“Ospitalità divina” è il titolo del libro scritto da Fadi Daou, prete maronita, e Nayla Tabbara, musulmana sunnita, professoressa di scienze religiose e islamiche. Nella postfazione di Nayla leggo: «Il nome di Dio Al-Wasi, il Vasto, lo Spazioso, significa: Allah abbraccia ogni cosa, si estende a ogni cosa. È la Misericordia e la Conoscenza di Dio. Il teologo Ghazali afferma che ogni credente può rivestire e vivere le qualità dei 99 nomi divini e Al Wasi apre a una vita di conoscenza e di ogni valore etico. Si tratta allora di coltivare interiormente l’Ospitalità divina, cioè accogliere, fare spazio in sé anzitutto a Dio, e insieme anche agli “altri”. La lettera dei 138 Saggi musulmani, Una Parola Comune, scritta ai responsabili delle Chiese cristiane, ha rinnovato il legame dei due amori comuni a entrambe le religioni : amore di Dio e amore del prossimo. È vivere l’ospitalità divina, operare in sé una apertura di ospitalità verso gli “altri”. Questo allargamento fa sì che l’altro non sia estraneo, ma uno che abita e vive dentro ed è accolto con tutta la sua realtà, fa parte di chi lo accoglie. Jamal Rahman afferma: “L’armonia tra le religioni non è possibile senza un lavoro interno che crea spaziosità interiore, necessaria per abbracciare le differenze”. Questa accoglienza porta sacrificio e annuncio di fecondità come lo fu per Abramo. Sacrificio di uscire dal conforto del proprio cerchio con le proprie sicurezze, senza mettersi in confronto e opposizione con gli altri, e annuncio di un nuovo “sé” di se stesso. Nell’attuazione pratica non si pensa più solo ad allargare la propria cerchia, ma ad aprirsi verso gli altri. Abramo accolse i messaggeri e in seguito protesse il popolo di Loth senza paura».
Questo libro mi ricorda che un nomade di Taibet, villaggio qui vicino, accolse un viandante per una notte e lo tenne con sé 14 anni. E mi ricorda quanto mi disse un giorno il capostipite di una famiglia musulmana che aiutò Piccola Sorella Maddalena al suo arrivo a Touggourt e che si ritiene quasi un co-fondatore dell’attuale fraternità : «Abbiamo vissuto un’amicizia divina».
Ghazali affermava che ogni credente può rivestire e vivere le qualità dei 99 nomi divini,
San Fulgenzio diceva di Santo Stefano: «La carità fece scendere Gesù e innalzò Stefano fino al cielo. La stessa carità del Re è risplendente nel soldato».
Archivio mensile:Dicembre 2014
Cristianesimo e islam: porre fine alle divergenze
Eccovi una gioia natalizia per chi spera nel rispetto reciproco.
Un amico mi porta un articolo scritto da Idriss Jazairi, ambasciatore in pensione, et Jean Paul Vesco, attuale vescovo di Oran. È una pagina intera del giornale “El Watan” dell’8 dicembre 2014, contenente le riflessioni dei partecipanti all’incontro islamo-cristiano svoltosi in Vaticano dal 2 al 4 dicembre scorso. Vi hanno partecipato una delegazione cattolica, due delegazioni musulmane, sunnita e schiita e una delegazione anglicana. Alla base di tale incontro c’erano queste domande:
quali elementi delle nostre tradizioni religiose possono prevenire conflitti nelle nostre società nel rispetto dell’ “Altro”?; come possono le tradizioni religiose interagire coi governi e la società civile per togliere ostacoli e incomprensioni nei confronti dell’ “Altro”?; come sensibilizzare le società ricorrendo alle tradizioni religiose per una cultura di pace?
Ogni delegazione ha fatto proposte interessanti. Ne presento una: accompagnare i giovani a sviluppare il sentimento di benessere e di fraternità, facendo conoscere le migliori pratiche di educazione inter-religiosa e programmi di condivisione di esperienze a tutti i livelli.
Un punto forte è stato quello di non attribuire alla religione, qualunque sia, l’atto di violenza o di terrorismo.
Per quanto riguarda l’Algeria, si è ricordato che questo Paese è stato vittima almeno due volte della manipolazione della religione a suo danno: quando la religione cristiana è stata strumentalizzata nel quadro della conquista e sottomissione coloniale e quando durante il “decennio nero”, l’islam è stato manipolato per legittimare i crimini contro algerini innocenti.
