Distruggere i monumenti è distruggere un popolo

Rolla Scolari, nella rivista Oasis (Anno XII- n.23), traduce e presenta quanto Christian Sahner scrive nel suo libro Among the ruins (Hurst & Company). Sahner è studioso di storia bizantina, araba e islamica a Princeton. Il libro è una avvincente e facile introduzione alla storia siriana: l’avvento dell’islam, i cristiani rimasti maggioranza per secoli, ascesa al potere della minoranza alawita, il consolidarsi dell’ideologia baathista, la guerra di oggi. Vi si sente la passione dell’autore per un passato contenuto nelle mura di decine di chiese, moschee, palazzi mausolei… molti dei quali oggi sono stati distrutti o dissacrati dalla furia del conflitto.

Sahner lamenta: «La perdita di questa eredità culturale è una tragedia non soltanto in termini assoluti. Significa anche depredare la Siria del suo legame con un passato poliedrico e variegato. In realtà, quando si distruggono i monumenti di un popolo e la loro testimonianza materiale, si distruggono i popoli stessi. Quanto è più difficile ricostruire un Paese quando i suoi simboli più importanti sono scomparsi per sempre?».

Giovanni Paolo II disse: «Sia i musulmani sia i cristiani hanno cari i loro luoghi di preghiera, come oasi in cui incontrano il Dio Misericordioso lungo il cammino della vita eterna, e i loro fratelli e le loro sorelle nel vincolo della religione».

 

Rania e l’identità di Charles de Foucauld

Il 17 settembre scorso, Claude Rault, vescovo del deserto dell’Algeria, ha celebrato il centenario della morte del Beato a Strasburgo, luogo della sua nascita. Tutto il discorso è sul filo di questa frase pronunciata da Rania, donna musulmana: «Era un uomo che aveva tutto e che lasciò tutto per avere ciò che non aveva».

«Rania, giovane donna musulmana di 32 anni, è deceduta trasportata dalla corrente improvvisa di un oued a Tamanrasset. Da alcuni anni era stretta collaboratrice del Piccolo Fratello Antonio Chatelard, negli studi su Charles de Foucauld. Accompagnava i gruppi di turisti soprattutto a visitare il Bordj, dove è stato ucciso Charles de Foucauld. Era presente a Roma alla beatificazione e ha dato una lunga testimonianza che ci aiuta a capire il cammino di una musulmana sui passi di De Foucauld».

Eccone alcuni stralci:
«I visitatori, anche musulmani, mi chiedevano il perché del mio studio, lavoro, accompagnamento di fratel Charles. Mentre cercavo di capire, mi accorgevo che stavo cercando di capire me stessa.
Lessi la sua ricerca nei momenti più difficili della sua vita e il suo sforzo per uscirne. C’è voluto del tempo. Non è stato facile. Avevo paura di perdere la mia identità e le mie radici. Mi sembrava di trovarmi in un crocevia di separazione. Al contrario lo vivo come un crocevia di incontro e di comunione. Attraverso lì, ho scoperto quanto c’è in me di ricco e di unico, senza aver perso la mia identità. Cammino sugli stessi passi di Fr Charles e trovo la forza di vivere il mio cammino senza paura».

Mons. Claude Rault presenta invece il Beato Charles de Foucauld in questo modo: «Aveva tutto per riuscire nella bella carriera militare. Ma lascia la vita militare per indisciplina. Studia l’arabo e lo yddish e vive una spedizione in Marocco come un pellegrino ebreo. Scrive la sua esplorazione in Marocco e diventa celebre. Ma non è quello che cerca.

Nei suoi viaggi scopre uomini che hanno la fede, musulmani che hanno fiducia in Dio, che pregano e hanno un senso della loro vita. Ne è scosso perché non ha la fede. Si trova in ginocchio nel confessionale di una chiesa di Parigi davanti a un prete, Huvelin, che non lo lascerà più. Pensa di avere ciò che non aveva, ma questo sarà solo al termine di una lunga ricerca. Comincia un interminabile viaggio spirituale, prima a Nazareth, poi in un monastero che però trova ricco. Eccolo ora in un altro monastero, fa i voti religiosi, gli studi teologici, è ordinato prete. Crede di aver trovato.

Gli manca di raggiungere i più lontani, i più poveri, i più isolati. Nel 1901 è a Beni Abbes, monaco, cappellano dei militari, difensore accanito degli schiavi. Ma non basta. Bisogna andare più lontano. Eccolo a l’Hoggar nel 1905 a Tamanrasset, solo… in mezzo a un piccolo villaggio tuareg. Si stabilisce, vuole diventare uno di loro e ne studia la lingua. Prega, lavora duro, cerca l’ultimo posto. Durante una carestia dona tutto, attende la morte. Nel 1908 i suoi amici poveri lo guariscono portandogli il latte di capra. La sua vita cambia e capisce che deve lasciare agli altri la gioia di dare. Sono i poveri che lo salvano.

Ora lascia la presa. Conosce la gioia dell’abbandono, essere se stesso, lavorare, pregare, vivere in mezzo a quel popolo, accogliere…. e soprattutto prepararsi a seguire il cammino del suo Beneamato Fratello e Signore Gesù. Viene ucciso il primo dicembre 1916 davanti al suo Bordj che non l’ha protetto, tradito da uno dei suoi vicini, come il suo Signore. Grano steso per terra che muore per portare frutto.

Quello che non aveva ora gli viene dato: è la scoperta del volto di Gesù, il Beneamato Signore e Fratello che non  smise mai di cercare per esser finalmente con lui».

È commovente pensare che una musulmana abbia saputo trovare il filo di una vita così straordinaria.  Cristianesimo e islam, se si ascoltano, possono capirsi bene.

