“Malati” di Gesù

Faouzi Skali, dottore in antropologia, etnologia e scienze delle religioni, è impegnato nel dialogo tra le culture e lereligioni da molti anni. Membro del Gruppo dei Saggi, ha contribuito alla riflessione sul «Dialogo tra i popoli e le culture nello spazio euro-mediterraneo». Specialista riconosciuto del sufismo, mettendo a confronto Vangelo, Corano e testi mistici dell’islam, evidenzia il ruolo del maestro-Gesù, che usa «tutti i mezzi per risvegliare il discepolo e suscitare in lui una dimensione d’amore che inglobi tutto il creato», e traccia il ritratto di un Gesù che ci invita alla religione del cuore, oltre le barriere confessionali.
Eminenti maestri sufi come Ghazzâli, Rûmi o Ibn ‘Arabi hanno visto in Gesù il «Sigillo della santità», così come Maometto è il «Sigillo della profezia».
Attraverso gli insegnamenti dei maestri sufi, la figura di Gesù, nel suo rapporto con Maria, il Battista e gli Apostoli, assume tonalità e sfumature di grande coinvolgimento emotivo e spirituale.
La sua opera  si pone nel solco del dialogo interreligioso. Un esempio di vicinanza tra pensiero cristiano e pensiero musulmano. Ibn Arabi  mistico musulmano nato in Andalusia nel 1165 e morto a Damasco nel 1240, ha detto: «Colui del quale Gesù è la malattia, non guarirà mai!».
Leggendo le parole di Ibn Arabi, noi cristiani ci sentiamo vicini a questo saggio musulmano e ad altri che adottando la figura centrale di Gesù, trasformandola ma, nello stesso tempo, tenendola in grande considerazione. Sappiamo anche che nel Corano, Maometto non conosce in modo diretto il Vecchio e il Nuovo Testamento, ma eredita tradizioni apocrife. Per quanto concerne Gesù, questi sembra “il maestro” di una tradizione nascosta che vive dentro l’islam.

Come vivere a Nazareth

Mentre prendo il caffè presso le Piccole Sorelle, dopo la messa, suona il campanello: è l’ammalata che viene a prendere le gocce che una Piccola Sorella le misura ogni mattina da anni. “Oggi suo figlio l’ha picchiata perché voleva dei soldi”, dice la Piccola Sorella rientrata dalla stanza attigua. Poi suona ancora il campanello: è l’uomo venuto a tagliare i grappoli dei datteri. Bisogna far presto prima che una pioggia li guasti. Poi è un susseguirsi di notizie della vita del quartiere. Lì, c’è un matrimonio. Là, una giovane donna è morta all’improvviso. In quella famiglia manca l’acqua. Ieri ho visto il piccolo di Samira. Ecc. ecc. ecc.

L’indomani alla messa ritrovo queste notizie trasformate in intercessione. Sì, perché esse sono le mamme e le sorelle e le figlie. Molti Touggourtini/e sono nati nelle loro mani e ora si sentono accompagnati.

E’ la vita di Gesù a Nazareth. Vedeva i bambini giocare, la vedova che piangeva l’unico figlio morto, la vecchietta che portava l’offerta alla sinagoga, l’uccellino che si nutriva sugli alberi, il frumento che cresceva in terra buona, l’uva promettente un vino buono.

E’ di questo che Gesù ha parlato nei suoi discorsi per far capire come è fatto il regno dei cieli. E’ Dio presente in  ogni avvenimento.

Dio ci vede nella vita di tutti i giorni che è la nostra Nazareth, compresi i segreti del cuore e ascolta ogni piccolo grido di gioia e di dolore. E noi siamo segni di lui.

