Come una grande famiglia

Quando la tivù mi porta anche nel Sahara dell’Algeria le immagini di personaggi col cognome di Clerici, Ramazzotti, Perego, Vismara, Parodi, e così via, mi si risvegliano ricordi di missionari del mio Istituto, conosciuti anche negli anni della formazione. Padre Gerolamo Clerici, mio professore di inglese, raccontava che in Birmania durante la guerra, i giapponesi gli versavano in gola acqua bollente perché non voleva svelare notizie. Perego, altro missionario della Birmania. Ramazzotti, fondatore del mio Istituto. Vismara, il Beato missionario dei bambini…
Quando nei giornali trovo il cognome di Pozzi, Bianchi, Banfi, Berlusconi, Brambilla, ecc. mi domando se questi discendenti di nobili e importanti famiglie conservano il ricordo di qualche loro antenato che dedicò la vita a testimoniare la gioia del Vangelo nelle terre lontane. Non so se questi discendenti mi leggeranno, ma mi piacerebbe sentire se è rimasto ancora in loro e nella loro famiglia qualche segno dello spirito missionario e come lo vivono. Non è un dubbio che esprimo, ma il desiderio di sentirmi unito a loro come lo ero e lo sono coi loro antenati, di sentirli uniti a me, nello stesso spirito che dà un grande senso alla vita.
E non so se Celentano sappia che un suo maestro di scuola elementare, il maestro Giuliano, leggeva i suoi temi ai suoi figli, tutti entusiasti dell’originalità e dell’allegria che suscitavano. Fin da piccolo, Celentano faceva parte della loro famiglia e aveva già numerosi fan.
Questo lo raccontava il figlio del maestro Giuliano, padre Fulvio, missionario in Brasile e pittore di icone meravigliose.
La grande famiglia del Pime continua e si allarga anche ai parenti e agli amici dei nostri missionari, interessati a leggere e a sentire nel cuore quanto succede nel mondo e come la gioia del Vangelo continua a essere la Vera Luce, anche per loro.

 

I giovani, amiamoli! Il resto verrà

Sono giunti da tante parti del mondo con una borsa di studio in un Paese musulmano e riempiono
le università dell’Algeria. Alcuni hanno trovato una Chiesa e dei fratelli di fede. Saranno i medici, gli ingegneri, i dirigenti dei loro Paesi.
Leggiamo le testimonianze di alcuni di loro, cristiani di differenti denominazioni. «Avevo paura… anche di perdere la fede. All’inizio ho avuto difficoltà di dialogo, ma poi ho accolto l’amicizia, restando sereni nelle nostre tradizioni e ci siamo capiti e arricchiti».
E poi la gioia di trovare un luogo di preghiera e di fraternità. «Qui in Algeria ho scoperto un’altra immagine della “Chiesa-Famiglia di Dio”. Questo mi ha dato coraggio e gioia per vivere in mezzo a un popolo con il quale ho tessuto amicizie che non mi attendevo».
E l’amore bello, puro, lasciato scritto all’amica algerina.
«Tu rappresenti per me il vero simbolo dell’amicizia,
la ciotola con l’acqua sempre fresca per la festa, anche nell’arsura dell’estate.
Tu resti la sola che ha sfidato pregiudizi
per aprirti pienamente a me, senza retro-pensieri.
La sola a capire i miei interessi.
I tuoi sentimenti sono per me certi, veri, provati.
So che mi ami d’un amore vergine, come un fratello, per sempre.
Ogni tua parola è penetrata e mi resterà per sempre.
Ti amo e lasciamelo dire
anche davanti alla persona
con cui costruirai il tuo avvenire,
e davanti alla persona
con cui fonderò il mio.
Perché, venuto da lontano, mi hai accolto senza pregiudizi».
Questa mattina ho celebrato l’Eucaristia con un bell’africano. Con lui, seminarista, avevo condiviso un cammino formativo. Ora è prete. Abbiamo pronunciato insieme la preghiera della Chiesa e le stesse parole di Gesù.
Papa Francesco non si stanca di consigliarci di amare e di far sentire l’amore di Gesù.
E i giovani ci credono.
Come mi ha scritto una ragazza italiana con gli auguri di buon anno: «Questi giorni sono stati anche per me densi di incontri con vecchi amici, ma soprattutto occasione per stare un po’ di più in famiglia. A volte diamo per scontate troppe cose e la fretta ci fa mancare il tempo per “ritrovarci”, per stare insieme».

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