Vita missionaria in Tunisia

Terminati i tre mesi in Tunisia con i confratelli fatel Marco e padre Anand, sto pensando ad alcune note di vita missionaria vissute in una situazione in via di sviluppo, dato che siamo ancora agli inizi.

Essendo stato per dieci anni in Algeria a Toggourt, cittadina-oasi del Sud e nel vero deserto, mi son trovato in Tunisia ad osservare, ascoltare le novità che vedevo, ma anche a ridare un senso a ciò che è importante, essenziale. A Tozeur, in un semplice appartamento in zona periferica e silenziosa con poco movimento di macchine e di persone, la vita è tranquilla e i momenti di comunità erano veri momenti di comunità, quelli della preghiera di vera preghiera. Vi si dedica il tempo necessario, si orna l’ambiente con piccole luci e fiori, la liturgia, ben preparata da padre Anand e fedele alle norme, tutto ti fa sentire che sei Chiesa in preghiera e sei in comunione con tutta la Chiesa. Preghiera non solo come adempienza di un dovere, ma momento di vita. Nell’incontro con Dio, la persona in relazione cresce negli elementi che formano umanità e spiritualità, libera e disposta a incontrare e a vedere come desidera Dio, a vivere umile e povera come lo è stato Gesù.

Questo della preghiera è il primo obiettivo da vivere sia come elemento di base di vita missionaria sia come elemento di relazione con ogni persona nel suo profondo religioso.

La gente la incontri al mercato, negli uffici della polizia o dove si pagano le tasse, dove si domandano biglietti d’ingresso o i permessi necessari. Si vivono incontri con persone residenti a Tozeur o nei dintorni, per motivi di lavoro o missionari o persone che operano nei servizi diocesani a Tunisi. Ormai le relazioni all’interno del Paese sono molteplici e la nostra presenza è conosciuta, rispettata e apprezzata.

L’incontro e l’accoglienza consolidano contatti di amicizia e di unità in un Paese già aperto e sensibile alle relazioni umane. Incontrare e mettersi in relazione di convivenza e dialogo è il secondo aspetto vitale della missione.

Nostra caratteristica del Pime è lo studio della lingua e della cultura del popolo col quale si vive. Ogni età lo permette, anche se con qualche fatica. Corsi di arabo in casa col computer e fuori casa. Si resta lontani se non si riesce a entrare nella logica e nelle espressioni della lingua e se non si fa sentire che si fa parte, si diventa membri della stessa famiglia e società.

Fedeli ai gusti culinari dei nostri Paesi di origine, ma coi prodotti che si trovano, per curare una buona salute, si sa anche apprezzare le specialità del luogo e non avendo personale di servizio e dovendo anche lavorare in cucina, si può approfittare per entrare nei ristoranti vicini e passare qualche ora con persone amiche o di passaggio. Il conto è modesto. Mons. Tessier diceva che si ama l’Algeria anche con la sua cucina.

Dal punto di vista turistico la zona è eccezionale: montagne, deserto, laghi di sale, palmeti, chilometrici di datteri… Il cuore è aperto a lodare il Signore per le sue meraviglie. Aria pulita, sole cocente, dromedari, capre, pecore e uccelli che arrivano al davanzale vicino alla cucina, per fischiettare attendendo i doni di fratel Marco che risponde a sua volta fischiettando lui, contento che «si è missionari laddove i superiori inviano senza se e senza ma, e soprattutto senza nostalgie». L’amore della natura fa gioire, sorridere e contemplare.

La Tunisia è ricca di resti archeologici, punici, romani, bizantini, arabi e cristiani. Quando il turismo ritornerà, è da augurarsi che si trasformi in pellegrinaggi di vario interesse culturale e religioso, per risentire i valori che quelle pietre e quei luoghi ricordano. I cristiani pregheranno, sentendo vicini i martiri e i santi. I pellegrinaggi potranno impegnare anche i missionari quando saranno ben organizzati, ma lasciandoli anche liberi di svolgere il loro servizio.
 

