Natale a Tozeur

Messa della vigilia. Con noi ci sono una signora francese, che ogni Natale ritorna a rivedere persone incontrate nei trent’anni di servizio come infermiera e animatrice di varie iniziative sociali, e un medico italiano in vacanza in Tunisia.

Dal mattino del 25, io, fratel Marco e padre Anand, andiamo in zona desertica assieme a una trentina di giovani di una associazione che si occupa della loro assistenza scolastica e che da un po’ di tempo pensiamo di sostenere in momenti ricreativi e con corsi di italiano, francese e inglese. Passiamo alcune ore in riva a un lago salato. Tutto il tempo, giochi e canti animati dalla direttrice, da fratel Marco e da padre Anand. Lungo la riva del lago, zone bianche di sale cristallino che sembrano un manto di neve. A mezzogiorno, pranzo con qualcosa di arrostito lungo la riva, tutto sotto il sole. Per loro, oggi è un sabato normale, per noi il giorno di Natale. Rientrati a casa, finalmente alle 17.30, Santa Messa natalizia nel nostro salottino con le due persone presenti anche alla vigilia e con un altro italiano che lavora a Tunisi. Non manca il panettone e… qualche bicchierino.

Sto vedendo come si concretizza la nostra vita qui. Vita missionaria un po’ vicina allo stile di Gesù che si adattava ai luoghi, fin da piccolo, dalla mangiatoia alla riva del lago, da Betlemme a Nazareth.  Adattamento di tempi, dalla notte di Betlemme al “terzo giorno” della Pasqua. Adattamento a persone, dai pastori e i re magi alla Samaritana, alla Cananea. Adattamento di cibo, dal latte materno al pesce del lago e al pane azimo. Come Gesù, anche il missionario deve accettare di vivere adattandosi a tante cose. Spesso il programma della giornata non lo si fa come si vorrebbe. Oggi è capitato di vivere il Natale lungo la riva di un lago salato del deserto.

Questa la mia meditazione natalizia che completo con la lettura di una dichiarazione dell’arcivescovo di Tunisi: «Il dialogo della vita quotidiana diventa la migliore via per compiere le “opere di bene” e costruire la pace collaborando e camminando insieme per la stessa strada per costruire insieme ponti di carità senza aspettare la reciprocità. E l’atteggiamento della persona nobile e libera spiritualmente ed intellettualmente che accetta l’altro con il positivo e negativo che possiede. Scoprirò che ogni individuo ha un viso particolare, una faccia da scoprire e che ha la sua vocazione propria. Il nostro dialogo nel Maghreb, si stabilisce nell’impegno assunto insieme per un medesimo, compito. E il dialogo delle opere basate sulla carità cristiana che non guarda in faccia alla persona bisognosa e non gli interessa il colore della sua pelle o la sua religione».

 

Il momento più commovente sulla terra dei martiri

È prima di tutto attraverso i suoi martiri che questa Chiesa di Cartagine occupa un posto importante nella storia del cristianesimo.

Monsigor Gourlot scrive nel libro Saints d’Afrique, p.42: «Non credo che ci sia in tutta l’Africa del Nord un luogo più santo dell’anfiteatro di Cartagine, dove sono caduti tanti martiri. Le loro reliquie sono state disperse e non sappiamo più dove riposano, ma sappiamo che in questa arena il suolo ha bevuto il loro sangue. Si potrebbe, come faceva un papa nel Colosseo raccogliere un pugno di questa terra e dire: Ecco le reliquie!».

E M.V. Guérin nel libro Voyage archéologique dans la Régence de Tunis, p 37-38 afferma : «Oggi questa arena insanguinata e rivolta dall’aratro; gli antri dove erano richiuse le bestie feroci sono distrutti e chiusi; le gradinate dove si stringevano le migliaia di spettatori sono scomparse totalmente e il solo ricordo di tutti drammi sanguinanti che vi si giocavano ha sopravvissuto a questo monumento distrutto».

Nell’anfiteatro fu ricavato un angolo dove è stata costruita una cappella che porta la scritta: «Qui furono martirizzate, il 7 marzo dell’anno 203, le sante Perpetua e Felicita, esposte ai denti delle bestie con i santi Revocatus, Saturus e Saturninus».