Il dialogo è camminare insieme

Si può dialogare ognuno seduto sulla sua sedia, dirsi i propri valori e le proprie certezze e restare ognuno nelle proprie convinzioni. E’ già importante perché più si cresce nella conoscenza dell’altro e meglio si vivono il rispetto e la stima. Ma il dialogo va più in profondità. Giovanni Paolo II diceva : “Mi domando se non sia già urgente, soprattutto oggi, che cristiani e musulmani entrino in un periodo nuovo della storia, di riconoscere e sviluppare i legami spirituali che ci uniscono”. Il Papa parlava di ‘legami spirituali’. Infatti quando si toccano argomenti vitali, avviene un travaso di impressioni e di sentimenti che non lasciano insensibili la mente e il cuore. Quando una persona arriva a comunicare la sua gioia e le sue sofferenze, a volte fino a non trattenere espressioni forti e addirittura le lacrime, allora chi assiste vi si sente coinvolto.

Se si dialoga su argomenti come il dono di se all’Assoluto di Dio, la preghiera regolare, il digiuno, la condivisione, l’elemosina, la conversione del cuore, il ricordo continuo della Presenza, la fiducia nella Provvidenza, l’urgenza dell’ospitalità senza frontiere, il pellegrinaggio, compreso quello interiore, ecc, nascono nel cuore sorprese, emozioni e invito al confronto.

Incominciando un gruppo di dialogo e di preghiera insieme, cristiani e musulmani, col nome di Ribat (legame), qui in Algeria, i sufi alawi hanno voluto precisare: “Non vogliamo impegnarci con voi in una discussione dogmatica. Nel dogma e nella teologia ci sono molte barriere, prodotti dell’uomo. Noi desideriamo lasciare che Dio crei tra noi qualcosa di nuovo. Ciò avviene solo nella preghiera. E’ per questo che abbiamo voluto questo incontro di preghiera con voi”.

Il dialogo non è solo attività intellettuale, è esperienza di vita.

In preghiera, insieme, avviene un legame che fa sentire, pensare… e poi vivere un cammino insieme perché c’è sempre qualcosa da imparare e approfondire da qualsiasi persona e avvenimento. La conversione, il tendere verso il meglio, il più alto e il più vivo… è il cammino di tutta una vita. E… il più bello…, è lasciare che lo Spirito ci parli e crei il mondo nuovo.

La stola regalata

Ho saputo oggi che la stola regalatami per il mio 50° di Messa, le Piccole Sorelle l’avevano chiesta a un centro di artigianato che mantiene viva l’arte  tradizionale dei nomadi di queste regioni. Un tempo vi lavorava una Piccola Sorella e ora una donna di Touggourt continua a dare lavoro a tante donne della regione.  Al momento di pagare le donne hanno detto : “Non chiediamo niente. La stola è per la preghiera”.

Ora quando celebro porto su di me e dentro di me la fede la preghiera, il lavoro di tante povere donne che mantengono le loro famiglie con tanti sacrifici. Porto anche lo sforzo di una giovane, già notaio che vuole imparare il francese, della giovane che ormai parla italiano, dell’altra che … Donne meravigliose che mostrano un impegno migliore di alcuni maschietti che si scoraggiano in fretta.

Quando andate a messa portate anche voi all’altare tante donne Algerine che vogliono riuscire a formare un mondo aperto, onesto, fraterno.

Ma quello che mi commuove è il senso vivo di Dio, vissuto e rispettato. La stola è una cosa per Dio. La chiesa di Touggourt presso la quale abito è ora affidata a un’associazione, la “croce rossa” algerina. Durante i “tempi difficili” molte chiese sono state chiuse. Ma la gente non è contenta e quasi ci rimprovera di averla chiusa come luogo di preghiera. “No, quella è la casa di Dio e deve restare tale”. E quando la piccola croce era stata rimossa dalla cupola, la gente è stata contenta di rimetterla. Il saggio Abu Hayyan morto nel 1009 riporta questo detto su Gesù : “Gesù figlio di Maria ha detto – Sta nel mondo come un ospite e prenditi come casa il luogo della preghiera-“.

Non solo le cose ma anche le persone. Un amico, formato alla scuola dei Padri Bianchi, ha voluto che mantenessimo visibile una statua della Madonna che coprivamo per un certo rispetto a chi entrava da noi. “Quella è Lalla Myriam, la mamma di Isa (Gesù). Anche noi le vogliamo bene”. E poi un giorno parlando di noi, disse: “Voi siete preghiera, voi siete persone di Dio”.