 

 

 

Cartagine

Il 24 febbraio, arrivo a Cartagine.  Fondata nel IX secolo a.C. sulle sponde dell’odierno Golfo di Tunisi come scalo commerciale fenicio, Cartagine crebbe rapidamente in popolazione ed importanza fino a rendersi infine indipendente dalla madrepatria, e giungendo ad esercitare notevole influenza e controllo sul Mediterraneo occidentale e sul mar Tirreno. A partire dal III secolo a.C. si pose in contrasto con Roma, che le disputava il controllo sulla Sicilia, il dominio dei mari e che in generale vedeva nella città punica una minaccia per la sua crescente egemonia e per la sua stessa sopravvivenza. Divenne la seconda Roma. Nel 698 d.C., fu occupata dagli Omayyadi, che di fatto la spopolarono lasciando al suo posto solo un presidio militare, mettendo così fine alla sua storia. I suoi resti archeologici si trovano oggi all’interno del territorio della moderna Cartagine, città tunisina situata a 16 chilometri a nord-est. Visitarla è interessante e commovente soprattutto per chi è appassionato di storia. Maestosa sulla sommità della collina di Byrsa, la cattedrale cattolica costruita su un grande tempio romano, ora non più adibita al culto, ma utilizzata come sala da concerto …Vi rivedi dappertutto resti della grande città, anche i segni del grande incendio, delenda cartago, voluto da Scipione Emiliano. Ville romane, e luoghi di culto, divertimento, sport, cultura come il Ginnasio, la Biblioteca… Ho dedicato il tempo che avevo, per visitare l’anfiteatro, scendere nei luoghi degli animali feroci e dei gladiatori e pregare nella cappella dedicata ai martiri. Poi il momento più intenso è stato avvicinarmi alla spiaggia e osservare dove Sant’Agostino prese la nave per partire per l’Italia e il luogo dove Monica, la madre di tante lacrime, rimase la notte a pregare.

L’anfiteatro

Celebrato come uno dei più maestosi del mondo romano, l’anfiteatro di Cartagine venne costruito fin dalla fondazione della colonia romana, famoso fino ai confini dell’impero per le corse dei cavalli e i combattimenti di belve e gladiatori, e si tramanda che divenne luogo di martirio per migliaia di cristiani. Poteva contenere circa 36.000 spettatori. L’anfiteatro venne proibito e chiuso, non tanto per la effettiva crudeltà dei suoi spettacoli, quanto per la peccaminosità del divertimento. Agostino dichiara che fu la lussuria a spingere l’edificazione dei luoghi di spettacolo, tanto è vero che prima degli anfiteatri vennero chiusi i teatri, considerati luoghi demoniaci.

Nel centro dell’arena, fu innalzata una cappella dai Padri Bianchi con una colonna (in realtà bizantina) in memoria delle martiri Perpetua e Felicita gettate in pasto alle belve in quest’anfiteatro per essersi rifiutate di rinunciare alla fede cristiana.

In preghiera, ricordando non solo i martiri cristiani, ma anche quanti vi hanno sofferto, ho espresso il desiderio che quei luoghi facciano vivere ai residenti di Cartagine e ai pellegrini di tutto il mondo, momenti di storia, cultura, fede, fraternità e si ritorni tutti a pregare il Signore col cuore libero e gioioso.

 

Visita a Sbeitla sulle orme dei primi cristiani

Ieri, 23 febbraio 2022, ho lasciato Tozeur verso Tunisi per ritornare in Italia. Lungo la strada, mi son fermato a Sbeitla (Sufetula) e visitato il sito archeologico dove si trovano le rovine della città romana e conservati i resti di importanti monumenti pubblici. Ho voluto dedicare del tempo e pregare, osservando due luoghi: i resti della chiesa dei Santi Gervasio, Protasio e il Battistero di Sbeitla.

Visitando la chiesa, mi ha sorpreso il ricordo de santi Gervasio e Protaso perché a Milano, noi del Pime siamo vicini alla parrocchia a loro dedicata. Noto allora il legame che la Chiesa di Tunisia del V-VI secolo d.C. teneva ancora vivo coi martiri e questo dimostra che tale ricordo era vissuto per secoli dalle Chiese e ritenuto nota vitale importante. Paolino di MIlano, segretario e biografo di Ambrogio, narrava che i due corpi furono riconosciuti grazie a una rivelazione che ebbe lo stesso Ambrogio.