San Agostino nel discorso 280 descrive le disposizioni di spirito per celebrare le solennità dei martiri: «I martiri hanno pietà di noi e pregano per noi. Perciò si celebrino con la massima devozione le solennità dei martiri, in allegria moderata, in adunanza onesta, in riflessione pia, in coraggioso annunzio. Non costituisce una forma di imitazione di poco conto felicitarsi insieme delle virtù dei migliori».

Il santo Giovanni Paolo II visitò l’anfiteatro e la cappella il 14 aprile 1996 e disse ai vescovi del Maghreb nel suo viaggio in Tunisia che il raccoglimento a Cartagine sul luogo delle martiri felicita e Perpetua fu il momento più commovente di tutto il suo viaggio».

Buon Natale amici!

 

 

Visita alle radici cristiane

Mons. Ilario Antoniazzi, arcivescovo di Tunisi afferma: «Molti pensano che la Tunisia sia un paese musulmano instabile, dove la Chiesa non è presente. Ma la situazione è molto diversa: la Chiesa c’è, è operosa e dà speranza. Ci farebbe piacere stringere rapporti con diocesi o parrocchie italiane e saremo lieti di accogliere quanti vorranno venire qui, magari in pellegrinaggio sulle orme di sant’Agostino. Questo paese, che sta pazientemente costruendo il proprio futuro democratico, ha molto da offrire e vorrei invitare tutti a visitarlo, aiutando questo popolo e i suoi giovani che purtroppo, per mancanza di lavoro, sono spesso costretti a lasciare la loro patria».

Mons. Ilario Antoniazzi ha ricevuto con gioia la visita di mons. Pizziolo vescovo di Vittorio Veneto con un gruppo di pellegrini dal 20 dicembre al 2 gennaio 2015 per incontrare i luoghi di Sant’Agostino, contenti anche di rivedere il vescovo Antoniazzi loro conterraneo.

Anche don Marco Lai, direttore della Caritas diocesana di Cagliari, promovendo «Un “pellegrinaggio-studio” alle radici della nostra cultura e storia cristiana e mediterranea”, afferma che “In Tunisia si cammina sulle orme dei santi. Per secoli il Mediterraneo ha costituito una ‘autostrada’ che permetteva ai popoli diversi di incontrarsi, conoscersi, scambiare e condividere i propri saperi. La dimensione mediterranea, più che mai attuale, è da riscoprire e rilanciare, in una prospettiva di pace, bene comune, e nuovo sviluppo economico e sociale per l’Europa, l’Africa e il Medio Oriente».

I pellegrini visiteranno alcuni luoghi simbolo dell’antica Tunisia cristiana, caratterizzati dalla presenza dei Santi del Nord Africa che hanno avuto contatti, in modi diversi, con la Sardegna durante il periodo vandalico del V e VI secolo: il luogo del martirio delle Sante Felicita e Perpetua, la città dei martiri di Abitene; Telepta, città di origine di San Fulgenzio, grande autorità morale, dottrinale e teologica, esiliato e accolto nella regione. Infine, i luoghi dove si è recato Sant’Agostino, le cui reliquie prima della traslazione a Pavia erano conservate a Cagliari.

Un percorso di conoscenza e preghiera guidato da padre Silvio Moreno, missionario dell’Istituto del Verbo Incarnato, archeologo, teologo e rettore della Cattedrale di Tunisi. (…)

Il pellegrinaggio si inserisce nell’ambito del rapporto di collaborazione tra le due Chiese locali. In un’intervista al settimanale diocesano “Il Portico”, padre Moreno ha parlato del legame tra le due diocesi sulle sponde opposte del Mediterraneo, definendolo «forte, strutturato, duraturo». (…) «Ciò ci fa crescere sia perché ci permette di guardare verso altre realtà ecclesiali, quelle dell’altra sponda del Mediterraneo, da cui possiamo ricevere aiuto e vicinanza, sia perché ci rende consapevoli di ciò che noi possiamo far scoprire loro. Il senso dell’iniziativa è anche quello di «far conoscere la nostra “ricchezza cristiana”, spesso dimenticata in un paese musulmano, importante perché costituisce una riscoperta delle proprie radici e storia».

