Uno dei momenti forti del Giubileo potrebbe essere quando il Papa affermerà la natura dei cristiani di essere testimoni della misericordia di Dio verso coloro che aderiscono a religioni e culture diverse. Ma anche quando chiederà di concretizzare momenti di perdono da parte di Dio e da parte dei cristiani per i cattivi comportamenti dei cristiani del passato e del presente.
So di toccare una questione delicata e complessa.
Possiamo ricordare che qualcosa del genere è già avvenuto quando Paolo VI nel discorso di apertura della seconda sessione del Concilio, «domanda perdono a Dio […] e ai fratelli separati d’Oriente che si sentissero offesi “da noi” (Chiesa cattolica), e si dichiara pronto, da parte sua, a perdonare le offese ricevute».
E la domanda di perdono di Giovanni Paolo II del 12 marzo 2000: «Perdoniamo e chiediamo perdono….. Chiediamo perdono per le divisioni che sono intervenute tra i cristiani, per l’uso della violenza che alcuni di essi hanno fatto nel servizio alla verità, e per gli atteggiamenti di diffidenza e di ostilità assunti talora nei confronti dei seguaci di altre religioni».
Recentemente, anche Papa Francesco ha rivolto una domanda di perdono alla Chiesa valdese: «Da parte della Chiesa Cattolica, vi chiedo perdono per gli atteggiamenti e i comportamenti non cristiani, persino non umani, che nella storia abbiamo avuto contro di voi. In nome di Gesù Cristo perdonateci».
La domanda precisa di perdono ai musulmani è molto complessa e suscita un’infinità di altre domande e impegnerà concretamente il dialogo tra le persone e le comunità esistenti. Perdono a chi? Perdono per quale momento storico? Il Papa perdona… e noi? Perdono in un unico senso ? Sarebbe veramente capito il perdono?
Penso che si parlerà a lungo della questione, soprattutto perché il perdono sarebbe capito e sentito solo quando sarà reciproco. È un perdono in cui si tratta di riscoprire da parte di tutti non solo la ricchezza del cuore dell’uomo, ma soprattutto la natura stessa di Dio vivente nell’uomo.
Ancora per quanto riguarda l’islam, mi sembra che non è il perdono che viene espresso e chiesto nei dialoghi coi musulmani, ma è segnalata la constatazione della gioia di sentirsi credenti allo stesso livello e la gioia di condividere momenti di preghiera insieme e poi continuare in una convivenza piena di aiuti e servizi reciproci. Prima del perdono è il riconoscimento reciproco che deve realizzarsi.
Anche nell’incontro di Papa Francesco coi valdesi è avvenuto che il perdono sia stato accettato e riconosciuto, ma poi è uscita la richiesta che quella dei valdesi sia riconosciuta Chiesa e non comunità ecclesiale. L’arcivescovo Bruno Forte al Sinodo valdese ha risposto che il Papa a Torino li ha salutati con le parole di Ts 1,1: «Paolo e Silvano e Timòteo alla Chiesa dei Tessalonicesi che è in Dio Padre e nel Signore Gesù Cristo: a voi, grazia e pace».
Essere di Dio e del Signore Gesù Cristo è la condizione più alta di cui un cristiano possa essere grato al Signore.
Riconoscere… è quello che aveva già incominciato il Concilio nel documento Nostra Aetate: «La Chiesa guarda anche con stima i musulmani che adorano l’unico Dio, vivente e sussistente, misericordioso e onnipotente, creatore del cielo e della terra, che ha parlato agli uomini. Essi cercano di sottomettersi con tutto il cuore ai decreti di Dio anche nascosti, come vi si è sottomesso anche Abramo, a cui la fede islamica volentieri si riferisce. Benché essi non riconoscano Gesù come Dio, lo venerano tuttavia come profeta; onorano la sua madre vergine, Maria, e talvolta pure la invocano con devozione. Inoltre attendono il giorno del giudizio, quando Dio retribuirà tutti gli uomini risuscitati. Così pure hanno in stima la vita morale e rendono culto a Dio, soprattutto con la preghiera, le elemosine e il digiuno».
È questa riconoscenza reciproca che va portata avanti.
Padre Christian De Chergé, priore del monastero di Notre-Dame d’Atlas, superiore dei sette monaci uccisi nel 1996, ha scritto nel suo Testamento: «Se mi capitasse un giorno (e potrebbe essere anche oggi) di essere vittima del terrorismo… ecco che potrò, se piace a Dio, immergere il mio sguardo in quello del Padre, per contemplare con lui i suoi figli dell’islam come lui li vede, totalmente illuminati dalla gloria di Cristo, frutti della sua passione, investiti dal dono dello Spirito, la cui gioia segreta sarà sempre lo stabilire la comunione e il ristabilire la somiglianza, giocando con le differenze».