Il Fonte battesimale del V-VI secolo d.C. a fianco di una basilica. Prima di questa epoca, intorno al 200, i cristiani celebravano il battesimo all’interno di alcune case scelte e adibite al culto. All’interno di queste domus ecclesiae uno spazio veniva riservato alla celebrazione del battesimo con la costruzione di una vasca, dove l’acqua doveva continuare a scorrere per perpetuare la memoria del Giordano. Osservando ora la vasca del battistero, capisci il suo significato simbolico del battesimo. Orientato lungo l’asse est-ovest come le basiliche. I tre scalini indicano i tre giorni che Gesù trascorse nel sepolcro (la vasca indica infatti anche la tomba). Il catecumeno entrava da Occidente (il mondo delle tenebre) e saliva a Oriente.  Testimonianza del rito battesimale per immersione totale praticato agli adulti, segno della conversione al cristianesimo. Dopo i primissimi secoli, il battistero era costruito a fianco di una basilica o cattedrale come quello di Sbeitla.

Splendida Tunisia con i suoi meravigliosi siti archeologici che mantengono elementi ancora vivi di storia, di cultura, di fede cristiana.

 

Tunisia terra di pace e convivenza tra le fedi

«La Tunisia è una terra di pace e convivenza tra le religioni, con l’auspicio che il resto del mondo possa seguire il suo esempio». Lo hanno detto il rabbino capo di Tunisi, Haim Bittan, e l’arcivescovo di Tunisi, Ilario Antoniazzi, al Museo del Bardo durante una giornata di studi organizzata dal ministero tunisino degli Affari religiosi dal tema “Religioni, simbolo della coesistenza e battaglia contro l’estremismo” nell’ottobre del 2020. I lavori, che hanno interessato anche imam e vari esperti religiosi hanno toccato molte altre questioni come ‘pluralismo e libertà religiosa: realtà e legislazione’, ‘diritto al pluralismo e al diritto di essere diversi’, ‘ruolo dei media, imam e persone religiose nella diffusione una cultura e diversità plurale’ e ‘religione e consapevolezza’. Nell’occasione, il rabbino capo di Tunisi ha detto di essere pienamente soddisfatto di vivere in un Paese in cui le religioni coesistono in un clima di tolleranza e fraternità. Bittan ha giustificato l’assenza di ebrei dalla scena politica e culturale, con l’esiguo numero di ebrei presenti in Tunisia, al massimo 1.500 persone, la maggior parte delle quali all’isola di Djerba. L’arcivescovo di Tunisi ha dichiarato di essere grato per lo spirito prevalente in Tunisia e incoraggiato la coesistenza tra le religioni, sottolineando che i cristiani in Tunisia riconoscono il rispetto che governo e popolazione nutrono nei confronti dei cristiani e della loro religione.

Il ministro tunisino degli Affari religiosi, Ahmed Adhoum, ha dichiarato che l’organizzazione di questa giornata di studio rientra nella strategia del governo nella lotta al terrorismo e all’estremismo. “Sebbene i musulmani rappresentino la grandissima maggioranza della popolazione in Tunisia, questo non impedisce al ministero degli Affari religiosi di proteggere le altre confessioni religiose in Tunisia, come quella cristiana e ebraica, come recita la Costituzione”, ha dichiarato Ahmed Adhoum. (ANSAmed, TUNISI, 27 OTT, 2020).

Marius Garau: La rosa dell’imam

Marius Garau, prete di origine sarda, ma nato in Tunisia Infermiere, forgiato dalle radici mediterranee di una povera e semplice famiglia italiana. Parlava perfettamente la lingua del paese che gli ha permesso di essere di “questo” popolo, uomo di ascolto, in umiltà.  Ha saputo vivere una grande storia di fratellanza con l’Imam della grande moschea di Gafsa che lo considerava un vero fratello.