Una riscoperta che negli ultimi anni si è tradotta nell’organizzazione di visite archeologiche e storiche ai siti cristiani della Tunisia, aperte a tutti, “grazie al clima di maggiore libertà e interesse, frutto della rivoluzione. Talvolta sono le stesse Università, o altre realtà tunisine, che ci chiedono di organizzare visite ai siti archeologici cristiani presenti nel Paese”. (Mattia Pittau, 14 maggio 2019 )

 

I treni di Tozeur 

Forti dei rispettivi successi, Franco Battiato e Alice coronano un periodo d’oro con la composizione del brano che li porterà all’Eurovision. I treni di Tozeur è, come di consueto, un brano straordinario che fonde l’avanguardia europea al pop italiano, ispirato dall’omonima cittadina tunisina in cui si verifica il particolare fenomeno denominato “Fata morgana“. Ovvero una sorta di miraggio che porta a vedere all’orizzonte cose che non esistono.

Posto ai margini del deserto del Sahara, Tozeur è circondata da un lago salato le cui esalazioni conducono i viandanti ad avere allucinazioni.

«Nei villaggi di frontiera guardano passare i treni le strade deserte di Tozeur da una casa lontana tua madre mi vede si ricorda di me delle mie abitudini. E per un istante ritorna la voglia di vivere a un’altra velocità passano ancora lenti i treni per Tozeur. Nelle chiese abbandonate si preparano rifugi e nuove astronavi per viaggi interstellari in una vecchia miniera distese di sale e un ricordo di me come un incantesimo E per un istante ritorna la voglia di vivere a un’altra velocità… Nei villaggi di frontiera guardano passare i treni per Tozeur».  

Commento di un fan: «Io credo che il Maestro oggi se ne sia andato non solo per riposare, ma per prepararsi a rivivere nuove esistenze nella medesima condizione sublime, raggiunta in questa vita. Un viaggio lungo 76 anni e assaporato con la gioia del distacco da ogni meschinità umana. Un viaggio narrato in ognuna delle sue strofe e messo in musica con l’inestimabile talento della sua arte». ( Deezer )

 

Le chiese cattoliche della Tunisia

Prendo da Wikipedia. Le chiese cattoliche esistevano in Tunisia prima dell’istituzione del protettorato francese. Se la chiesa Sainte-Croix di Tunisi, costruita nel 1837, è la più antica, altre si uniscono a Sousse (1839), Sfax (1841), Djerba (1848), Biserta (1851), Porto Farina (1860), Mahdia (1861).), Monastir (1862) e La Goulette (1879). Con l’istituzione del protettorato, molti cristiani francesi, italiani e maltesi si stabilirono nel paese. Nel 1956 in Tunisia vivevano più di 250.000 persone, ovvero il 7% della popolazione totale. Per assicurare un sostegno spirituale a queste stesse famiglie religiose, le autorità ecclesiastiche inviano sacerdoti ovunque i fedeli ne facciano richiesta. Vengono creati comitati di sottoscrizione per raccogliere fondi per la costruzione di chiese. Anche le città operaie costruite dalle compagnie minerarie sono dotate di luoghi di culto finanziati dall’investitore. L’indipendenza della Tunisia nel 1956 segnò una svolta nello sviluppo della presenza cristiana in Tunisia. Dieci anni dopo, il 90% degli europei ha lasciato il Paese e le chiese sono deserte.

Un modus vivendi è stato quindi firmato tra la Tunisia e il Vaticano il 10 luglio 1964 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica di Tunisia il 243. Tale accordo prevede il trasferimento gratuito e definitivo allo Stato tunisino dei 107 luoghi di culto ad eccezione di quelli citati in allegato all’accordo (cattedrale di Tunisi, chiesa Sainte-Jeanne-d’Arc a Tunisi, de La Goulette, Chiesa di Grombalia e Chiesa di Saint-Félix de Sousse) con “l’assicurazione che saranno utilizzati solo per scopi di interesse pubblico compatibili con la loro precedente destinazione”. L’idea guida è quella di far scomparire l’aspetto esteriore e visibile della Chiesa e di impossessarsi di tutto ciò che può essere utilizzato. Altri luoghi di culto furono trasferiti al dominio tunisino durante la nazionalizzazione delle società agricole europee il 12 maggio 1964 o delle società minerarie che possedevano edifici religiosi.

