambio, altrimenti rischiamo di pensare che il mondo sia solo quello organizzato attorno ai nostri campanili, senza chiederci come vada il resto del pianeta.

Le periferie di Lima e di San Paolo! Come non pensare al linguaggio e alle frasi di Papa Francesco, quando ci aiuta e ci esorta ad essere Chiesa in uscita verso le periferie geografiche ed esistenziali del mondo?

La “periferia delle periferie” ci aiuta a mantenere lo sguardo aperto sul mondo e a leggere i problemi non solo a partire da noi; le emigrazioni spesso non sono il frutto di una scelta “libera” delle persone, ma della strategia economica delle multinazionali e dei governi conniventi che rubano la terra alla gente.

L’annuncio del Vangelo va fatto sempre da persona a persona, amando anche le estreme periferie che rischiano di essere abbandonate e dimenticate dal resto del mondo.

Speriamo che la Veglia Missionaria diventi sempre più il braccio accogliente di una chiesa che riconosce tutte le “partenze ad gentes” che avvengono nelle nostre comunità.

È stato interessante notare la presenza di molti nuclei familiari che hanno fatto o si preparano a fare un’esperienza in missione».

Uniti accanto al Bambino Gesù, “Allah ighbel”

Mi scrive Suor F. da Tamanrasset, città di confine tra Algeria e Niger, dove Charles De Foucauld fu ucciso 100 anni fa: «Durante il ramadan ero ospite ogni sera di famiglie amiche. Al momento della preghiera facevano la loro preghiera e io la mia. Poi dicevo: “Allah ighbel” (Dio accolga la tua preghiera) e loro mi rispondevano “Allah ighbel“! Mi sentivo nutrita di pane e della fede degli altri. Spesso telefono a un amico scout musulmano che mi aveva regalato il suo foulard e mi dice: “Ci siamo conosciuti grazie all’amore di Dio. Per questo l’amicizia dura. Non c’è altro tra noi”. Altre perle di vita nel mio quotidiano mi dicono che in ciascuno di noi, anche senza saperlo, vive una parte di colui che ci abita. Lo Spirito non è proprietà esclusiva di nessuna religione. Lavora tutte le culture. Incontro nel mio lavoro persone di razze e categorie diverse e spesso do loro la possibilità di incontrarsi, parlarsi, di essere vicine tra loro: medici e malati, operai e padroni… Ci sediamo tutti assieme per mangiare, migranti, arabi, touareg, ciadiani e io, straniera. Vedo gente che arriva dopo il duro passaggio nel deserto, gente sfruttata, disprezzata, rapita, obbligata ai peggiori lavori, scappata da Boko Haram, attaccata col coltello alla gola… Sopravvive. Ci chiediamo: “Perché questo?”. Negli incontri intensi esco sempre incoraggiata dalla loro forza di soffrire, aiutandosi, amandosi. Altra perla: Un prigioniero mi dice : “La guardia che ti lascia venire con noi, non ci fa mai sentire che siamo dei prigionieri”».

Cari amici, Buon Natale! Vedete che sono ancora unito agli algerini come quando, vivendo lontano, ero sempre unito a voi. A gennaio terminerò a Roma il mio tempo di “aggiornamento”. Sono ancora in attesa di “lavoro”. Uniti accanto al Bambino Gesù. “Allah ighbel!”.

Con le Missionarie dell’Immacolata, la gioia di annunciare il Vangelo

L’8 dicembre 2016, festa dell’Immacolata, padre Ferruccio Brambillasca, Superiore Generale del Pime, concelebra a Torre Gaia, con nove confratelli, la festa degli 80 anni di fondazione dell’Istituto delle Missionarie dell’Immacolata. Si festeggiano anche gli anniversari di vita religiosa delle Suore Ausilia Redaelli (60), Madre Rosilia (50), Fabiana Valenti (50) e Antonella Tovaglieri (25).

Momento di gioia, dice padre Ferruccio, celebrare con Maria quanto ha fatto il Signore nella Congregazione e attraverso la vita missionaria di tante Sorelle in molte parti del mondo. La presenza del Superiore Generale, accompagnato da un buon numero di missionari del Pime, è un segno di una fratellanza vissuta con la stessa passione missionaria e di un cammino che si desidera continui come aiuto, scambio, collaborazione e comunione.

Padre Ferruccio ha ricordato lo spirito dei fondatori della Congregazione e ha espresso anche con emozione l’“esperienza” che sta vivendo di un Istituto che ha bisogno di mantenere forte la disponibilità a partire degli inizi e a vivere la missione ovunque sia necessario, mantenendo tale disponibilità ancora gioiosa dello spirito evangelico.

