Più responsabilità ai laici

Dal 16 al 18 febbraio, nell’aula nuova del Sinodo, in Vaticano, c’è la presenza di 210 tra presidenti e referenti delle Commissioni episcopali per i laici provenienti da tutto il mondo. È il convegno internazionale di tre giorni “Pastori e fedeli laici chiamati a camminare insieme”. Si chiuderà con l’intervento del Papa. Così il Card. Kevin Farrell pensa il convegno: «Tutti i membri del popolo di Dio, pastori e fedeli laici, condividono a pieno titolo la responsabilità per la vita, la missione, la cura, la gestione e la crescita di questo popolo che Cristo stesso ha suscitato».  «Si sente il bisogno di superare la semplice logica di “sostituzione”, secondo cui per migliorare la situazione della Chiesa, basterebbe semplicemente “sostituire” i chierici con i laici in vari ambiti… e così ogni problema sarebbe risolto». «Serve innanzitutto una “conversione pastorale” da parte dei laici e di coloro che sono ministri ordinati…. Non bisogna ridurre la missione dei laici nella Chiesa a un ruolo o a un coinvolgimento puramente funzionale, ma devono essere veramente parte della missione della Chiesa».

Pensando ai catechisti, sogno che sia conferito loro un “ordine minore” non per una “stelletta” in più, distintiva, ma per un senso di responsabilità, ricevuta come dono di Dio per loro e per la comunità a cui sono inviati. Ho avuto l’incarico e la gioia di formare catechisti nel sud e nel nord del Camerun e in Ciad. Era una scuola seria di famiglie che dedicavano tre anni di formazione alla vita familiare, formazione al lavoro e alla fede. Formazione attenta alla cultura e al contesto dal quale provenivano. Per diventare responsabili e punti di riferimento, animatori della catechesi e della liturgia anche quando il prete poteva arrivare qualche volta l’anno, educatori secondo il Vangelo nelle comunità di appartenenza e per le persone a loro affidate.

Per avere laici impegnati, bisogna dedicarci un po’ di più e tutti insieme ad aiutarli e a pregare per loro.

Sud Sudan. I piccoli sfollati al Papa: vogliamo la pace per poter tornare a casa

Bambini e giovani di altrettanti campi interni hanno raccontato le loro storie a Francesco nel secondo giorno del suo viaggio apostolico in Sud Sudan. Parole di gratitudine e speranza, che non nascondono le numerose difficoltà che loro, come migliaia di altri coetanei, vivono quotidianamente: mancanza di spazio, carenza di istruzione, solitudine, sogni di un futuro migliore

(Andrea De Angelis – Città del Vaticano): Johnson non ha abbastanza spazio per giocare a calcio, ma neanche una scuola. Il suo indirizzo è B2, rispettivamente il blocco e il settore del sito per la protezione di civili in cui vive. Joseph ha 16 anni, otto dei quali trascorsi nel campo. “Se ci fosse stata la pace – dice a fatica, emozionato e commosso – mi sarei goduto l’infanzia”. Rebecca, come gli altri, è “molto felice” di avere davanti a sé il Papa, qui “nonostante il suo ginocchio dolorante”. Gratitudine, speranza, dolore, preghiera. Questo e molto altro esprimono le voci dei giovani che il Papa ha incontrato al campo sfollati interni di Giuba, le cui testimonianze hanno preceduto il suo intervento.

Siamo qui grazie agli aiuti umanitari

Sedici anni all’anagrafe, la metà dei quali trascorsi nel campo della città di Bentiu. La storia di Joseph è quella di un ragazzo chiamato a crescere troppo presto e oggi consapevole del dramma che sta vivendo. Il suo pensiero è per il futuro, personale sì, “ma anche degli altri bambini”, perché chi ha conosciuto la fame, la paura di morire desidera che simili pagine non si scrivano più. “Perché soffriamo nel campo per gli sfollati? A causa – dice – dei conflitti in corso nel nostro Paese”. La sua analisi è lucida, sa bene che la sopravvivenza non era scontata. “Io, i miei genitori, insieme ad altre famiglie, siamo qui grazie agli aiuti umanitari”, ma “se ci fosse stata la pace sarei rimasto nella mia casa d’origine”. Joseph chiede ai leader religiosi di continuare a pregare per “una pace definitiva”, infine lancia un accorato appello ai leader del suo Paese: “Portino amore, pace, unità e prosperità”.