Compagno indivisibile

«Ecco il compagno indivisibile delle tue fatiche apostoliche, il tuo sostegno nei pericoli e nelle difficoltà; il tuo conforto nella vita e nella morte». Così disse padre Ferruccio Brambillasca, nuovo superiore generale, domenica 15 settembre, a Milano, dando il crocifisso a 11 missionari del Pime: tre sacerdoti, un fratello, due suore, una della comunità missionarie laiche, quattro dell’associazione laici. Preti, suore, laici, un’ unica famiglia missionaria. Un unico compagno, il crocifisso. Unico programma, annunciare il Vangelo. Unica gioia, vivere e portare la Bella Notizia. Unico amore, quello messo nel cuore da Gesù.
Dal 17 al 19 settembre, ho vissuto tre giorni nel nostro seminario di Monza dove si preparano alla vita missionaria una cinquantina di giovani di 12 nazionalità. Sanno che, ordinati sacerdoti, saranno mandati alle Genti, ad Gentes. In un Paese diverso da quello di origine, ad Extra. Missionari per tutta la vita, ad Vitam. E vivranno il loro apostolato insieme ad altri confratelli, Cor Unum.
Gli stranieri provengono dai Paesi in cui hanno lavorato i nostri missionari. Sono i vescovi stessi di quei Paesi che, cresciuti e formati dai missionari, ora sono contenti di affidarceli perché li formiamo e perché un giorno essi stessi possano mandarli ad annunciare il Vangelo.
L’internazionalità del Pime è una testimonianza della missione iniziata da Gesù e che continua in tutti i Paesi e con qualche novità. Nell’intervista a Civiltà cattolica, Papa Francesco ha detto: «Le Chiese giovani sviluppano una sintesi di fede, cultura e vita in divenire, e dunque diversa da quella sviluppata dalle Chiese più antiche. Per me, il rapporto tra le Chiese di più antica istituzione e quelle più recenti è simile al rapporto tra giovani e anziani in una società: costruiscono il futuro, ma gli uni con la loro forza e gli altri con la loro saggezza. Si corrono sempre dei rischi, ovviamente; le Chiese più giovani rischiano di sentirsi autosufficienti, quelle più antiche rischiano di voler imporre alle più giovani i loro modelli culturali. Ma il futuro si costruisce insieme».
Tra quei giovani ce ne sono due che ho aiutato in Camerun a fare i primi passi. Altri tre sono già in terra di missione. Non vi nascondo la gioia di vedere i seminaristi di Monza, belli, sorridenti, cordiali e i loro superiori uniti e ben determinati a trasmettere lo spirito di un Istituto che ha dato tanti santi e martiri alla Chiesa e al mondo. Mi cresce la voglia di accompagnarli nella preghiera e vi invito ad avere la grazia di fare altrettanto.
Domani 25 settembre, tornerò in Algeria. Aprendo la porta di casa, cercherò la lucetta nel luogo di preghiera. Mi dirà che Lui è lì e che mi aspetta, compagno indivisibile.

 

Uniti in preghiera per la pace in Siria

Sabato prossimo, 7 settembre, preghiera e digiuno per la pace. Papa Francesco ci unisce tutti. In quel giorno mi sono proposto di rileggere gli indirizzi degli amici a cui spedisco le mie cartoline e immaginare di rivedervi e di sentire che siamo veramente tutti uniti e vicini. Sarà bello! Nessuno mancherà. Ripropongo quanto ha detto papa Francesco: «Rivolgo un forte Appello per la pace, un Appello che nasce dall’intimo di me stesso! Quanta sofferenza, quanta devastazione, quanto dolore ha portato e porta l’uso delle armi in quel martoriato Paese, specialmente tra la popolazione civile e inerme! Pensiamo: quanti bambini non potranno vedere la luce del futuro! Con particolare fermezza condanno l’uso delle armi chimiche! Vi dico che ho ancora fisse nella mente e nel cuore le terribili immagini dei giorni scorsi! C’è un giudizio di Dio e anche un giudizio della storia sulle nostre azioni a cui non si può sfuggire! Non è mai l’uso della violenza che porta alla pace. Guerra chiama guerra, violenza chiama violenza! Con tutta la mia forza, chiedo alle parti in conflitto di ascoltare la voce della propria coscienza, di non chiudersi nei propri interessi, ma di guardare all’altro come ad un fratello e di intraprendere con coraggio e con decisione la via dell’incontro e del negoziato, superando la cieca contrapposizione».
Cari amici… a risentirci vicini!