 

La volontà di vivere di Abu l-Qasim al-Shabbi

Tozeur, 14 dicembre, visito la sua tomba. Un edificio ben curato con corridoi attorno alla tomba che diventano una mostra con foto e documenti del poeta. I giovani frequentano la sua tomba e trovano nella sua poesia l’ispirazione per un avvenire migliore.

Abu l-Qasim al-Shabbi (in arabo: أبو القاسم الشابي‎, Abū l-Qāsim al-Shābbī; Tozeur, 24 febbraio 1909Tunisi, 9 ottobre 1934) è stato un poeta e saggista tunisino. Oltre che il maggiore poeta tunisino del Novecento, è uno dei più noti scrittori arabi. Per le sue critiche severe, talvolta ai limiti dell’insulto, nei confronti del proprio paese (di cui gli echi risuonano anche nel saggio L’immaginario poetico presso gli Arabi), troppo spesso, a suo dire, acquiescente ai soprusi e alle tirannie politiche e culturali, è stato anche molto osteggiato.[X]

Biografia

Nacque in un sobborgo di Tozeur, città della Tunisia meridionale, e studiò nell’Università della Grande Moschea al-Zaytuna di Tunisi. Per la sua indole vivace e innovatrice, venne eletto presidente del Comitato studentesco per la riforma dell’insegnamento zaytuniana. Dopo avere conseguito, nel 1928, il baccelauréat, si iscrisse nella facoltà di Giurisprudenza. Suo padre era magistrato.

Iniziò a comporre delle liriche nel 1923 e nel 1929 cominciò a progettare l’edizione completa del suo Dīwān (la silloge I canti della vita); riprenderà quest’idea, ma senza successo, nel 1930 e nel 1933. Il volume uscirà in versione integrale nel 1955, in Egitto. Dopo la morte del padre, nel 1929, il poeta manifestò i primi sintomi della propria malattia.

Collaborò al supplemento letterario del quotidiano «al-Nahḍa» (la Rinascita), alla rivista «al-ʿĀlam al-adabī» (Il mondo letterario) e al periodico egiziano «Apollo» (Il Cairo).

Nel 1930 sposò Shahla ben Amara ben Ibrahım Shabbī. Il 29 novembre 1931 nacque il loro primo figlio, Muhammad Sadok (Muḥammad Ṣādiq).

Morì a causa di una cardiopatia nell’Ospedale Italiano di Tunisi.

Influenze nella società

Nel 1933 compose la sua poesia più celebre La volontà di vivere, i cui versi, per decenni, fino alle recenti rivolte della “Primavera Araba” (2011-2012), sono divenuti il “grido di battaglia” dei giovani dell’intero mondo arabo:

«Se un giorno il popolo vorrà vivere
il destino deve assecondarlo,
la notte deve dissiparsi
e le catene devono spezzarsi»

I versi sono citati anche in chiusura dell’inno nazionale tunisino: Humat al-Hima (Difensori della Patria). Da Wikipedia

Oh figlio di mia madre

di Abu-l-Qacem Chebbi, 1929 Poeta di Tozeur

Sei nato libero come il sospiro della brezza
libero come la luce del mattino nel cielo,
per cinguettare come gli uccelli che volano
e cantano ispirati dagli dei,
per allietarti tra le rose del mattino
e gioire della sua luce ovunque la vedi,
per correre tra i prati
e raccogliere rose sulle colline

Così dio ti ha plasmato o figlio dell’esistenza
e così la vita ti ha gettato nell’universo.
E allora perché accetti l’umiliazione delle catene
e pieghi la fronte davanti a chi ti ha incatenato?

Perché fai tacere la voce potente della vita
quando risuona dentro di te la sua eco?
Perché chiudi le tue palpebre illuminate dalla luce dell’alba
quando la luce dell’alba è così dolce?
Perché ti accontenti di una vita tra le caverne?
Ma dove sono finiti il tuo canto e la tua fierezza?
Forse hai paura della bellezza del canto del cielo?
O hai timore della luce dell’aurora nell’aria?

