La primavera araba vista dai vescovi del Nordafrica

Dal 13 al 16 novembre i vescovi del Nordafrica hanno vissuto la loro assemblea annuale. La prossima sarà a Mazara del Vallo, in Sicilia per sottolineare il legame profondo tra ciò che succede su entrambe le sponde del Mediterraneo. Proprio per questo anche il vescovo di Mazara del Vallo, Domenico Mogavero – che con la sua diocesi da tempo intrattiene legami di profonda amicizia con le Chiese del Maghreb – ha partecipato già quest’anno ai lavori dell’assemblea. Vi trasmetto una parte della loro analisi come emerge dal loro comunicato.

Passaggi cruciali. «Sono tre le sfide essenziali che emergono in questi Paesi: sfida religiosa, politica e socio-economica». A parere dei vescovi maghrebini queste sfide richiedono “passaggi” essenziali che se intrapresi possono rappresentare delle “promesse di speranza” per tutta la regione. Il primo è «il passaggio dalla paura di manifestare la propria religione all’affermazione tranquilla delle proprie convinzioni di fede nel rispetto delle opinioni altrui e all’interno di un dibattito senza più tabù sull’importanza della promozione di tutte le libertà, compresa la libertà di coscienza».

Altra sfida cruciale per tutto il Nord Africa è «il passaggio da una vita sociale abitata dalla paura e dal rischio della libertà all’impegno affinché tutta la nazione possa vivere nella democrazia e nel rispetto della dignità della persona». Altro punto sottolineato è «la presa di parola e responsabilità delle donne che chiedono di essere più rispettate nella loro dignità e nei loro diritti». Infine, i vescovi danno voce al «grido dei giovani che esigono per sé formazione di buon livello e finalizzata ad un reale avvenire professionale».
Responsabilità, speranze, difficoltà. I membri delle Chiese che vivono nei Paesi del Nordafrica generalmente non sono attori diretti di questi passaggi, ma vogliono essere testimoni di speranza. Le comunità cristiane vogliono, cioè, dare il loro contributo per «la promozione dei valori nei quali essi si riconoscono pienamente». «Sentono la responsabilità d’incoraggiare quella volontà di libertà, cittadinanza e apertura che si è espressa chiaramente nella primavera araba: cercano di farlo accompagnando nel discernimento e dando testimonianza della loro speranza anche in mezzo alle reali difficoltà che incontrano». A questo proposito i vescovi hanno espresso la loro solidarietà alla Chiesa d’Algeria, «condividendo la sofferenza dei vescovi di fronte al non rilascio e talvolta al rifiuto dei visti ai preti e ai religiosi, qualsiasi sia la loro nazionalità. Essi – si legge nel comunicato – lo ritengono come un grave attentato alla vita delle Chiese e ci provoca maggiore sofferenza quando questi provvedimenti riguardano persone che senza alcuno spirito di proselitismo, rendono un reale servizio a quei Paesi e intrattengono relazioni molto cordiali con tutti». Da qui la gratitudine dei vescovi per tutti i sacerdoti, i religiosi e le religiose che vivono nei loro Paesi: «Essi ammirano il loro lavoro e rendono grazia per la qualità del loro impegno».

La preghiera ad Hassi Messaud

Dopo la partenza di don Emmanuele, fidei donum di Novara, i Padri Bianchi da Ouargla e io da Touggourt, ogni settimana cerchiamo di assicurare la celebrazione eucaristica in quella chiesa e in quella città, la città del petrolio, dove don Emmanuele ha speso tante energie e tanta passione di buon pastore.

Entrando nella chiesetta della Nostra Signora della Sabbia, mi sono commosso pensando a quanti, algerini compresi, hanno dato lavoro, mezzi e competenza perché ad Hassi Messaud, accanto alla preghiera musulmana, ci sia anche la preghiera dei cristiani. Ed entrando nella casa accanto, ho pensato alle Missionarie dell’Immacolata che attendono il visto per l’Algeria da oltre due anni, per assicurare anche la loro presenza di preghiera, di accoglienza e di servizio.