L’impegno è quindi di dissociare le violenze coloniali o terroriste dalle tradizioni religiose autentiche. Se vi sono stati ricorsi alla violenza, questi non vanno attribuiti alle religioni cristiana o islamica.
Va ricordato l’esempio storico dell’emiro Abdelkader. Gli avevano chiesto: Come mai il 9 luglio 1860, rischiando la tua vita, hai salvato 12.000 cristiani di Damasco, mentre per 17 anni hai lottato contro i cristiani che avevano messo il Paese nel sangue? Rispose che aveva fatto guerra contro i francesi non perché erano cristiani ma perché avevano invaso il Paese.
L’articolo termina con l’invito a non strumentalizzare la religione per i propri interessi, ma piuttosto ad ascoltare quanto diceva l’emiro Abdelkader: Se i cristiani e i musulmani mi ascoltassero, metterei termine alle loro divergenze e diventerebbero fratelli all’esterno e all’interno».
E Gesù, verrà sotto scorta?
Dovendo talvolta accettare la scorta per motivi di sicurezza, vi dico che non è una situazione piacevole anche se capisco i motivi e riconosco il buon comportamento di chi mi accompagna. Figlio di un agente di custodia, ricordo che mio padre viveva sempre nella paura che qualcosa scoppiasse. Sta di fatto che la vita in molti Paesi come questo richiede misure di sicurezza e grande prudenza. Diverso è per me il momento di tranquillità, quando per strada qualcuno mi invita a salire sul suo carretto trainato da un asino. La polizia allora ferma il traffico e mi dà la precedenza, salutandomi come un generale. A parte la nota allegra, mi piace muovermi in piena libertà e salutare per strada amici e giovani che aiuto nello studio. Mentre quando viaggio tra due macchine della polizia, preferisco restare sconosciuto…In questi giorni di Avvento, in cui le tensioni nel Paese hanno reso di nuovo necessari controlli di sicurezza, mi sono chiesto : «E Gesù? Verrà sotto scorta? Nei nostri presepi lo troveremo scortato da un bue e da un asino. Sappiamo che pur di natura divina, si fece uomo come noi. Come lo accoglieremo? Nella sua semplicità? E saremo semplici per accogliere da lui la purezza di una vita semplice?».
Certo, se il mondo accogliesse Gesù così com’è, la vita sarebbe un’altra. Insieme preghiamo per quanti vivono in situazioni difficili e perché Gesù ci aiuti a rendere più semplice la nostra vita.
Unione Europea e Unione Mediterranea
Algeria, Tunisia, Marocco, Egitto, Libia, e… Italia, Spagna, Grecia. Tutti uniti attorno a un tavolo per definire i valori della pace da vivere e da rispettare. Forse a Ippona (Algeria) o a Cartagine (Tunisia). È solo un sogno?
Papa Francesco ha detto a Strasburgo: «La coscienza della propria identità è indispensabile nei rapporti con gli altri Paesi vicini, particolarmente con quelli che si affacciano sul Mediterraneo, molti dei quali soffrono a causa di conflitti interni e per la pressione del fondamentalismo religioso e del terrorismo internazionale». L’Europa può e deve quindi far nascere l’Unione Mediterranea.
Già nell’ottobre del 1958, Giorgio La Pira, all’apertura del Primo Colloquio Mediterraneo, aveva detto: «Ecco la vocazione e la missione che la Provvidenza ha assegnato nel passato, assegna nel presente e, in un certo senso, assegnerà nell’avvenire (se noi le restiamo fedeli) ai popoli e alle nazioni che vivono sulle rive di questo misterioso lago di Tiberiade allargato che è il Mediterraneo.
Questa vocazione o questa missione storica comune consiste nel fatto che i nostri popoli e le nostre nazioni sono portatori di una civiltà che, grazie alla incorruttibilità e alla universalità dei suoi componenti essenziali, costituisce un messaggio di verità, d’ordine e di bene, valido per tutti i tempi, per tutti i popoli e per tutte le nazioni».
E aveva elencato: «1. La componente religiosa della rivelazione divina. Il Tempio, la cattedrale e la moschea costituiscono precisamente l’asse attorno al quale si costruiscono i popoli, le nazioni e le civiltà che coprono l’intero spazio di Abramo. 2. La componente metafisica elaborata dai Greci e dagli Arabi. 3. La componente giuridica e politica elaborata dai romani».
