Via Crucis con i migranti

Venerdì santo, ore 15, Via Crucis coi migranti ospiti a Sotto il Monte. Il gruppo degli anglofoni, cristiani  di varie espressioni, si sono uniti per ricordare Gesù in croce. Li incontro spesso e avevo loro suggerito l’idea. Han fatto tutto loro e i responsabili della Cooperativa Ruha li hanno sostenuti, così come permettono ai migranti musulmani di fare i loro incontri. Per me era commovente assistere alla loro preghiera e vivere col pensiero della Via Crucis.

Aiutare i migranti  a fare i loro incontri secondo la loro cultura ed espressione religiosa, vuol dire riconoscere l’apporto che le varie religioni, vissute nella loro autenticità, possono portare  all’intesa tra i popoli e allo sviluppo della vera pace. Papa Giovanni Paolo II disse che in ogni preghiera autentica lo Spirito Santo prega.

I diversi credenti non solo vanno accolti, ma devono anche essere aiutati, nel rispetto di tutti, a vivere  fedeli alla loro cultura e religione  e ad essere riconosciuti degni nel loro dovere e diritto di contribuire ad una migliore convivenza  mondiale. È umiliante pensare che mentre ci crediamo superiori in tante cose, abbiamo bisogno di fare attenzione agli esempi e agli aiuti che possono apportarci?

Come “dire” Gesù nel mondo “plurale” d’oggi

Il libro Solo con l’altro. Il Cristianesimo, un’identità in relazione” (Emi), scritto da Erio Castellucci, arcivescovo di Modena-Nonantola, presentato in Avvenire del 22 marzo 2018, tratta questo argomento: Come “dire” Gesù nel mondo “plurale” d’oggi?

Il testo indaga il dualismo dialogo/annuncio cristiano che ha spesso contrapposto pensatori e diviso anche i credenti. Anch’io sono stato oggetto e soggetto di interrogativi quando, dopo trenta anni di annuncio e evangelizzazione vissuta in Camerun, sono passato in Algeria e vissuto dieci anni, mentre anche alcuni membri dell’Istituto missionario Pime si chiedevano perché “sprecare” missionari nel deserto dell’Algeria dove non ci sono cristiani.

Il brano del libro presentato continua dicendo: «I cristiani non devono aver paura del plurale, sia perché Gesù stesso è stato compreso e annunciato fin dall’inizio in diversi modi, sia perché l’accoglienza della sua singolarità permette di discriminare il vero dal falso pluralismo e di apprezzare tutto ciò che di autentico vi è nella pluralità delle culture e delle religioni. (…) Da qui la necessità per la Chiesa di mettersi in ascolto delle istanze dei contemporanei… Una delle più grandi sfide della teologia è oggi  proprio quella relativa alla bellezza. Bonhoeffer precisa : “Per secoli l’annuncio si è innestato nell’insufficienza umana, nel “brutto” della sofferenza e della morte… È tempo, per la fede e la teologia di pensare a fondo l’annuncio del Vangelo come pienezza del bello».

Nella stessa pagina di Avvenire c’è un altro titolo: POP-THEOLOGY non solo canzonette. Il vescovo Staglianò e il teologo Lorizio sono a confronto sui semina Verbi presenti nei testi di musica leggera da De André a Gabbiano, nel genere fantasy e fantascientifico oltre che in tanti film come il recente trionfatore degli Oscar “La forma dell’acqua”. Staglianò conclude dicendo: «La Pop-theology è una sorta di aratura che smuove il campo del nostro cattolicesimo convenzionale e apre a una Chiesa in uscita. Valorizzando la grammatica dell’umano che si esprime nelle canzonette, possiamo rintracciare i semina Verbi laddove si trovano. Essa è terreno fecondo di scambio tra il Vangelo, la fede e le forme di espressione tipicamente umane, anche quando non dichiaratamente non cristiane». Argomenta Staglianò: «Da sempre sono convinto che la “canzone da niente” come la chiama Rahner, abbia un valore culturale specifico e una sua qualità letteraria chiara».