Si Alì Mehrez, imam della grande moschea di Gafsa: sono questi, stavolta, i protagonisti delle nostre pagine, sui quali ci soffermiamo prendendo lo spunto dal piccolo testo cui è stato affidato il loro vibrante incontro spirituale , avvenuto nel sud della Tunisia. Marius, nato in terra musulmana, si trovò subito immerso in un contesto pluralista con la specificità della propria fede, già a partire  dalla frequentazione delle scuole elementari ; Si Alì, invece , «tanto modesto quanto profondo», nel1961 fu scelto a diventare imam a Gafsa fino al giorno della sua morte (avvenuta il 25 maggio 1978) per la competenza teologica, la rettitudine morale e il rispetto di cui era circondato. Per entrambi la frequentazione reciproca portò a constatare che «non è solamente alla tolleranza che noi siamo invitati, ma a riconoscere nell’ altro i tratti di un fratello in umanità, un fratello amato da Dio, avviato ad un destino meraviglioso nella gioia di Dio che non conosce declino»

Alcuni tratti

«Si possono scambiare parole che non avranno mai un seguito, ma può anche essere il preludio di una bella sinfonia, quella dell’Amicizia e dell’amore» (19). «Durante gli anni abbiamo condiviso ciò che ci stava maggiormente a cuore: cose della vita o che erano oggetto dei nostri sermoni alla comunità musulmana o alla comunità cristiana. Ci sentivamo entrambi investiti di una missione analoga che ci sovrastava e ci animava: testimoniare il Dio Vivente e la sua passione per l’uomo» (2 0). «Nelle sue parole scoprivo la gioia del servitore della Parola che presta la sua voce a Dio per la gioia di tutto il popolo» (42). E Si Alì aggiungeva che: «il prete e l’imam debbono avere amore per la verità, per la giustizia e il coraggio di proclamarle» (38).

La rosa

A proposito: il titolo del libro (La rosa dell’imam) rimanda ad una rosa bianca presentata a Marius dalla figlia di Si Alì, la diciassettenne Najjia, mentre il padre spiegava: «Questa rosa donala al nostro amico, perché ha un grande valore, è più bella del diamante, vale più di un cumulo d’oro … è il segno della nostra amicizia spirituale, poiché la carne, la
materia non sono niente, è lo spirito che conta e che vivifica tutte le cose» (23). Comprendiamo allora anche le parole di Marius, che bene si prestano a concludere queste pagine: «Lode a te, Signore, che mi hai fatto incontrare questo figlio di Abramo al margine del deserto» (26). (Giuliano Zatti  Il dialogo n.22)

Il libro

La rosa dell’imam. L’incontro spirituale fra un cristiano e un musulmano (EMI, Bologna, 1997)

L’originale edizione francese era apparsa a Parigi nel 1983. La prima parte del libro è il racconto di una amicizia condivisa, mentre la seconda parte propone spunti di spiritualità e di teologia che l’autore recupera a partire dal proprio vissuto. I numeri indicati nell’articolo si rifanno alle pagine citate.

 

Flash della  Diocesi di Tunisi

Uomini e donne « in cammino » col Sinodo

L’arcivescovo Mons. Ilario Antoniazzi scrive: «Noi che viviamo in Tunisia, anche se siamo piccole comunità ecclesiali, non abbiamo paura di aprire il nostro cuore al mondo. Saremo vivi non per un grande numero di fedeli, ma semplicemente se non abbiamo paura di annunciare l’amore di Dio e la fraternità condivisa e vissuta con fatica, forse, ma convinti che “Là dove due o tre sono uniti nel mio nome, io sono tra loro”».

Esercizi spirituali

Sono la settimana per eccellenza dove noi preti e fratelli della diocesi ci incontriamo per pregare in silenzio e rivitalizziamo la nostra vita spirituale al servizio della Chiesa e della Tunisia. Quest’anno ho avuto la grazia di predicarli ai miei fratelli nel sacerdozio. Eravamo 27 riuniti nel monastero Charles de Foucauld a La Marsa dal 24 al 30 ottobre. Il tema era “Il desiderio di Dio” alla luce dei Salmi, la preghiera del Popolo di Dio da 3.000 anni. (P. Anand Talluri, Pime)

Tunisia e cristianesimo antico

Padre Silvio Moreno, ive, ha pubblicato il libro Tunisia e Cristianesimo antico che il professore Umberto Pappalardo definisce testo-guida della Tunisia dei primi secoli della Chiesa. L’autore è convinto che scoprire la Tunisia cristiana, alla luce della sua storia, confermata dall’archeologia, è compiere uno sforzo di memoria sul passato per ritrovare le sue radici e mettere in evidenza la sua storia per meglio preparare e vivere l’avvenire. Il turismo culturale ha bisogno di queste pagine che illustrano un passato cristiano ricco ma spesso ignorato.