In questo era unito allo stesso pensiero della Superiora Generale Madre Rosilia, espresso in una intervista a “Mondo e Missione”.

La festa è stata allietata dalla consegna di doni alle quattro giubilanti, da canti e danze meravigliose. Il tutto condito anche col gusto di cibi e bevande prelibati e con la gioia di ritrovare e stare ancora un po’ insieme con persone che hanno condiviso la vita missionaria.

Bello il canto finale…

Apri come il Pellicano le tue ali all’infinito

Come in croce nell’abbraccio che si allarga sul creato.

Lascia come il Pellicano che il tuo cuore sia squarciato

Nella sua la tua ferita sia sorgente della vita.

L’attualità di Charles de Foucauld

In questo centenario della morte del Beato Charles de Foucauld, è aumentato l’interesse per questo “monaco missionario”. Il vescovo di Ghardaïa (Algeria), mons. Claude Rault, risponde così alla giornalista Anne-Bénédicte Hoffner che gli ha chiesto perché de Foucauld è ancora così attuale: «Per la sua libertà interiore e per il suo desiderio di andare verso l’altro. La sua libertà lo guidò in tutte le tappe della sua vita. Anzitutto nel tempo della ricerca nei suoi viaggi in Marocco poi, dopo la sua conversione, quando cercò di farsi monaco trappista e quando fece un lungo soggiorno a Nazareth e a Gerusalemme. Questo momento lo possiamo considerare la “traversata del deserto”. Finalmente, poi, quando si stabilizzò veramente nel deserto in Algeria a Beni Abbes e a Tamanrasset, e là vi trovò la sua via. Le sue lettere lasciano trasparire il suo grande senso di discernimento, di dialogo continuo con se stesso e col Vangelo. Chiedeva consiglio, ma in realtà sapeva che doveva sempre decidere verso mete le più lontane ogni volta che si sentiva chiamato a prendere il largo».

Le sue lettere mostrano anche situazioni profonde molto diverse: aspirazioni insoddisfatte, fino a Nazareth, e gioia e tranquillità quando si fa “monaco missionario” in Algeria”.

Ma chi è il vero Charles de Foucauld?  A volte è una persona “inquadrata” e a volte liberissimo, per poi addolcirsi con il passare degli anni e degli avvenimenti.

Amo molto questo passo di una sua lettera quando racconta che se non ha il tempo di pregare l’Ufficio, prega col Rosario e se non ha il tempo di pregare col Rosario, pensa al buon Dio… Questo Gesù di Nazareth è diventato la sua colonna vertebrale. Certamente non ha preso il controllo totale della sua vita. Per esempio, in alcune circostanze, circa  il suo rapporto con la violenza armata, come si vede in alcune sue lettere durante la guerra 1914-1918. Ne è stato forse vittima? Ma in quello che Charles non ha compiuto nella sua opera, per noi oggi c’è una bella sfida.

Dal 1907 fino alla sua morte, arrivava a lavorare spesso undici ore al giorno sul suo dizionario della lingua touareg! Si era attaccato con energia fantastica all’umanità del luogo dove viveva, a quelle famiglie che si erano sedentarizzate a Tamanrasset. Questa parte della sua vita resta attuale: siamo noi capaci di amare e di capire il nostro mondo in mezzo al quale viviamo?

Charles de Foucauld aveva capito presto che non poteva, che non doveva proclamare il Vangelo sui tetti, ma piuttosto vivere quello che chiamava “l’apostolato della bontà”, facendolo sprizzare con tutta la sua vita. Noi oggi ci situiamo nello stesso spirito: nella nostra diocesi del Sahara algerino, contiamo 65 membri permanenti di 18 nazionalità e un centinaio di fedeli in mezzo a 4 milioni di musulmani. O noi scuotiamo la polvere dai nostri sandali, oppure vi restiamo per fedeltà a Cristo che ama ogni persona. Crediamo che Cristo abbia qualcosa da dire a questo mondo attraverso la nostra vita, con la sorpresa di vedere che attraverso questi musulmani è ancora lui che viene ad incontrarci.

Cari amici, sentendomi ormai fuori dell’Algeria e lontano dai miei amici musulmani, vi chiedo di starmi vicino con la preghiera offrendo il mio oggi quotidiano. Vi assicuro che prego per voi perché cresca anche in voi l’attenzione e la bontà verso gli stranieri a voi vicini.