Ci raggiunge la cantante suor Cristina, sempre in Avvenire del 21 marzo 2018,  che dice: «Nel nuovo disco, la gioia di Dio». Nel video di “Felice”, lei balla coi ragazzi e si riempie di colori. E spiega: «Quando l’essere umano trova un equilibrio fra ciò che è terreno e ciò che è divino, è invaso da una gioia incredibile. La felicità è qualcosa di molto profondo, la certezza che dentro di te c’è qualcosa che ti tiene in equilibrio… Quando incontri Gesù hai bisogno di correre a raccontarlo agli altri. Poi il Signore usa le forme più disparate. Si è servito anche di una giovane suora vista in un talent. Gesù non era ordinario, era criticatissimo, il suo obiettivo era andare verso gli ultimi, verso coloro che non avevano ancora incontrato il suo sguardo. Desidero arrivare anche a chi Gesù non l’ha ancora incontrato, con testi che, in una maniera implicita, contengano comunque il suo messaggio. Sono canzoni d’amore che io dedico a Dio, ma qualcuno può dedicarla alla mamma, alla fidanzata, al marito».

Anche il Corriere della Sera di venerdì 23 marzo, scrive di suor Cristina che alla domanda: «Qual è la sua missione con la musica?», risponde: «Arrivare ai cuori delle persone, è stato grazie alla musica che il Signore mi ha chiamato a sé. E ora voglio ridare quello che ho preso: usare del potere della musica per poter comunicare. Nelle mie canzoni non parlo apertamente di Gesù, ma c’è sempre un messaggio implicito di amore, bellezza e speranza».

In Algeria non potevo portare la croce e non potevo fare proselitismo. Il mio pulpito era il marciapiede, dove bevevo il tè seduto con chi mi invitava. Insegnando in francese o in italiano, a casa, testi di buona educazione, di buon umanesimo. Accogliendo il cous cous delle mamme dei miei alunni, o la parte di carne che i vicini dedicavano ai poveri nella festa del montone. E dopo aver celebrato la Messa presso le Piccole Sorelle di Gesù, arrivando in piena piazza centrale, seduto a fianco del carrettiere sul carretto tirato dall’asino e salutato dai poliziotti come un generale.  Alla fine sono diventato amico di tutti e, quando sono partito, alcuni mi hanno salutato dicendo: «Arrivederci in Cielo!».

Partendo dall’Algeria, un professore col quale ho lavorato e dialogato tanto, ha voluto scrivere: «Quando trovi l’amore, non lasciarlo passare: sia la cosa più bella della tua vita. È ciò che ci insegna padre Silvano. Si è impegnato perché l’amore regni nella nostra regione, e sia un simbolo sacro e vivo per tutti gli abitanti di Touggourt. Ha acceso tante lampade di giovani e anziani. È stato paziente nelle difficoltà, ad insegnare il francese. Che Dio Onnipotente lo protegga e l’aiuti a portare un di più a questa regione. Che avrà sempre bisogno di lui».

 

 

 

Egitto: aperture del presidente Al-Sisi verso i cristiani

«Dal momento della sua elezione a presidente dell’Egitto – scrive il francescano Chéhab Bassilios – Al-Sisi ha portato avanti una precisa strategia di avvicinamento ai copti: ha avuto il coraggio di recarsi per gli auguri natalizi nella cattedrale, durante la messa di mezzanotte. In precedenza l’evento avveniva in maniera formale presso la sede del patriarca. È una scelta che assicura al presidente un posto nei cuori dei fedeli».