Tutto sui migranti

Se ne parla tanto e spesso senza sapere qual è la verità. Migranti liberi o forzati? Giovani e/o vecchi? Tanti e/o pochi? Buoni e/o cattivi? Tanti/e nella tratta sessuale? Rubano il lavoro agli italiani? Vanno a scuola fino a quale classe? Vicini, sembriamo uguali? Tutti delinquenti? I rifugiati sono un’emergenza? Mamma li turchi? Quale posto della politica?

A queste domande rispondono due professori dell’università di Padova, Stefano Allievi e Giampiero Dalla Zuanna, nel piccolo libro Tutto quello che non vi hanno mai detto sull’immigrazione (Editori Laterza).

È necessario avere chiarezza di vedute per non trovarci a subire trasformazioni nella società. Nel libro leggiamo: «C’è bisogno di sguardi fermi, di intelligenze vive, di principi solidi e di fantasia… L’orizzonte storico in cui ci collochiamo è quello di ulteriori gigantesche trasformazioni… delle nostre società, all’interno delle quali si collocano anche le crescenti mobilità umane, nelle varie direzioni, che probabilmente tenderanno ad aumentare ulteriormente. Ci sono ottime ragioni per guardare ad esse con il dovuto realismo, le necessarie cautele, valutandone gli inevitabili costi, ma anche cogliendo le ragionevoli opportunità e forse le speranze che queste prospettive offrono».

Anche la rivista “Mondo e Missione” del Pime segue costantemente la realtà dei migranti. Nel numero di maggio 2016, la rivista ha aderito alla Campagna “Italiani subito”, per chiedere che agli immigrati di seconda generazione, nati e cresciuti in Italia, sia riconosciuto il diritto di cittadinanza. Lo sostengono le riviste missionarie e le associazioni per i diritti dei migranti. Che chiedono sia presentato quanto prima al Senato, per la sua definitiva approvazione, il disegno di legge sullo “ius soli”.

Accompagniamo Papa Francesco ad Assisi

Papa Francesco ritorna ad Assisi, capitale della pace e del dialogo. Egli vi ritorna «con la forza debole della preghiera perché la preghiera prevalga di fronte alla prepotenza delle armi». Incontrerà 511 leader religiosi, riuniti dal 18 al 20 settembre al meeting “Sete di pace. Religioni e culture in dialogo”.

Ogni fede porterà ad Assisi il cuore della sua spiritualità. Fu Papa Wojtila ad avere l’intuizione di invitare a pregare in questa cittadina rappresentanti di varie religioni «perché è evidente il legame intrinseco tra un atteggiamento autenticamente religioso e il grande bene della pace».

Saranno vicini a Papa Francesco Bartolomeo I, patriarca di Constantinipoli, Justin Welby, arcivescovo di Canterbury, Efrem II, patriarca siro-ortodosso di Antiochia e alcuni leader musulmani ed ebrei.

È bello ricordare quanto scrisse il cardinale Roger Etchegaray in quel 1986: «Quando, alla fine di una grigia mattinata, l’arcobaleno è apparso nel cielo di Assisi, i capi religiosi riuniti dall’audacia profetica di uno di essi, Giovanni Paolo II, vi hanno scorto un richiamo pressante alla vita fraterna: nessuno poteva più dubitare che la preghiera avesse provocato quel segno manifesto dell’intesa tra Dio e i discendenti di Noè. Nella cattedrale di San Rufino, quando i responsabili delle Chiese cristiane si sono scambiati la pace, ho visto le lacrime su certi volti e non dei meno importanti».

Accompagniamo Papa Francesco. «Costruiamo ogni giorno con la forza della preghiera lo Spirito di Assisi, spirito di San Francesco, spirito evangelico».

Oltre le religioni

Mi ci è voluto del coraggio, poi premiato dalla gioia della novità, per leggere il libro Oltre le religioni (Gabrielli Editori). Gli autori, tra i più prestigiosi, brillanti e amati della nuova teologia di frontiera, così presentano le loro tesi.

John Shelby Spong, vescovo episcopaliano : «Non possiamo più percepire Dio in modo credibile come un essere dal potere soprannaturale, che vive nell’alto dei cieli. Dobbiamo trovare un nuovo modo di concettualizzare Dio e di parlarne».

Maria Lopez Vigil, giornalista cubano-nicaraguense : «Quando nessuna persona è sacra, tutte le persone diventano sacre. Quando nessun luogo è sacro, vedo nella Natura intera il sacro tempio di Dio. Anche questo ce lo ha insegnato Gesù».

Rogers Lenaers, gesuita belga: «Siamo parte di un cosmo che è l’autoespressione, in continuo movimento evolutivo, dello Spirito creativo, che è Amore. Questo Amore assoluto non abita in cielo, ma nel cuore di tutto ciò che esiste».

José Maria Vigil, clarettiano spagnolo: «Le religioni dovranno concentrarsi sul compito essenziale, che non cambierà: aiutare l’essere umano a sopravvivere diventando sempre più umano».

Marcelo Barros, monaco benedettino, nella presentazione del libro scrive: «Lo sforzo di esprimere la fede in accordo con le culture attuali permetterà di vivere in maniera più profonda la proposta di papa Francesco di una “Chiesa in uscita”. Nell’Italia di alcuni anni fa, figure come quelle di Tonino Bello, Ernesto Balducci, David Maria Turoldo, Adriana Zarri e anche del cardinale Carlo Maria Martini hanno cercato, ciascuna a modo suo, di rispondere a queste sfide. (…) Si tratta di processi interiori o spirituali intesi come cammini di fede e di amore».