E allora alzati e percorri il sentiero della vita
che la vita non aspetta chi dorme
E non avere paura di cosa ci sarà dietro le colline
c’è soltanto la luce del mattino
e la primavera di una nuova esistenza
che ricama con le rose il suo abito
e il profumo dei fiori del mattino
e la danza dei raggi tra le acque
e i colombi eleganti nei prati
che cinguettano il loro canto slanciati.

Alla luce! Che la luce è dolcezza e bellezza
Alla luce! Che la luce è l’ombra del divino

 

 

Tozeur: la missione nel deserto tunisino

La Chiesa in Tunisia, come del resto quella in Algeria e del Nordafrica in generale, è una Chiesa missionaria cioè composta da pochissimi cristiani locali e da personale religioso straniero. Sono piccole realtà che vivono in un contesto religioso-culturale islamico e che fanno fatica ad aumentare sia nel numero sia nella rilevanza sociale,. Malgrado questa situazione apparentemente negativa, la Chiesa in
Tunisia decide di impegnarsi per ricominciare una presenza nel sud del Paese, dopo una lunga assenza che era cominciata alla fine del periodo coloniale. Decide di compiere questo passo con noi missionari del Pime.
Perché il Pime apre una missione nel sud della Tunisia?
La vicenda di padre Anand Talluri ci aiuta a spiegare e a capire perché si è avuta la forza (e anche un po’ l’incoscienza) di “osare”. Padre Talluri viene destinato alla missione Pime in Algeria nel 2015. Dopo lo studio del francese, non riesce a
ottenere il visto d’ingresso per questo Paese, per cui i responsabili locali del Pime decidono di fargli studiare l’arabo classico a Tunisi, sperando che dopo questi studi possa ottenere il visto richiesto, ma questo non accade.
Nel 2018, durante la nostra assemblea annuale, padre Talluri esprime il proprio disagio nel vivere nell’incertezza e chiede che la direzione generale dia un’indicazione circa il suo futuro impegno missionario. Durante la stessa assemblea, i membri della comunità Pime in Algeria decidono di scrivere una lettera alla direzione generale. L’assemblea generale 2019 decide che la missione in Tunisia è estensione della missione dell’Algeria.

Il 16 gennaio 2020 il superiore generale del Pime, d’accordo col vescovo locale, invia padre Anand Talluri e fratel Marco Monti nella città di Tozeur.

 

 

Prima Messa a Tozeur

Tozeur, domenica 12 dicembre, Santa messa. Visto che le cartoline piacciono, e che qualcuno sta pensando di venire in Tunisia, descrivo un po’ di vissuto. Questa mattina il nostro salottino è diventato la cattedrale di noi tre fedeli senza pubblico. È bello, con festoni natalizi, lumini ed elementi decorativi arabi africani, tailandesi, indiani e canti in francese, inglese e arabo con omelia che padre Anand invia anche all’unico cristiano visto ieri. I testi liturgici sono rinnovati anche qui. Di tailandese vedo gli alberelli e i soprammobili che fratel Marco ha imparato a fare in Tailandia, lavorando con disabili, e confezionando oggetti molto belli con ritagli di cartone. Di africano vedo le statuine nere del presepio. Di indiano c’è padre Anand ormai esperto in arabo. Di italiano, quello che sono io e che porto: domande, curiosità e sorpresa per tutto quello che vedo e sento.

Partecipo e concelebro attento senza distrazioni, forse perché vivendo in zona desertica anche se in una cittadina, nella preghiera sei più solo con te, essenziale, e libero da tante cose. Partecipo a questa celebrazione coi sentimenti avuti ieri. quando si è ricordata la frase del vescovo di Tunisi detta all’unico cristiano della zona: «Tu padre sei la Chiesa!». Papa Giovanni Paolo II ai vescovi del Magreb ricordava che non è importante il numero, ma essere segno. Anche qui. così, senza nulla, ma non vuoti nel cuore.

Ore 12 pranzo. Si è segno in Tunisia, ma anche con qualcosa nello stomaco. Questa volta il menu è indiano, straordinario, piccantino. Mancano le “ombre venete” (a Treviso si direbbe “prosecco”) per ora, ma non manca la convivialità che è a un buon livello. Ero già abituato in Algeria.