Per il religioso si tratta di una «inversione di rotta rispetto al regime precedente dei Fratelli musulmani, che consigliavano i loro adepti di non concedere nulla ai cristiani d’Egitto». Altro elemento che, scrive padre Chéhab Bassilios, «fa ben considerare il presidente da parte dei copti è l’atteggiamento verso le chiese che non godono ancora di autorizzazioni ufficiali. Negli anni scorsi, questi luoghi di culto venivano chiusi immediatamente. Quest’anno, l’organismo governativo preposto al culto ha annunciato che più di 2.500 luoghi di culto sparsi in 14 province verranno mantenuti aperti in attesa del loro riconoscimento in base ad una legge emanata nel 2016. L’autorizzazione attuale è basata su un’intesa tra la polizia di Stato e le autorità cristiane del Paese, cattoliche, ortodosse e protestanti. Secondo il quotidiano “al-yôm al-sâb” (Settimo giorno), il totale delle chiese chiuse negli anni scorsi per mancanza (vera o presunta) di autorizzazioni raggiunge la cifra di 3mila, 2mila appartenenti alla sola Chiesa copta. A ciò si aggiunga la costruzione dell’enorme cattedrale della Natività di Cristo, in quella che sarà la capitale amministrativa dell’Egitto, “dono dello Stato egiziano e del presidente al-Sisi” alla comunità cristiana del Paese». AgenSIR 18 marzo 2018

 

Il futuro delle parrocchie

Nel giornale L’Eco di Bergamo di venerdì 9 marzo, Sabrina Penteriani scrive l’articolo L’unità pastorale missionaria con 60 nazionalità. Vi leggiamo: La parola “accoglienza” nell’unità pastorale di Verdellino-Zingonia non è un’idea astratta ma una pratica quotidiana. (…) Gli italiani in generale e i cattolici sono in calo: i battesimi, dieci anni fa erano una quarantina all’anno in ognuna delle due parrocchie, nel 2017 sono stati 18 fra tutte e due. Nelle scuole il 60% dei bambini ha genitori di origine straniera. Sul territorio convivono 60 diverse nazionalità. Don Marco, parroco di Zingonia, dice: «La parrocchia è una comunità cresciuta con grande slancio missionario. Proprio per la presenza di gente di diverse provenienze, c’è uno spiccato senso di accoglienza e in generale una mentalità molto aperta. (…). Tra gli immigrati ci sono cattolici presenti e attivi nelle comunità. I nostri aiuto-sagristi vengono dal Togo e dall’India. A volte, nella comunità entrano anche “gli altri”, i non cattolici, anche solo per condividere qualche momento di gioco all’oratorio, le attività sportive, oppure i giorni di festa. Sul territorio si trovano luoghi di culto di altre religioni, come la moschea nelle Torri. La convivenza è pacifica, ci sono contatti rispettosi e amichevoli anche se non frequenti». (…)

«A Zingonia – racconta Paola infermiera e catechista – c’è un pot-pourri di persone, bisogna fare i conti con tanti modi di pensare e di vivere differenti. I gruppi di catechisti e volontari si sono amalgamati, hanno imparato a conoscersi, dialogare». «Abbiamo scelto una logica di inclusione – conclude don Marco -. È più faticoso, ma permette di arricchire i rapporti umani e fa crescere la comunità».

 

 

Ibn Battuta alla scoperta dei mille islam

Sul quotidiano “Avvenire” del 7 marzo 2018, Franco Cardini scrive l’articolo L’avventura di Ibn Battuta attraverso l’Oriente alla scoperta dei mille diversi islam. Avvicinandosi le vacanze, il giornalista consiglia di leggere il libro di Follath Al di là dei confini…( Ed. Einaudi) che ripercorre il viaggio di Ibd Battuta indugiando, soprattutto, sulle principali città da lui visitate : Tangeri,  Cairo, Damasco, Mecca, Shiraz, Dubai, Samarcanda, Dehli, Malé, Giacarta, Hangzou, Granada, come le vedeva un avventuriero maghrebino del Trecento che si muoveva nel mondo islamico “come un pesce nell’acqua” ma che talora ci si trovava spaesato e meravigliato; e come le vede oggi un giornalista tedesco in grado di apprezzare quel che di allora è rimasto, e di riflettere su quel che è scomparso e su quel che è mutato. Il giornalista non vuol perdersi in elogi del libro. Raccomanda solo due cose. Primo : leggerlo se si hanno ancora  dei pregiudizi sull’islam: si constaterà quali e quanti islam esistano al mondo, quanto sia sbagliato e ingiusto sentenziare che l’Islam è questo, che pensa quest’altro che vuole quest’altro ancora. Secondo: leggerne ogni sera qualche pagina e decidere anche alla luce dei suoi consigli e delle sue riflessioni la prossima meta di viaggio.