Papa Francesco a Ginevra

Il Pontefice a Ginevra, per un “pellegrinaggio ecumenico” del 21 giugno 2018, ricorda che i cristiani devono seguire la «via della comunione che conduce alla pace». E aggiunge: «No a divisioni e guerre, scegliere unità… Il mondo dilaniato da divisioni invoca unità». «Guardiamo anche a tanti nostri fratelli e sorelle che in varie parti del mondo, specialmente in Medio Oriente, soffrono perché sono cristiani. Stiamo loro vicini. E ricordiamo che il nostro cammino ecumenico è preceduto e accompagnato da un ecumenismo già realizzato, l’ecumenismo del sangue, che ci esorta ad andare avanti. Incoraggiamoci a superare la tentazione di assolutizzare determinati paradigmi culturali e di farci assorbire da interessi di parte. Aiutiamo gli uomini di buona volontà a dare maggior spazio a situazioni e vicende che riguardano tanta parte dell’umanità, ma che occupano un posto troppo marginale nella grande informazione. Non possiamo disinteressarci, e c’è da inquietarsi quando alcuni cristiani si mostrano indifferenti nei confronti di chi è disagiato. Ancora più triste è la convinzione di quanti ritengono i propri benefici puri segni di predilezione divina, anziché chiamata a servire responsabilmente la famiglia umana e a custodire il creato. Sull’amore per il prossimo, per ogni prossimo, il Signore, Buon Samaritano dell’umanità, ci interpellerà. Chiediamoci allora: che cosa possiamo fare insieme? Se un servizio è possibile, perché non progettarlo e compierlo insieme, cominciando a sperimentare una fraternità più intensa nell’esercizio della carità concreta?».

 

 

Nuovo clima ecumenico a Ginevra

Andando a Ginevra, giovedì prossimo, per il 70° anniversario del Consiglio ecumenico delle Chiese, Papa Francesco troverà un nuovo clima. Leggo in “Avvenire” del 19 giugno l’intervista di Stefania Falasca al vescovo Farrel, leader del gruppo di lavoro, che dice: «La collaborazione tra la Chiesa cattolica e il consiglio ecumenico è cresciuto e affrontiamo insieme molte situazioni del mondo d’oggi. C’è un clima di maggiore cooperazione… di camminare, pregare, lavorare insieme. E la cooperazione continuerà a Roma dal 12 al 15 settembre prossimo nella conferenza su “Migrazione, Xenofobia e Populismo”». Nell’intervista e nell’ambiente di preparazione si risentono accenti, desideri, volontà che ricordano e fanno pensare a quanto il santo Papa Giovanni aveva iniziato e acceso. Ci fa bene ed è incoraggiante rileggere le testimonianze di quel momento che spiegano il clima d’oggi.

Alla morte di Papa Giovanni, l’anglicano dott. Ramsey disse: «Con la freschezza delle sue vedute, la semplicità della sua devozione a Dio e il suo interesse per l’unità di tutti i cristiani, Papa Giovanni ha prodotto un urto costruttivo sulla storia del nostro tempo, egli è di quelli che vivono e muoiono vicinissimi a Dio e bruciano come il fuoco della carità divina che li riempie». Lord Fisher, arcivescovo di Canterbury, visitò il Papa nel dicembre 1960 e testimoniò: «Ha scosso la sua Chiesa e tutte le Chiese. Ancorché separate egli è riuscito a convincerle che sono fratelli nella Chiesa di Cristo e devono quindi intrattenere rapporti di buon vicinato. Ha acceso una luce che non si spegnerà». Il pastore Clark Fry ha detto ch’egli «loda Dio che ha donato questo Papa. I cuori dei cristiani di tutte le confessioni sono uniti ad un punto mai raggiunto da parecchi secoli, davanti al Papa dell’unità, universalmente stimato e amato… Avremmo voluto che i suoi giorni si prolungassero spalancando le porte della mutua comprensione, fondendo gli antagonismi che hanno separato i fratelli in Cristo… Preghiamo perché l’amore del suo spirito non si raffreddi e le dimensioni delle sue vedute non si restringano».  Secondo il pastore Westphal «il suo rifiuto d’indurimento che aggravano le divisioni, la sua volontà di rendere possibile un vero dialogo e relazioni nuove con le Chiese non romane, la sua grande preoccupazione di rinnovamento della Chiesa e d’apertura al mondo e la sua passione della pace e dell’unità, ci hanno riempiti di rispetto e di riconoscenza». Il priore di Taizé, Roger Schutz diceva: «Sperava contro ogni speranza, ha avviato un processo di riconciliazione». Infine, il pastore M. Boegner: «La sua preoccupazione di non dire nulla che potesse ferire i suoi “fratelli separati”, c’impose a tutti la convinzione che tra ciascuno di noi e il sovrano pontefice della Chiesa cattolica, s’era stabilita una vivente comunione di fede, di speranza e di amore. (…) Abbiamo la certezza che qualcosa d’irreversibile è stato compiuto».

Accompagniamo Papa Francesco col cuore in preghiera, nella fiducia e con gli stessi sentimenti di tanti, un tempo “fratelli separati”, ora sentendosi uniti dallo Spirito Santo.

