Il Pime si rinnova e ha bisogno di essere unito in preghiera.
In questo momento sento forte il legame che mi unisce alla mia famiglia del Pime. All’interno, ci sono ricordi molto vivi, che in questi giorni riemergono.
Mamma Monica, chiese al figlio Agostino: «Ricordati di me, dovunque sei, dinanzi all’altare del Signore». (Confessioni 9, 11,27)
Si, vi porterò all’altare, padre Ferruccio Brambillasca e padre Davide Sciocco. Ieri avete detto sì al servizio nella direzione generale del Pime. Vi ringrazio e vi sento uniti all’altare, anche quando eravate studenti in seminario.
Vi porterò all’altare assieme a tanti altri “pimini”, che la Provvidenza aveva unito a me e che ormai sono dispersi in tutto il mondo.
Assieme a padre Ndouwe Adolphe, tupuri di Yagoua, missionario in Bangladesh.
A padre Ngidjoi Joseph di Yaoundé, missionario in Messico.
A Enoch Bouba di Ngaoundéré, presto sacerdote e già destinato in Brasile.
Assieme ad alcuni studenti camerunesi del Pime a Monza e a Yaoundé.
Vi porterò all’altare assieme ai 14 preti di Ebolowa, figli spirituali di padre Mario Bortoletto, fidei donum di Treviso, conosciuti anche da me in qualche incontro di formazione.
E anche assieme a te, Benoit Dinba, seminarista a Maroua, che mi scrivi regolarmente con le notizie dei due fratelli, uno prossimo prete e l’altro seminarista.
E assieme alle Missionarie dell’Immacolata originarie del Camerun.
Vorrei che il Signore ci mantenesse uniti all’altare, assieme ai tanti amici che ci amano.
Archivio mensile:Maggio 2013
Tamanrasset
È sorta nel 1905, quando le quaranta persone che vivevano sotto ripari di frasche videro arrivare un marabut bianco, Charles de Foucauld, innamorato di Cristo e dei Tuareg e che volle costruire la prima casa in duro, ora al centro di una città di 120 mila abitanti.
Per raggiungere Tamanrasset dal nord dell’Algeria e dal sud di diversi paesi, devi percorrere migliaia di chilometri di deserto, valicare montagne e salire a 1360 metri di altezza.
Anche oggi è luogo di passaggio dal Mali e dal Niger, dove vengono “scaricati” molti esseri umani, dopo essere stati spogliati di tutto e di ogni dignità.
Molti di loro continuano verso il Mediterraneo. Alcuni si fermano, accontentandosi di nutrirsi con un duro lavoro. Chi sosta un po’ durante il viaggio, ha la fortuna di sentire: «Va lì, troverai qualcuno che ti accoglie, potrai lavarti…». Poi trova una sorella, un fratello, poi sente che può pregare insieme ad altri come lui, ritrova il Gesù che aveva lasciato. La prima Messa è un continuo piangere di tristezza e di gioia. C’è anche chi chiede il cammino del battesimo, e chi si rifà il cuore.
Vi è anche un prete che va a cercare nei nascondigli la “pecorella perduta”.
Il miracolo è quando, dopo aver ritrovato Gesù, si rimette in viaggio, ritorna a casa a dire alla sua gente che non vale la pena di sognare un paradiso sulla terra, ma con Gesù si può migliorare il proprio. Sì, c’è anche il ritorno. E c’è pure il cristiano, che si ferma ad aiutare quelli che incontra nei tuguri e nel lavoro inumano, il febbricitante di malaria, l’abbandonato in un ospedale o che organizza la sepoltura del transfuga ignoto.
Ho chiesto a una suora, seduta davanti al tabernacolo: «Ti vedo ferma a pregare. Che cosa dici?». Mi risponde: «Lo guardo, mi lascio guardare. Gli porto chi incontro, me ne porta altri».
Tamanrasset è anche luogo dei commercianti del sud che si organizzano secondo la loro cultura e religione. Luogo degli operai cristiani copti che hanno chiesto di radunarsi e pregare nella casa-cappella di Charles de Foucauld.
Sarebbe anche luogo turistico meraviglioso per la natura straordinaria e per i segni lasciati impressi da umani nell’antichità, nonché luogo di pellegrinaggio sulle orme di de Foucauld. Ma alcune situazioni difficili hanno reso la zona poco sicura.