Che tempo fa? È primavera

Dove? Nel mondo arabo, attorno al Mediterraneo? A Lampedusa? In Italia?

L’ho chiesto agli amici. «Il mondo arabo sta cambiando». «La fine del mondo è vicina».

L’ho chiesto al card. Martini: «Che cosa fare in momenti difficili?». Martini scrive che «nessun momento, anche se di transizione o di incertezza, di nebbia e di notte, è fuori dal disegno di Dio» e che «ogni epoca è un tempo di grazia».  Ricorda che il cristiano, destinato a essere collante della società, oggi ha il compito non di erigere barriere insormontabili, ma di «creare piazze nuove tra le case, dove ci siano, nel rispetto reciproco, vere possibilità di intesa tra il fratello, il cittadino e lo straniero». (Discorso di addio a Milano, pronunciato nel giugno del 2002).

Teilhard de Chardin dice: «Il pericolo maggiore che possa temere l’umanità non è una catastrofe che venga dal di fuori, non è né la fame né la peste, è invece quella malattia spirituale, la più terribile perché il più direttamente umano dei flagelli, che è la perdita del gusto di vivere».

«È dai “segni dei tempi” che dobbiamo risalire a una fecondità spirituale che sa intercettare il presente e aprirsi al futuro, seguendo i disegni di Dio sull’umanità”. (Card. Dionigi Tettamanzi, giovedì santo 2011)

L’ho chiesto anche a Gesù. «Quando vedete una nuvola salire a ponente, subito dite: “Viene la pioggia”, e così accade. E quando soffia lo scirocco, dite: “Ci sarà caldo, e così accade”. Ipocriti! Sapete giudicare l’aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo? E perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto?
Quando vai con il tuo avversario davanti al magistrato, lungo la strada procura di accordarti con lui, perché non ti trascini davanti al giudice e il giudice ti consegni all’esecutore e questi ti getti in prigione. Ti assicuro, non ne uscirai finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo». (Lc 12,54-59)

Gesù dice che anche oggi è tempo di cambiare il modo di vivere le relazioni umane e il rapporto con la natura.
Il Patriarca di Gerusalemme Fouad Twal parla di una “Primavera araba”: «Siamo molto contenti di questa presa di coscienza della gioventù che comincia a prendere nelle sue mani il proprio destino. È un movimento senza colore politico e senza particolari pregiudizi religiosi. Emana dalla consapevolezza della gioventù araba della propria forza e vitalità. Essa è riuscita a spezzare l’elemento della “paura”: paura della polizia, paura dei servizi segreti, paura della prigione. Oggi, possiamo affermare che la paura ha cambiato schieramento. I governi temono questa massa di giovani, questa massa di opinione e di credenze che si stanno risvegliando».

Tutti al Duomo in onore di padre Vismara

Qui nel Sahara dell’Algeria, in questa settimana della passione e della risurrezione di Gesù, mi giunge la notizia della beatificazione di padre Clemente Vismara nel Duomo di Milano il 26 giugno prossimo. Sarà una grande festa della Chiesa e della grande famiglia del Pime. Spero di esserci anch’io, perché inizio in quei giorni un periodo di vacanze. In quei giorni, qui nel deserto, il caldo sarà tanto. L’ho già “gustato” l’anno scorso!

Padre Vismara, col suo caratteraccio, è un segno di passione e di risurrezione. Ora Beato anche lui! Passione per l’umanità, risurrezione di una vita donata. È chiamato il Patriarca della Birmania e il protettore dei bambini. A lui si attribuiscono vari miracoli, soprattutto in favore dei bambini, ma il vero miracolo è stato lui con gli orfani che ha salvato. Ne aveva sempre, dai 200 ai 250.

Quanto vorrei incontrare nel giorno della beatificazione tanti amici dell’Istituto! Il pensiero va soprattutto ai parenti non solo del Vismara, ma di tutti i nostri missionari, senza i quali non avremmo potuto fare quello che abbiamo fatto. Sono stati gli amici e i parenti del Vismara la sua Provvidenza. Diceva con fiducia a uno di loro: «Perdiamo, perdiamo quaggiù, se vogliamo ricevere lassù quello che abbiamo perduto. La mia è un’amministrazione un po’… apostolica. Non ho tempo né testa per tenere registri, vado avanti a occhi chiusi, non tengo registrazione alcuna. Spendo, spendo e vedo che ce n’è sempre».  

L’aiuto dei parenti mi ricorda quanto mi disse mio padre prima di partire per la missione: «Fa’ il tuo lavoro, al tuo pane ci penso io». E ancora oggi quando la gente mi chiede: «Chi ti aiuta?», rispondo: «La mia famiglia, gli amici».

Alla televisione, quando riesco a captarla, tra i politici gli artisti e gli industriali, sento i cognomi Clerici, Perego, Maggioni, Mazzucconi, Ramazzotti, Vismara, Crespi, ecc. Certo le famiglie sono numerose e non tutti quelli che portano lo stesso cognome si ritengono parenti. Ma la mia curiosità e il mio sussulto, quando sento quei nomi, fanno nascere questa domanda: «Queste famiglie sanno di avere avuto tra i loro parenti dei veri santi?».

Avendo conosciuto alcuni di questi missionari, che hanno contribuito alla mia formazione, mi viene spesso il desiderio di incontrare qualcuno della loro famiglia per dirgli il mio ricordo pieno di gratitudine e di stima. Spero di incontrarne alcuni, nel Duomo di Milano.

La festa della beatificazione dovrebbe riunirci tutti, con una certa fierezza e gioia per i doni che il Signore ha fatto alle nostre famiglie.