Se vuoi la pace, impara a perdonare

John Onaiyekan, nuovo cardinale nigeriano, ha ricevuto il Premio Pax Christi 2012. Si impegna alla promozione del dialogo e a una migliore comprensione tra le popolazioni di diverse tradizioni religiose che vivono nel continente africano. Nelle situazioni di conflitto e di disaccordo che provocano ferite e sofferenze dice che ha trovato anche buona volontà nella maggioranza dei casi.
Queste sono le sue convinzioni. «I miei parenti mi hanno insegnato a rispettare le convinzioni degli altri. La prima convinzione è la mia fede profonda in Dio, Creatore e Padre amante di tutta l’umanità di qualsiasi fede nazionalità e statuto sociale. Un Dio di pace che ha orrore della discordia e dell’odio, della disonestà e dell’oppressione. Il Padre di nostro Signore Gesù, principe della Pace. Ci da una promessa e una responsabilità: Beati gli artigiani della Pace».
La seconda si radica nello spirito del Concilio Vaticano II. Ma la sua esperienza inter-religiosa si è formata negli incontri coi musulmani coi quali vive in Nigeria. «La Chiesa mi ha posto a vivere la sfida di cercare e scoprire in ogni vero credente la Luce che illumina ogni persona che viene al mondo. Questo progetto mi ha appassionato e arricchito. Ciò che condividiamo con gli altri esseri umani è più importante dei nostri tratti specifici».
Onaiyekan afferma: «La grande maggioranza delle persone vuol vivere in pace. Persone semplici, normali. Su questa buona volontà si deve costruire e permettere alle persone che non parlano… di uscire dal silenzio, di gridare. E si deve lavorare per unire una folla di artigiani di Pace, e che si esprimano. Il tempo delle guerre di religione appartiene al passato. Liberiamo la religione dalla strumentalizzazione di altri interessi e impegniamoci alla riconciliazione. Se cristianesimo e islam vogliono vivere ciascuno la missione di diffondersi in tutto il mondo e di abbracciare tutta l’umanità, vivano questa missione in pace col vicino».
Alla fine il cardinale ha ripreso l’affermazione di Giovanni Paolo II: «Se vuoi la pace impara a perdonare, certo di essere nella direzione in cui lavora Dio stesso verso un regno di giustizia, di amore e di pace».

Quando ci si mette Maria

Non mi sembra vero. In questi sei anni di vita in Algeria ne ho visto di belle e di meno belle. Questa volta è bellissima. Che cosa? Chi? Quando le prime volte venivo ad Hassi Messaud per pregare insieme agli stranieri cristiani operai delle società petroliere nella chiesetta di Nostra Signore delle Sabbie, si incominciava a sperare nell’arrivo delle suore. Dli amici si davano da fare per preparare la loro abitazione accanto alla chiesetta. Per due anni don Emmanuele Cardani ha seguito i lavori e ormai vi può abitare anche un prete, quando si sposta da Ouargla o da Touggourt. Abbiamo vissuto anche momenti di dubbio perché non eravamo sicuri di riuscirci.
Giorni fa ho potuto abitarci per qualche giorno. E ora anche le missionarie dell’Immacolata sono già lì, coi documenti in regola: un’italiana, una brasiliana, un’indiana. Alla Messa, finalmente qualche bel canto… in varie lingue! E durante il giorno, quando entri nella cappella, vi trovi qualche sorella a pregare. Ripeto, non mi sembra vero!
Penso che Maria abbia fatto qualcosa… Come quando si è interessata della basilica di Algeri, Nostra Signora d’Africa, ora restaurata, rimessa a nuovo, splendente, anche con l’aiuto, l’affetto e la presenza continua degli algerini. Se ci si mette Lei! Come a Cana, quando ha anticipato l’ora di Gesù e la gioia del Vangelo… o quando fu presente davanti alla Croce. Lei sa come parlare a Gesù e a tutti noi.
Nei miei tanti anni di Camerun, ho visto le suore seguirci nella foresta del Sud e nella savana del Nord. Ora, anche nel deserto del Sahara. A volte ci hanno anche preceduto. Quante meraviglie hanno potuto compiere, quanto sono amate. Ora pregheranno insieme a tanti stranieri, che accoglieranno l’invito accanto alla Nostra Signora delle Sabbie, e li accompagneranno nella loro vita con gli amici algerini. Reciteranno insieme la preghiera composta da un miracolato italiano:
«Oh, Nostra Signora delle Sabbie, a te ci rivolgiamo, noi uomini resi aridi nei sentimenti, dalla lontananza dai nostri cari. A te ci rivolgiamo, noi uomini resi duri dal pesante lavoro del deserto.
Stendi su di noi e sulle nostre famiglie il tuo manto benedicente. Proteggici ed aiutaci a perseverare la nostra fede. Oh, tu Signora delle Sabbie, volgi il tuo sguardo amorevole sugli ammalati, infondi loro la speranza della guarigione, consolali nella loro malattia. Oh, Nostra Signora delle Sabbie, a te ci rivolgiamo, noi poveri peccatori, a te rimettiamo le nostre mancanze. Perdonaci, consolaci, aiutaci ad affrontare le avversità della vita. Infine, Madre Santa, poni ai piedi di Gesù, tuo Figlio e nostro Signore, le nostre pene, le nostre miserie e le nostre speranze. Amen!».
Grazie Maria. Sei anche nel deserto del Sahara. Accompagnaci!

