Giunto in Italia dall’Algeria, in pochi giorni sono riuscito ad avere i documenti necessari per andare in Camerun e il 9 luglio ho partecipato nella cattedrale di Yagoua all’ordinazione sacerdotale di Adolph Ndouwe. Con lui sono stati ordinati anche un altro giovane toupouri e un giovane guiziga.
Adolph era cresciuto al centro di formazione dei catechisti di Doubane, dove suo padre Simon Pierre dirigeva quella comunità, insieme a me. Poi ha frequentato il seminario diocesano di Guider e dopo il liceo, è passato alla scuola di filosofia di Yaoundé e quindi al seminario di teologia del Pime di Roma e Monza.
Membro del nostro Istituto ha già avuto la sua destinazione: il Bangladesh. Durante l’omelia, il vescovo della diocesi, mons. Bartelemy, rivolgendosi ad Adolph ha detto «Sono felice che uno dei figli di questa terra possa partire per un Paese di missione, come il Bangladesh. I missionari ci hanno portato il Vangelo e ora anche noi siamo maturi per trasmettere il Vangelo ad altri popoli. Anzi ti dico: «Ti mando io!». E si è commosso, terminando così l’omelia.
Dopo i miei cinque anni di silenzio orante in Algeria, in un ambiente unicamente musulmano, senza folle, musiche, danze e canti, ho vissuto alcuni giorni nel sud del Camerun, in foresta, e poi nella savana del nord, immerso nella folla di amici che mi rivedevano gioiosi. Il sentimento più forte è stato quando, salutando catechisti, preti e vescovi, sentivo che attraverso la mia persona, il mio segreto e la passione missionaria si riaccendevano e si illuminavano in loro. Alcuni giovani, ragazzi e ragazze mi dicevano: «Sono in quel seminario, sono in quel noviziato… Sono figlio o figlia del tale catechista che hai formato tu…».
Ho avuto la testimonianza della vitalità di questa parte di Africa che trova nel Vangelo una grande luce e una grande forza vitale.
Ad Adolph ho ricordato quanto mi disse il cardinal Montini, poi divenuto Paolo VI, quando ordinò prete: «Gesù mette il suo cuore nel tuo e mette il tuo cuore nel suo».
E celebrando a fianco di Adolph durante la sua prima messa, al memento (ricordo) dei defunti, ho ricordato suo padre Simon Pierre e lo straordinario cristiano Pierre Malina, morto lapidato dalla gente del suo villaggio perché ritenuto stregone. Anche l’Africa ha i suoi santi e i suoi martiri.