La fraternità nell’islam

Papa Francesco nell’enciclica “Tutti fratelli” scrive: «Le diverse religioni… offrono un prezioso apporto per la costruzione della fraternità e per la difesa della giustizia nella società» (271). «Noi credenti crediamo che senza un’apertura al Padre di tutti, non ci sarà ragioni solide e stabili per la chiamata alla fraternità. Siamo convinti che “è solo con questa consapevolezza di essere bambini che non sono orfani in cui possiamo vivere pace con gli altri» (272).

Nel sito della Chiesa Cattolica dell’Algeria, giovedì 18 febbraio 2021, leggiamo: «Due giovani studenti algerini ci hanno dato la loro visione della fraternità basata sulla loro fede e sulla loro esperienza».

La fraternità nell’islam è il fondamento dell’unità, aiuta a preservare la coesione della società e a renderla unita e unita. Attraverso il termine fraternità dobbiamo intendere amore, mutuo soccorso, compassione, aiuto e solidarietà. Secondo il teologo musulmano Yûsuf al-Qaradâwî, significa che «le persone nella società condividono relazioni basate sull’amore, l’unità e il sostegno reciproco, legate da un sentimento di appartenenza alla stessa famiglia amorevole e unita, dove la forza di alcuni fa la forza di altri come la debolezza di alcuni fa la debolezza degli altri, e dove la presenza dei suoi fratelli fa il potere dell’individuo».

Il Sacro Corano descrive questa fraternità come una benedizione di Dio. Allah dice: «Ricorda il favore di Dio nei tuoi confronti: eravate nemici, poi ha unito i vostri cuori, e grazie alla sua benedizione siete diventati fratelli». (S.3-v.103). Il Corano sottolinea la fratellanza spirituale che unisce i credenti. Allah dice: «I credenti sono solo fratelli, Stabilisci l’armonia tra i tuoi fratelli». (S.49-v.10). Questo afferma che siamo fratelli davanti a Dio e dobbiamo essere uniti.

L’Islam enfatizza la fratellanza umana: il Profeta Muhammad ha detto: «O uomini! Il tuo Signore è uno e tuo padre è uno». Per dire che veniamo tutti dallo stesso padre, si tratta del legame familiare tra tutti gli uomini. Siamo tutti esseri umani, con un’origine comune, da un’anima comune. È questo forte legame che ci unisce indipendentemente dalle differenze che ci caratterizzano. Allah dice: «O uomini! Ti abbiamo creato da un maschio e una femmina e ti abbiamo creato popoli e tribù, affinché tu possa conoscerti». (S.49-v.13).

Conoscere l’altro induce alla nascita di legami fraterni, di mutuo soccorso. In altre parole, non siamo più un’unica comunità, indipendentemente dal colore, dalla lingua o dal paese. Le differenze vengono spazzate via dal vincolo della fraternità. Allah dice: «Se il tuo Signore avesse voluto, avrebbe reso le persone una comunità» (S.11-v.118). Questa diversità nella nostra società oggi costituisce una ricchezza e una volontà divina. La giustizia è quindi il simbolo concreto della convivenza. Allah dice: «Dio ama i giusti» (S.60-v.8). Dice anche: «O credenti! Siate rigorosi osservatori della giustizia quando testimoniate davanti a Dio, sia che dobbiate testimoniare contro voi stessi, contro i vostri genitori, contro i vostri parenti, verso i ricchi o verso i poveri» (S.4-v.134). A tal fine, la giustizia che l’islam richiede perché ci sia pace è la giustizia assoluta, la legge giusta.

Il profeta Muhammad ha detto: «Il legame che unisce il credente all’altro credente è paragonabile a quello che esiste tra le pietre di un edificio; sono mantenuti in relazione tra loro». È l’amore tra di noi che genera fratellanza e unisce la comunità, altrimenti tutto si sgretola. Senza fraternità, senza amore, senza unione, non possiamo mantenerci a vicenda. E questo sostegno rimane forte grazie all’aiuto reciproco tra di noi, venire in aiuto del prossimo concede l’aiuto del suo Signore. Come dice il profeta «Allah viene in aiuto del servo fintanto che aiuta suo fratello». Ciò in totale coesione con il comandamento del mutuo soccorso dettato da Dio che dice: «Aiutatevi a vicenda nel compimento delle buone opere e della pietà» (S.5-v.2). Ben oltre questo, la fraternità non si limita ad aiutare semplicemente tuo fratello, ma a desiderare per lui ciò che desideriamo per noi stessi come disse il Profeta, pace e benedizioni siano su di lui: «Nessuno di voi è un vero credente finché non ama per suo fratello ciò che ama per sé». Mettendosi nei panni dell’altro e vedendolo come nostro fratello, da qui l’importanza dell’unione fraterna. L’islam sostiene anche il perdono e la riconciliazione attraverso la fratellanza, Il Profeta ci incoraggia a fare questo: «La migliore carità è riconciliare le persone». E nel Corano, Allah dice: «Una parola piacevole e il perdono sono migliori dell’elemosina seguita dal male» (S.2-v.263). In tutto, lo scopo della fraternità è l’amore per l’altro sapendo che amare il prossimo è amare Dio attraverso di lui.

 

 

Il cardinale Parolin in Camerun

Il Card Pietro Parolin è dal 28 gennaio al 3 febbraio in Camerun. Il viaggio intende mostrare, una volta di più e nel contesto dell’attuale emergenza umanitaria da coronavirus, l’attenzione della Chiesa e del Santo Padre per il continente africano, terra ricca di umanità ma segnata da tante sofferenze. Inoltre, vuole essere un segno concreto di quell’ “impegno comune, solidale e partecipativo, per proteggere e promuovere la dignità e il bene di tutti e per interessarsi alla compassione, alla riconciliazione e alla guarigione, al rispetto, all’accoglienza”, a cui il Papa ha chiamato nel messaggio per la 54ma Giornata Mondiale della Pace, del 1° gennaio 2021, dal titolo: “La cultura della cura come percorso di pace”.