Celebrando la messa con i tecnici delle società petrolifere  ho ringraziato il Signore per questa “chiesa-presenza”, frutto di fede e di tanto amore.

Accanto all’altare ho trovato una preghiera, lasciata da un cristiano sopra un ricamo con la scritta PGR (per grazia ricevuta). Ve la scrivo perché anche voi preghiate per quanti si adoperano affinché si possa usare ancora della ricchezza della natura, del petrolio e del gas, nascosti sotto la sabbia.

Oh, Nostra Signora della Sabbia, a te ci rivolgiamo noi uomini resi aridi nei sentimenti, dalla lontananza dai nostri cari.

A te ci rivolgiamo, noi uomini resi duri dal pesante lavoro del deserto.

Stendi su di noi e sulle nostre famiglie il tuo manto benedicente.

Proteggici ed aiutaci a perseverare nella nostra fede.

Oh, tu Signora della Sabbia, volgi il tuo sguardo amorevole sugli ammalati, infondi loro la speranza della guarigione, consolali nella loro malattia.

Oh, Nostra Signora della Sabbia, a te ci rivolgiamo,noi poveri peccatori, a te rimettiamo le nostre mancanze. Perdonaci, consolaci, aiutaci ad affrontare le avversità della vita.

Infine, Madre Santa, poni ai piedi di Gesù, tuo Figlio e nostro Signore, le nostre pene, le nostre miserie e le nostre speranze. Amen!

E preghiamo anche perché un altro “don Emmanuele” possa venire a pregare stabilmente nella chiesetta di Nostra Signora della Sabbia nella città del petrolio.

 

Il Papa in Africa

Ogni volta che il Papa viene in Africa, cerco di seguirlo coi mezzi che ho, per vivere con lui la vitalità di un momento che fa esultare e scuotere, perché mette in evidenza la verità di questo continente. Da una parte, la realtà dei doni coi quali il Creatore ha benedetto l’Africa, come il senso innato di Dio, la gioia di vivere, l’apertura alla vita, il valore della famiglia, il senso della festa, ecc.  Dall’altra, il bisogno di liberarsi dalla paura degli spiriti cattivi, dalle pratiche della magia e della stregoneria che causano tanti effetti negativi nella vita familiare e sociale.                                      

La presenza del Papa è rinnovare quello che il Cristianesimo porta all’Africa, cioè la grande novità di Gesù che offre la vera libertà dalle forze che la paralizzano. Gesù continua a dire quello che disse un giorno al cieco di Gerico: «Coraggio! Alzati!».                                                                        

Riconciliati con Dio e con gli altri, i cristiani sono chiamati sempre di più a diventare artigiani di pace e agenti di giustizia, luce del mondo e sale della terra africana.                                                

Di grande importanza è la domanda-grido ai responsabili dell’Africa e del mondo: «Non private di speranza i vostri popoli! Non amputateli del loro avvenire, distruggendo il loro presente!».

Il Papa ha accolto e baciato il bambino trovato in foresta da una suora di Madre Teresa.

Si era perso? Abbandonato agli spiriti? Immagine dell’Africa, amata, sulle braccia del mondo?

Bella l’immagine della mano  descritta dal Papa:

Cinque dita, diversi, essenziali, uniti a formare una mano.

L’intesa tra culture, considerazione e rispetto dei diritti di ognuno.

L’odio è un fallimento, l’indifferenza un vicolo cieco, il dialogo un’apertura.

Terreno con semi di speranza.

Bella la mano tesa.

Mano tesa per giungere ad amare.

Dio la vuole per offrire e ricevere.

Non per uccidere o far soffrire, ma per medicare e far vivere.

Strumento di dialogo… col cuore e l’intelligenza.

Per far fiorire la speranza…

Anche quando l’intelligenza balbetta e il cuore inciampa.