 

Nuove piste

Prendo dal libro “Note sulla storia della Chiesa in Algeria e Tunisia”, scritto da padre Davide Carraro, missionario del Pime ad Algeri, uno stralcio della relazione che fratel Fabio Mussi scrisse il 4 aprile 2005, alla fine di un viaggio preparatorio in Algeria. Durante questo viaggio era accompagnato da padre Miguel Larburu, l’allora vicario generale della diocesi del Sahara: «Padre Miguel dice che il Sahara è un buon fabbro, se ha in mano un materiale di buona qualità è capace di trasformarlo in un capolavoro, se invece gli capita in mano del ferro di cattiva qualità lo vede subito e lo getta via. I missionari del Sahara devono assomigliare alle dune di sabbia nel deserto: si adattano al posto, si spostano con il vento, sono sobrie e sono belle, proprio perché non hanno fronzoli inutili e sono sempre lì. In un ambiente duro e difficile, sia per il clima che per i rapporti religiosi, sociali e culturali, c’è bisogno di persone che siano capaci di sopravvivere alle tempeste e alla scarsità di alcuni elementi che si reputano essenziali. Non è facile, ma si può fare, se si è convinti e preparati a questo. Un tempo, i tuareg per spostarsi nel deserto utilizzavano solo i cammelli. Ora preferiscono i fuori strada 4×4, perché sono più veloci e più comodi. Abbiamo bisogno di comunità che, avendo capito lo spirito e la tradizione della Chiesa algerina, sappiano percorrere altre piste con dei mezzi adatti al mondo d’oggi. Ecco la vera sfida per non essere né dei nostalgici né degli ingenui, ma solo realisti». Stessa cosa per la Chiesa tunisina.

 

 

Cartoline dalla Tunisia

Partenza per Tunisi

4 dicembre 2021. Parto con fratel Marco Monti. Malpensa (MI) ore 11, arrivo a Tunisi alle 13, accolti da Padre Anand. Ospiti presso le Missionarie dell’Immacolata, senza quarantena. 5 dicembre ore 9.30 Santa Messa nella cattedrale di Tunisi.

Mi sento a casa… ma non so come. Forse per la mia “giovane età”, forse il ricordo ancora vivo dell’Algeria, forse la vicinanza del Mediterraneo che ti porta l’aria e l’umidità del mare. È scoperta di una serie di novità. Giunto ad Algeri dicevo: «Dov’è l’Africa?». Stessa domanda a Tunisi. Ma ad Algeri più Francia… di lingua, gente, monumenti. A Tunisi, messa di domenica alle 9.30 secondo la tradizione in italiano con ancora alcuni, pochi italiani.

In casa mi piace ascoltare le particolarità e le avventure linguistiche delle Suore dell’Immacolata, una italiana, l’altra indiana, di fratel Marci che fa confronti con i mondi da lui conosciuti in tante parti del pianeta, e di padre Anand, indiano, qui da cinque anni. Qui a Tunisi e al sud a Tozeur, dove resterò per tre mesi (?), stanno inserendosi nelle iniziative della diocesi e con una presenza tra gente che, a differenza in altri luoghi, come in Algeria, non ha avuto molti contatti personali con cristiani.

Ore 16, concerto di cinque corali nella parrocchia di Jeanne d’Arc. I componenti di quattro corali erano quasi tutti africani provenienti dal Sud Sahel, studenti, operai, migranti. Ne ho incontrati alcuni da Yaoundé (Camerun) e mi hanno detto il nome di qualche nostro missionario. Tra i canti della corale della scuola nazionale di musica di Tunisi, uno era l’Ave Maria. Nei canti delle cinque corali unite ho sentito le parole No’el et Venite adoremus. 

Proveniente dall’Europa, in parte ammalata e confusa, e trovandomi ora in un Paese islamico, assisto con gioia a momenti pieni di vita di popolazione africana esuberante, credente e orante. Sarà l’Africa a portarci un po’ di vita, un po’ di fede? Ambiente, questo della Tunisia, dove la presenza di cristiani contribuirà a realizzare la fraternità di popoli, tanto desiderata da Papa Francesco.

Sono solo impressioni, quelle che vivo. Ma mi resta viva la sorpresa e la domanda di Abramo: «Esci dalla tua terra e va’».  In quale esperienza nuova il Signore mi sta portando?

Cari amici, di molti di voi non ho notizie. Le mie cartoline vi interessano ancora? Presto è Natale, ci scambieremo auguri.