La giornalista Anna Pozzi scrive nella rivista Mondo e Missione: «Visiterà anche il Foyer de l’Esperance a Yaoundé e renderà omaggio a una figura che ha lasciato un ricordo grande e commosso nella Chiesa del Camerun: quella di frère Yves Lescanne, missionario francese dei Piccoli fratelli di Gesù, che per primo in Camerun si era reso conto del fenomeno dei bambini di strada e se ne era fatto carico. E che è stato ucciso barbaramente il 29 luglio 2002, proprio da uno dei “suoi” ragazzi.

La sua morte così violenta, ingiusta e paradossale – che potrebbe assomigliare molto a una sconfitta – è stata, in un certo senso, il compimento della vita di frère Yves. Un uomo semplice, ma profondo, che aveva dedicato tutta la sua vita a questi bambini, prima nella capitale Yaoundé poi nel nord del Paese. E proprio uno dei suoi ragazzi, un giovane che seguiva da molti anni, che aveva mandato in Francia per una delicata operazione e che aveva cercato in tutti i modi di allontanare dalla strada, si è trasformato, in un momento di rabbia e di follia, nel suo assassino. (…)

Indirettamente ha “germinato” anche altre esperienze. Una di questa ha visto protagonista padre Maurizio Bezzi, missionario del Pime, che aveva conosciuto frère Yves nel 1992 e che con lui aveva condiviso l’esperienza della strada, della prigione e del Foyer de l’Espérance, per poi dare vita al Centro Edimar, nei pressi della stazione di Yaoundé.

«Idealmente – ricorda padre Maurizio – anche il Centro Edimar continua a fondarsi sulla visione e sullo stile di frère Yves in particolare nel modo di relazionarsi con i ragazzi di strada. La sua semplicità nello stare con loro è ancora oggi un segno distintivo della presenza e del lavoro dei nostri educatori. Non siamo “per”, ma “con” loro. Io stesso mi sono sempre sforzato di non presentarmi come un “grande” tra i “piccoli”, ma di stare in mezzo a questi ragazzi secondo la logica dell’incarnazione, per costruire un rapporto di dialogo e fiducia».

Parolin in Camerun: «Pace per questa terra»

Terminerà il 3 febbraio il viaggio del cardinale Parolin in Camerun.

Ecco parte del testo italiano dell’omelia pronunciata il 31 gennaio in inglese dal cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, in occasione della messa per l’imposizione del pallio a monsignor Andrew Nkea Fuanya, arcivescovo di Bamenda.

«Gesù vuole il bene dell’uomo e per questo lo libera dal Male. (…)  Il Male c’è e Cristo è in grado di sconfiggerlo. Sta a noi esercitarci, ogni giorno, in tale combattimento. Ci vengono in aiuto le pressanti esortazioni dell’apostolo Paolo che — nella lettera agli Efesini – così si esprime: «Rafforzatevi nel Signore e nel vigore della sua potenza. Indossate l’armatura di Dio per poter resistere alle insidie del diavolo. La nostra battaglia infatti non è contro la carne e il sangue, ma contro i Principati e le Potenze, contro i dominatori di questo mondo tenebroso, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti» (Ef 6, 10-12). (…)

Cari fratelli e sorelle, nella difficile situazione in cui vi trovate a vivere, potete sperimentare da vicino la potenza del Male che agisce nel mondo: sono, purtroppo, frequenti le notizie delle violenze, delle divisioni, delle lotte fratricide che affliggono questa cara terra. Il Vangelo di oggi ci insegna, anche, che la via per sconfiggere il Male passa, innanzitutto, dalla nostra interiorità, dalla purificazione del cuore di ciascuno. Chi lotta contro il male che alberga nel suo cuore, diventa portatore di bene e di pace nella sua famiglia, tra i suoi amici, nella sua comunità: e diviene, in questo modo, un seme di speranza per tutti».

Speriamo che molte cose cambino in Camerun

Nelle interviste di questi giorni la frase comune è: «Nous sommes fiers qu’il soit là, pour toute l’Église catholique romaine au Cameroun, en Afrique et dans le monde. Nous espérons que beaucoup de choses vont changer», ha dichiarato una fedele. (Siamo fieri che sia qui… Speriamo che molte cose cambino).

Il porporato nell’incontro all’Università cattolica ha sottolineato che non è casuale il fatto che «colui che governa la Chiesa universale sia chiamato Pontefice», ossia costruttore di ponti «tra Dio e l’uomo e di conseguenza ponti tra gli uomini». Fine ultimo di questi ponti è «la concordia tra i popoli e le nazioni” che la Santa Sede promuove in ogni occasione ribadendo il rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo.  (…) La Santa Sede propone una svolta culturale e un cambio di pensiero «che sappiano creare un’autentica società dell’amore fondata in Dio, perché quando l’uomo smarrisce Dio, smarrisce anche sé stesso». Una missione portata avanti «attraverso tanti uomini e donne di buona volontà, giovani, laici, sacerdoti e persone consacrate» che difendono e promuovono «i diritti fondamentali dell’uomo, … e comprendere meglio il valore della dignità umana e il dovere sociale di difendere e proteggere ogni vita. La Santa Sede opera infatti per diffondere un umanesimo che sappia guardare alla vita come al dono più alto che Dio ha fatto all’uomo… e costruire un mondo che sappia assumersi la responsabilità concreta di proteggere la dignità di ogni persona».

Una fedele : «Il Cardinale ha detto bene quello che potrà far cambiare e vivere il Camerun!».