Risorgere in Algeria

«Guadagnare la vita. Per questo ho lasciato il mio Paese ma non sapevo che il tifone avrebbe distrutto la mia casa e soprattutto che la lontananza avrebbe reso fragile il legame familiare. Allora ogni volta che rinnovo il contratto di lavoro vedo che perdo la vita nel cercare di guadagnarla».
Chi scrive è un cristiano filippino che lavora in Algeria e che, nel corso di quest’anno, rilegge la sua vita assieme a tutti i cristiani d’Algeria per vedere il cammino della Chiesa, capire le sfide attuali e trovare le nuove chiamate alla luce della Parola di Dio.
«Ho 32 anni e mi sento invitato a guardarmi veramente dentro perché solo riconoscendo gli errori posso ritornare a essere capace di ripartire. Il campo di lavoro ci abbrutisce con l’alcool che fabbrichiamo noi stessi. Un momento immediato di sollievo che poi genera a volte atti di violenza… Ma poi la realtà è sempre la stessa. Ci fosse almeno una chitarra per cantare qualche canto del nostro Paese d’origine…. Si resta nella nebbia, nebbia che impedisce di vedere. Alla famiglia non racconto nulla, e la vita continua, guardando su Facebook solo belle foto di persone e di avvenimenti a cui non partecipo.Ma ogni giovedì sera un prete arriva. E nel campo nascono momenti nuovi che non ingannano. Inviti a preparare in parrocchia un pasto con sapori del nostro Paese, cambiamento d’aria, di ritmo e un gruppo di fratelli che sono rimasti in Algeria per noi e poi il gusto di cantare canzoni del nostro Paese nella nostra lingua. Nessuno me ne aveva parlato prima. Scopro una ricchezza imprevista, la condivisione del cuore e cantare anche nella nebbia. È una grande novità del cuore, una Buona Novella. Il cuore ne resta toccato, rivive, perché Dio ci dona qualcosa che non si vedeva prima».
La lettura che, come cristiani in Algeria, stiamo facendo, ha lo scopo di renderci coscienti che nel cammino di discepoli del Signore, chi cammina con noi, in noi e ci precede, è Lui il Risorto. Come nella via crucis del Signore, c’è anche la nostra via crucis, anche nella gioia della risurrezione del Signore troviamo la forza e la gioia del rinnovamento della nostra vita.

 

Preghiamo e viviamo insieme

Papa Francesco ci dice: «La partecipazione all’Eucaristia ci invita a seguire Gesù ogni giorno, a essere strumenti di comunione, a condividere con lui e col nostro prossimo ciò che siamo». Nelle testimonianze della vita di cristiani, che vivono tra i musulmani nella diocesi del Sahara algerino, ho ricavato espressioni che potrebbero diventare preghiera comune.

Accordaci Dio la conoscenza intima dei nostri fratelli e sorelle.
Aiutaci a scoprire meglio come tu cammini con noi tutti.

Dio tu sei un’evidenza.
La pratica religiosa ci incita al rispetto
davanti alla tua grandezza nella storia e negli avvenimenti.

Vicini e amici ci aiutiamo ad aprire gli occhi su di te.
Ti fai vicino nelle nostre realtà.

Camminiamo insieme nelle differenze dove tu precedi.
Al di là di razze e culture, tu lavori i nostri cuori.

Ogni giorno sentiamo l’invito alla preghiera.
Sì, siamo fratelli e sorelle e preghiamo insieme.

Negli incontri parliamo liberamente di te e ci consoliamo.
Sei continuamente presente sulle nostre strade.

Siamo chiamati a essere strumenti umili e generosi
della tua provvidenza e bontà.

La fraternità e l’amicizia dicono che ti cerchiamo.
I valori uniscono e fanno costruire il Regno
nel mondo attorno a noi.

L’uomo porta in se qualcosa di più grande.
Insieme ti lasciamo, Dio, guardarci dentro
per cambiare le nostre vite.

In ciascuno, una piccola fiamma.
Amiamo vedere questa luce e rivelarla
e condividere la speranza.

L’Algeria cambia,
come cambiamo per fare ciò che vuoi
per il nostro paese?

Cari amici, il mio augurio pasquale è che in preghiera ci sentiamo uniti anche a quanti pregano
in modo diverso. Gesù è morto e risorto per tutti.

Preghiamo per i rapiti in Camerun

Uno dei due religiosi, don Gianpaolo Marta, è in Camerun da più di sei anni, mentre don Allegri era tornato a settembre, ma «era già stato lì per 10 anni – ricorda una suora della Divina Volontà di Bassano del Grappa, che da anni opera a stretto contatto con i sacerdoti della diocesi di Vicenza impegnati nel Nord del Paese -; conosceva bene l’ambiente».
Per vari motivi mi sento tanto legato a loro, da quando col vicario generale di Treviso mi recai a Vicenza, presso il vescovo, mons Onisto, nel 1975, a chiedere sacerdoti per le missioni del Camerun.
Con don Antonio ho vissuto una lunga e profonda amicizia in Camerun, in Italia e qui dall’Algeria. Quando gli chiesero la disponibilità a ritornare in Camerun, mi scrisse: «Grazie sempre delle tue “meditazioni”… anche perché sono spesso imbevute di spirito foucauldiano. Dal 14 al 19 novembre noi qui (a Rimini) faremo l’Assemblea nazionale delle fraternità sacerdotali Jesus Caritas, sarebbe bello che mi scrivessi due righe dall’Algeria per noi che simpatizziamo per Fr. Charles e per tutti quelli che come te imparano “necessariamente” a vivere il suo stile… Ma comprendiamo appunto anche noi sempre di più che la Nuova evangelizzazione passerà con l’intuizione di Fr. Charles: l’icona di Nazareth e quella della Visitazione dovrebbero essere la nuova immagine di Chiesa… Noi ci crediamo, ma è ancora difficile proporla nelle nostre “pastorali” così strutturate e ingabbiate negli strumenti umani. Aspetti un fidei donum? Chissà… Se il Signore chiama… Ciao!». Gli avevo risposto: «Coraggio, parti!».