La “Piccola Sicilia”

6 dicembre, San Nicola. La Goulette a 15 km da Tunisi. Sceso dalla macchina, saluto una persona anziana che se ne sta appoggiata al pilastro del portico di una casa. Saputo da padre Anand che sono italiano, subito afferma: «Sono siciliano, nato qui a Tunisi. Oggi San Nicola, aspetto una signora che mi porta qualcosa».

Poi visito le suore di Madre Teresa e vedo in una stanza una vecchia cieca, seduta sul letto. La suora le dice che sono italiano. Mi vuole vicino e comincia a parlarmi. «Sono della Calabria, teste dure. Nata e rimasta qui». Mi racconta la sua vita e vorrebbe continuare, ma la suora mi chiama. «Parlerebbe tutta la giornata, qui ci sono altre poche persone italiane così». Nessuno si occupa di loro. Ricevono qualcosa dalla Caritas, vengono e restano con noi».

Poi entro in chiesa. Vedo l’altare nel fondo carico di candelabri, piccole statue, fiori e tovaglie ricamate, un pulpito in alto appoggiato a un muro come in chiese di una volta, poi attorno, altri altari e statue di San Francesco d’Assisi, Sant’Antonio di Padova, Santa Teresa del Bambino Gesù, Santa Rita e Nostra Signora di Trapani sopra un altare di marmo di Carrara e all’entrata un bel battistero in marmo. Le suore mi raccontano della devozione degli italiani.  Nel bel libro Les catholiques en Tunisie di François Dornier trovo altre notizie interessanti. Nella processione della Madonna di Trapani 12 uomini portavano attraverso la città l’insieme della statua. Tutta la gente partecipava, cristiani, musulmani, ebrei, italiani, maltesi. La banda musicale accompagnava… e poi in chiesa la messa pontificale del vescovo. Tutti restavano presenti.

In una statistica del 1885, quando erano presenti le suore di San Giuseppe, leggo: «Cinque suore si occupano di 148 bambini, dei quali 18 francesi, 71 italiani, 42 maltesi, 16 ebrei e 1 tunisino. Mi limito ad aggiungere che il prete parroco ciadiano, lazzarista, testimonia che dai registri della parrocchia risulta che la zona era chiamata e ancor oggi “Piccola Sicilia”».

Saluto il parroco e prima di partire mi fa attraversare una sala dove in un angolo rivedo l’italiano, il primo incontrato. Stava mangiando un bel piatto di spaghetti. Gli chiedo: «Sei ancora un bravo italiano?». «Sempre cristiano!», mi risponde con gioia.

Incomincio a vedere i volti di una Chiesa che, come il samaritano del Vangelo, si fa vicina e resta accanto ai resti di un popolo di un tempo che non esiste più.

Catechesi vivente

Prima di scendere nel deserto, verso Tozeur, approfitto per ascoltare esperienze, leggere scritti, testimonianze, e visitare luoghi e volti della Tunisia. Prendo e traduco dalla presentazione del libro di Silvio Moreno “Une catechese vivante”: «La Tunisia oggi è il deposito più importante di espressione artistica e la regione la più ricca di mosaici… L’archeologia e l’arte cristiana del Museo nazionale del Bardo gli danno certamente un prestigio particolare tra i capolavori del mondo cristiano. Abbiamo la fortuna di vivere in un paese carico di lunga e ricca tradizione cristiana e di appartenere a una Chiesa che risale alle origini perché si è piantata qui nei primi secoli della nostra era. Sono convinto che riscoprire la Tunisia cristiana… è pure compiere un esercizio di memoria sul passato per ritrovare le sue radici e mettere in evidenza la sua storia per poi preparare l’avvenire».

E prendo ancora dalla conclusione del libro: «La storia ci ha sempre ricordato che la Chiesa è ricorsa lungo i due millenni a numerose espressioni di bellezza e che ha sviluppato, ispirato, e accompagnato l’arte e gli artisti nell’architettura, scultura, pittura, letteratura, ecc. Il santo Giovanni Paolo II scrisse agli artisti nel 1999: “Oggi, l’umanità potrebbe disporre di un così vasto patrimonio artistico e culturale se la comunità cristiana non avesse sostenuto la creatività di numerosi artisti…?».