L’esodo continua

La settimana scorsa ho vissuto due giorni a Ouargla con la piccola comunità cristiana: preti, suore di varie nazionalità e studenti e operai cristiani del Burundi e del Camerun. Riflettevamo sul libro dell’Esodo e ci chiedevamo come stavamo vivendo il nostro esodo in mezzo a gente di lingua, cultura e religione diversa. Sì, perché siamo tutti e sempre in esodo. Non solo i preti e le suore, ma anche gli studenti venuti con borse di studio o gli operai in cerca di lavoro. L’Algeria accoglie tanti studenti di tutto il mondo e operai che arrivano con i documenti in regola.
Interessanti le testimonianze che ci siamo scambiati.
Il cammino fatto dagli Israeliti dall’Egitto alla Terra Promessa, le difficoltà superate, l’accompagnamento di Dio e il dono delle leggi dell’Alleanza sono elementi ancora attuali. Anche oggi il sogno di tutti è la libertà che si può trovare e vivere solo con l’aiuto di Dio, quando si è fedeli al suo amore.
Gli studenti e gli operai hanno raccontato il disorientamento iniziale nel trovarsi in un Paese diverso, presto superato grazie all’accoglienza degli algerini. «Pensavo di trovare dei nemici – ha detto uno di loro -, invece ho trovato dei musulmani a me vicini e attenti alla mia persona, interessati a conoscere la mia cultura, e favorevoli al dialogo e all’amicizia».
Un altro: «Ora scopro che Dio mi ha condotto in Algeria per rendermi conto delle ricchezze religiose e culturali di questo Paese. Capisco che Dio vuole che i popoli si conoscano e creino delle relazioni di collaborazione. La mia vita in questo “esodo” si sta aprendo. Avevo paura all’inizio, ora mi sento rassicurato…!».
Quando un giorno queste persone, tornate al loro Paese con diplomi importanti e forti esperienze, assumeranno delle responsabilità, potranno sperabilmente essere operai di pace e di fraternità.
Ieri, celebrando la messa ad Hassi Messaud, città petrolifera, ho vissuto la stessa esperienza con tecnici di varie nazionalità. Dio ci sposta da un Paese all’altro, da una cultura ad un’altra, dalla nostra famiglia a gente sempre nuova. E scopriamo che in tutto e in tutti c’è sempre Lui che accompagna e che ci fa incontrare perché vuole un mondo unito.
È meraviglioso pregare insieme e sentirsi fratelli!
Uno di loro aveva appena salutato la mamma defunta e aveva raggiunto il suo posto di lavoro, lì in pieno deserto. Anche in quel luogo sentiva l’affetto e l’accompagnamento degli amici, di Dio e della Nostra Signora delle Sabbie.