Ancora La Pira: «Come rispondere fedelmente a questa suprema vocazione comune?
La risposta è evidente: la pace, l’amicizia, la solidarietà reciproche fra questi popoli e queste nazioni. La pace, l’amicizia e la solidarietà fra Israele e Ismaele; la pace, l’amicizia e la solidarietà fra i popoli prima colonizzati e quelli prima colonizzatori; la pace, l’amicizia e la solidarietà fra tutte le nazioni cristiane, arabe e la nazione di Israele.
Questa pace del Mediterraneo sarà inoltre come l’inizio e il fondamento della pace fra tutte le nazioni del mondo. Quando questa pace del Mediterraneo sarà fatta e quando sarà fatta la pace fra tutte le nazioni, allora noi potremo ricordarci con gioia i divini messaggi di pace che sono risuonati su queste stesse rive».
Il card Tonini al V Colloquio mediterraneo del 2003 a Palermo disse: «Il Mediterraneo è probabilmente la parte più sapienziale del mondo, e la sua storia scorre in questa direzione».
E il cardinale Angelo Scola: «Parlare del Maghreb, della sua storia cristiana (intrisa di santità e di martirio, oltre che di teologia e di magistero) del suo passato e presente islamico, risulta di scottante attualità di questi tempi in cui avvenimenti politici e toccanti hanno riportato quella terra al centro della nostra attenzione».
Leggo in Internet: Piombino, le acciaierie Lucchini agli algerini di Cevital. Il commissario Nardi: «È l’offerta più vantaggiosa per creditori e lavoratori». Così centinaia di italiani e di algerini potranno continuare a lavorare insieme. L’Unione Mediterranea cammina anche sui binari di equi contratti per tutti.
Conversare con l’anima di un popolo
Il quarto ambito di vita e impegno della Chiesa che vive in Algeria – insieme a interiorità,
solidarietà e novità di vita – è quello dell’inculturazione. La diversità all’interno della Chiesa invita anzitutto all’interculturalità ad intra, in noi stessi, nella nostra carne. Spesso la si considera come un movimento verso l’esterno, verso le culture dove ci inseriamo, ma oggi sentiamo il bisogno di uno sguardo più acuto su quello che siamo.
Basta vedere la composizione delle nostre assemblee e notare le differenze tra noi. Basta ascoltare le melodie dei canti provenienti dalle nostre culture e dalle nostre lingue diverse. Tutto ciò traspira anche dai colori dei nostri vestiti, dagli odori delle nostre cucine, dalle posizioni dei nostri corpi. Sentiamo i toni che vengono da tutti i luoghi, prima dall’Algeria, e poi dalla Kabilia e dal sud, dall’est e dall’ovest e poi dai cinque continenti. La diversità che coabita in seno alla nostra Chiesa (di Africa, Europa, America, Asia, Oceania) è la bellezza di Dio manifestata nella creazione e nei nostri cuori. Queste diversità esistenti in seno alla comunità cristiana sono una bella fortuna per poter vivere le nostre differenze ( di origine, cultura, età e lingua ) a condizione di riconoscerci, ognuno al suo posto, membri di un sol corpo a servizio della società umana che è in continuo movimento.
Secondariamente, l’inculturazione si riflette nel desiderio di “Conversazione con l’anima del popolo algerino per una Chiesa più inculturata”. Desiderio di investire nello studio dell’arabo e dell’islam, per meglio dialogare con un popolo che ama conversare, parlare insieme, sussurrare… In questo cammino dobbiamo conoscerci meglio, per riconoscerci e rispettarci.
Importante è anche conoscere l’islam e il Corano per scoprire l’interiorità dell’altro e il valore dell’essere credente musulmano e credere che possiamo arricchirci dei valori dell’altro.
Non c’è dialogo interreligioso senza conoscenza della lingua e della religione dell’altro. Per alcuni, vivere in un ambiente essenzialmente musulmano, porta anche a una conoscenza più ampia del cristianesimo, della azione e della Parola di Dio. Stessa cosa può avvenire per gli amici musulmani.
I due mondi religiosi possono arrivare ad arricchirsi e sostenersi in spirito di verità, di carità e di speranza.