Terra di pace e convivenza tra le fedi

Mercoledì 8 dicembre. Faccio visita all’arcivescovo di Tunisi, Ilario Antoniazzi. Incontro fraterno anche perché siamo conterranei. Respiro un’aria di attesa natalizia, di speranza in un avvenire di apertura. Lo colgo anche in un articolo del 27 ottobre.

«La Tunisia è una terra di pace e convivenza tra le religioni, con l’auspicio che il resto del mondo possa seguire il suo esempio». Lo hanno detto il rabbino capo di Tunisi, Haim Bittan, e l’arcivescovo Ilario Antoniazzi, al Museo del Bardo durante una giornata di studi organizzata dal ministero tunisino degli Affari religiosi dal tema “Religioni, simbolo della coesistenza e battaglia contro l’estremismo”. I lavori, che hanno interessato anche imam e vari esperti religiosi hanno toccato molte altre questioni come “pluralismo e libertà religiosa: realtà e legislazione”, “diritto al pluralismo e al diritto di essere diversi”, “ruolo dei media, imam e persone religiose nella diffusione una cultura e diversità plurale” e “religione e consapevolezza”. Nell’occasione, il rabbino capo di Tunisi ha detto di essere pienamente soddisfatto di vivere in un Paese in cui le religioni coesistono in un clima di tolleranza e fraternità. L’arcivescovo di Tunisi ha dichiarato di essere grato per lo spirito prevalente in Tunisia e ha incoraggiato la coesistenza tra le religioni, sottolineando che i cristiani riconoscono il rispetto che governo e la popolazione nutrono nei loro confronti e della loro religione.

Il ministro tunisino degli Affari religiosi, Ahmed Adhoum, ha dichiarato che l’organizzazione di questa giornata di studio rientra nella strategia del governo di lotta al terrorismo e all’estremismo. «Sebbene i musulmani rappresentino la grandissima maggioranza della popolazione in Tunisia, questo non impedisce al ministero degli Affari religiosi di proteggere le altre confessioni religiose in Tunisia, come quella cristiana e ebraica, come recita la Costituzione», ha dichiarato Ahmed Adhoum. (ANSAmed).

Gafsa città fondata da un dio libico

11 dicembre. A 90 Km a Nord-est di Tozeur che dista da Tunisi 450 km ed è nel deserto, c’è Gafsa, una delle più antiche città della Tunisia, ricca di molte sorgenti che danno acqua potabile e rendono florida un’oasi. Del tempo romano si vedono i resti di un Tempio delle acque chiamato semplicemente Piscine Romane e nel museo vicino si vedono i mosaici riportati protetti e scritte latine. Impressiona vedere sin dove erano arrivati i romani e dove per un certo tempo la regione ha vissuto anche il cristianesimo. Ma il vero motivo del viaggio è stato di visitare l’unico cristiano della zona, ora ammalato. Ero commosso nel vedere come gli parlava il mio giovane confratello indiano, padre Anand, e la gioia del tunisino di sentirsi per un momento accanto a cristiani e di poter anche pregare insieme. Emozione straordinaria per me è stata quando padre Anand gli ripeteva quello che il vescovo di Tunisi un giorno gli aveva detto: «Tu padre qui sei la Chiesa!». Commovente anche il racconto della sua vita ricca di fede di preghiera e di serenità anche nella malattia.

Ho trovato in un articolo questa serie di intenzioni di preghiere che potremmo recitare anche noi.

Vi sono molti credenti soli in Tunisia. Pregate perché possano conoscere altri credenti che vivono vicino a loro, al fine d’incontrarsi e pregare per una solida e fruttuosa amicizia.

Pregate che la luce, la pace e l’amore di Cristo superino lo spirito di intimidazione e di paura che molti credenti tunisini avvertono. Pregate che i cristiani tunisini continuino a pregare nello Spirito per mantenere le loro menti libere da paura, intimidazione e confusione.

Pregate perché le donne credenti in Tunisia lottino per superare i loro traumi. Pregate che Dio le benedica. Pregate che trovino in Cristo sicurezza e aiuto.

Pregate per il presidente della Tunisia. Pregate che porti nuova libertà per i cristiani mentre è in carica.