Nell’anno giubilare, musulmani e cristiani si lascino toccare dalla Misericordia di Dio per guardarsi come Dio vuole.
Il cardinale Philippe Barbarin scrive: «Vivere la Misericordia è una svolta importante di tutti i credenti. È passare il ponte che ci divide. È sentire il richiamo che viene dal sangue. È ritrovare l’immagine che Dio ha lasciato di lui in ciascuno di noi. Come Giacobbe, che volle incontrare ancora suo fratello Esaù. Si erano preparati come per uno scontro, Esaù arriva con 400 uomini, ma Giacobbe si inchina a terra sette volte. Esaù gli corre incontro, lo abbraccia, gli si getta al collo, lo bacia e tutt’e due piangono. Giacobbe gli dice: “Accetta i miei doni, vedendo la tua faccia è come se vedessi la faccia di Dio. Tu mi hai gradito”».
Archivio mensile:Settembre 2015
Come pregano i musulmani
Una signora mi chiede: «Come pregano i musulmani?». La domanda mi è piaciuta perché poche persone se lo domandano. Mostra un desiderio di penetrare nel pensiero musulmano e permette di uscire dal luogo comune che giudica la preghiera musulmana solo esteriore e ostentatoria.
Pensando a come rispondere, mi sono ricordato del primo regalo fattomi da un piccolo commerciante che assieme ai dadi e alle uova che avevo comprato, mi mise in mano un libricino con le spiegazioni e i disegni dei gesti della preghiera musulmana. L’ho letto con piacere, perché non ne sapevo niente. Infatti, anche la signora che mi ha fatto la domanda, si è sorpresa quando le ho detto che, oltre ai testi della preghiera, va capito anche il senso di alcuni gesti che l’accompagnano: gesti sulle orecchie, gli occhi, il viso, il corpo…
In Internet si possono trovare molti sussidi con le preghiere e la descrizione dei gesti. Leggendo questi testi, si deve però superare subito l’impressione di una meticolosità scrupolosa e il senso di obbligo esteriore. Meglio incontrare un buon musulmano che dice con semplicità come vive e come sente la sua preghiera. È preghiera anche corporea, perché lo spirito sia sentito dentro tutta la persona che prega. In tutte le forme di preghiera del mondo c’è una espressione esteriore e una disciplina con regole da rispettare.
Nello scritto di un musulmano, leggo: «La preghiera è il più importante atto d’adorazione dell’islam, è la colonna portante della religione, avvicina la creatura ad Allah (SwT) e purifica, tiene lontano dal peccato e dalla dissolutezza chi la compie. Bisogna quindi impegnarsi a non compierla frettolosamente e con disattenzione, ad essere concentrati e pensare solo ad Allah (SwT) durante la sua esecuzione».
Anche l’Islam ha avuto dei grandi mistici. Riporto la preghiera di Rabi’a al-Adawiyya, nata in Iraq nel secolo VIII. Secondo una tradizione, fu venduta schiava e resa poi alla libertà dal suo padrone, che un giorno la sorprese sprofondata nella preghiera e tutta avvolta di luce.
Ti amo di due amori: un amore di desiderio
e un amore perché tu sei degno di essere amato.
L’amore di desiderio è che nel ricordo di te
io mi distolga da chi è altro da te.
L’amore di cui tu sei degno
è che tu tolga i veli perché io ti veda.
Non lode a me né nell’uno né nell’altro,
ma lode a te in questo come in quell’ amore!
Papa Montini desiderava i cristiani uniti ai musulmani anche nella preghiera. E diceva: «Anche se abbiamo modi diversi di preghiera, è lì che viviamo in comunione con l’altro. Scopriamo che nella tradizione islamica la preghiera è lode, perdono, domanda, raccoglimento e altro, secondo gli avvenimenti della giornata. Alcuni scoprono la ricchezza spirituale dei musulmani nello scambio interiore e personale partendo dai diversi modi di meditare la Parola di Dio (Bibbia e Corano). In alcuni momenti nasce, nell’incontro, la gioia di pregare insieme. Momenti rari, ma pieni di speranza e di vita per ognuno».
Scoprire la bellezza della preghiera e la vita di alcune persone di altre religioni, può stimolarci a migliorare noi stessi nella preghiera e nella vita.