Pime, una grande famiglia. Qui e in Cielo

Il  13 giugno 2018, nella nostra casa di Rancio di Lecco, abbiamo salutato padre Luciano Lazzeri che fu padre spirituale nel nostro seminario di Milano. Venuto da Hong Kong, l’ho avuto vicino per alcuni anni e quindi ho usufruito della sua saggezza e del suo fraterno aiuto. Oltre ai parenti, erano presenti alcuni sacerdoti, il parroco di Bogliasco (Genova) dove padre Lazzeri aveva prestato servizio per vent’ anni, un suo compagno di seminario di Como, don Donato di Isolaccia, padre Sergio Fossati e padre Achille Boccia del Pime, anche loro della comunità di Genova Nervi. La cerimonia è stata molto semplice. Dopo la Messa il suo corpo è stato portato a Isolaccia dove riposerà con la sua gente.

Trovandomi ora a Sotto il Monte, non manco di partecipare alle esequie dei nostri missionari e vivo sempre un bel momento di preghiera della famiglia del Pime. A volte è un confratello col quale ho lavorato da vicino, come il padre Angelo Rusconi, padre spirituale del seminario; a volte si tratta di qualche anziano conosciuto da giovane seminarista, come il padre Redaelli; o di qualche conterraneo di Treviso, come il fratello Francesco Sartori.

Oltre al rapporto coi defunti, durante le esequie avvengono incontri coi confratelli di Rancio e delle nostre case vicine che vi partecipano. Il saluto del Superiore generale, presente o rappresentato da qualcuno o con uno suo scritto, fa sentire che si è membri di una famiglia. La presenza poi dei parenti e dei sacerdoti amici del missionario, realizza l’ampiezza della famiglia del Pime, unita nello spirito missionario, ritenuto e vissuto come dono di Dio. Ognuno di noi coglie il momento alla sua maniera.

Mi piace sentire crescere in me il legame vissuto sulla terra e che continuerà in Paradiso. Papa Benedetto, ai bambini di Milano che gli avevano chiesto come pensava il Paradiso, ha risposto: «Con la mia famiglia ho vissuto un’infanzia bellissima. In Paradiso sarà ancora così».

Il cardinale Carlo Maria Martini ha ricordato che Jacques Maritain descriveva con semplicità e profondità la misteriosa e tenera relazione che unisce ciascuno di noi con i membri della Chiesa che ci hanno preceduto nel Regno eterno. Coloro che stanno presso Dio non cessano di interessarsi delle realtà per le quali si sono spesi nella vita terrena e che ora contemplano nella luce di Dio. Con loro possiamo entrare in conversazione, confidando ciò che ci sta a cuore e che anch’essi ebbero a cuore, per cui lavorarono e soffrirono».

Il Pime è già una grande famiglia in Cielo. Manteniamo vivo il ricordo di tanti per poter poi vivere altrettanti incontri felici in Cielo.

 

 

Sentiamo una nostalgia tremenda di condividere

Nel quotidiano “L’eco di Bergamo” dell’ 8 giugno, leggiamo che il cardinale Angelo Scola a sindaci, amministratori e politici  riuniti a Sotto il Monte davanti a Papa Giovanni, ha detto: «Il lavoro di ricezione del Concilio Vaticano II sarà ancora lungo».

Andrea Valesini, direttore del giornale, gli domanda : «Nelle encicliche del Papa, c’è anche un’idea di bene comune attualissimo. Che compito ha oggi la politica nella ricostruzione di un senso di comunità?». Il cardinale risponde : «Oggi assistiamo a una involuzione in questo campo. Per questo scopo rifarsi alla figura e all’insegnamento di Papa Giovanni è un’ottima garanzia».

Nella stessa pagina del giornale, don Gianni Gualini immagina che Papa Giovanni  rivolga delle domande alla sua gente, per esempio: «Vivete in pace tra voi?». E don Gianni, a nome della gente  risponde : «Sentiamo una nostalgia tremenda di avere qualcosa di grande da condividere e per cui darci da fare». Poi si rivolge al Papa e gli dice: «Siamo contenti del tuo ritorno. Esso ci aiuta a ritrovare… la strada del Vangelo  di Gesù, di cui il tuo volto ne è il riflesso».

Il Concilio e Papa Giovanni ci aiutano a ritrovare la strada del Vangelo a condizione che lo vogliamo. La nostalgia ci deve portare a prendere sul serio i valori ricordati da Scola nelle encicliche del Papa intorno a quattro cardini : verità, giustizia, amore e libertà.

Nostalgia di condividere domanda di  mantenere il cuore, la porta di casa, il volto aperti a tutti come ha fatto Papa Giovanni che salutando i cattolici Bulgari, ricordava la tradizione irlandese di mettere alla finestra delle case una candela accesa la notte di Natale, in ricordo di Giuseppe e Maria che cercavano un alloggio, e diceva: «Ovunque io sia, anche in capo al mondo, se un bulgaro passerà davanti alla mia casa troverà sempre alla finestra una candela accesa. Potrà battere alla mia porta… sia cattolico o ortodosso, troverà nella mia casa la più calda e la più affettuosa ospitalità».