Il «grazie sacerdotale» continua

In questo anno sacerdotale e giubilare del cinquantesimo di ordinazione, continua a sgorgare dal mio animo il «grazie» al Signore e ai fratelli. In realtà si tratta di un «grazie» reciproco per la comunione di vita vissuta insieme. Il segno di una gioia che viene dal sentirsi insieme tra credenti e che continuano a dire «Grazie» a Dio. È l’espressione del sacerdozio, vivo nel prete e nel laico che è “sacramento”, “servizio” di comunione. Anche qui in Algeria via internet posso mettermi in comunione con molti. Anche via internet e a volte anche direttamente, da musulmani, accolgo e rispondo: «Mi manchi».
Leggiamo, sentiamo alcuni «Grazie»: «Carissimo Silvano, come vedi non rispondo ogni volta che ricevo una tua cartolina, perché magari il tempo manca… ma provo ogni volta un piacere così grande nel leggerti e una gratitudine immensa per ciò che sei e che vivi.  Spero che si faranno altri libretti di raccolta di queste “cartoline”… contengono un soffio nuovo anche per chi da tanti anni vive l’amicizia con i musulmani…». 
Un’altra che ha vissuto tutta una vita come missionaria in Africa e in Italia: «Ho appena letto la tua ultima cartolina, ti devo dire che da quando siamo in contatto respiro aria PURA!». Aria del deserto?
E l’altra missionaria laica, ancora in Africa, che rivolge il «Grazie» a Dio: «Il Signore non chiama i dotati ma dota chi chiama».
A chi ha avuto il coraggio di dirmi: «Ti vorrei così».
I miei «Grazie» anche a chi mi domanda: «Ricordami nella Messa». Mi fa sentire l’importanza di questo momento di comunione con tutti.
Ai confratelli che mi hanno formato e continuano ad accompagnarmi.
Ai parenti e amici che mi lasciano libero e continuano a sostenermi.
Agli africani del Camerun, del Ciad e dell’Algeria, che hanno condiviso il senso di Dio e dell’uomo.
Agli “angeli” musulmani e alle “angele” di Touggourt, che mi accompagnano tutti i giorni.
Gesù pregò e dice ancora: «Vogliatevi bene come io vi ho voluto bene».
È l’amore di Gesù che ci mantiene uniti.
Grazie al Papa che ha ricordato ai preti di essere «Pienamente uomini e completamente a Dio col cuore pieno di compassione per il mondo… vivendo in comunione con Cristo con la preghiera costante».

Per noi e per tutti i preti del mondo preghiamo:

Alla Regina della giovinezza
Santa Maria, Madre di Dio, conservami un cuore di fanciullo, puro e trasparente come l’acqua sorgiva.
Ottienimi un cuore semplice che non indugi ad assaporare le umane tristezze, un cuore magnifico nel donarsi, tenero alla compassione, un cuore fedele e generoso che non dimentichi alcun beneficio e non serbi rancore per nessuna offesa.
Dammi un cuore umile che ami senza chiedere contraccambio, felice di sparire in altri cuori sacrificandosi davanti al Tuo divin Figlio, un cuore grande e indomabile che nessuna ingratitudine possa chiudere, nessuna indifferenza possa stancare, un cuore tormentato dalla passione della gloria di Gesù Cristo, ferito dal Suo Amore con una piaga che non guarisca se non in Cielo. Amen                                                                 (Grandmaison)

Auguri di una Santa Pasqua!

Il pensiero del Giudizio e del Paradiso

Tempo fa, una ragazza che aiuto nello studio, mi ha mandato una e-mail con gli auguri di Natale. Mi augurava di essere sulla strada che conduce al mio Paradiso. Le risposi ringraziandola e dicendole che un giorno saremo stati insieme nello stesso Paradiso.
Questa questione viene spesso nei nostri dialoghi. Una sera con tre persone di un certo livello intellettuale ne abbiamo parlato a lungo. Ma più che l’unicità del Paradiso, interessava loro la realtà che il Paradiso è Dio stesso, e che lo si può vivere già nel momento in cui ci si parla.
Anche i saggi musulmani hanno scritto e parlato molto del Paradiso. Ne riprendo alcuni già citati in un’altra cartolina. Così Ibn al Mubarak (m. 797): «Gesù figlio di Maria soleva dire: “L’amore per il Paradiso e il timore dell’Inferno procurano la pazienza nell’afflizione e tengono lontano il servo di Dio dal conforto mondano”». «Dio ha detto a Gesù in ispirazione: “Ti ho fatto dono, Gesù, dell’amore per i poveri e della misericordia verso di loro. Tu li ami ed essi ti amano; ti gradiscono come imam e guida, e tu li gradisci come compagni e seguaci. Sono due disposizioni innate: sappi che colui che si presenta all’incontro con me con entrambe, mi incontra con l’opera più pura, quella che io amo di più”».
Il mistico Abu Nu’aym (morto nel 1038): «Fa di me il tesoro della tua vita futura; confida in me  e io ti proteggerò; sii paziente nella prova e contentati del tuo destino. Sii a me vicino e ravviva il ricordo di me. Il mio amore sia nel tuo cuore, abbi sete di me in vista del giorno in cui sarai dissetato presso di me. Se i tuoi occhi potessero vedere ciò che ho preparato per i miei amici, i giusti, il tuo cuore verrebbe meno per il desiderio»
Anche l’idea del giudizio è continuamente presente nel buon musulmano. Al-Ghazali (m. 1111) scrisse: «Gesù ha detto: “Da quando il morto viene collocato per il funerale fino al momento in cui viene posto sull’orlo della tomba, Dio gli pone, per la potenza che ha su di lui, quaranta domande; la prima è: ‘Servo mio, per anni hai dato lustro alle creature, ma a me neppure un’ora!’. Ogni giorno Dio guarda nel tuo cuore e dice: “Perché tu operi per altri al di fuori di me, mentre sei circondato dalla mia bontà? Sei forse sordo? Non ascolti?”».

Pensiero quaresimale: la faccia di Dio nel fratello

Il primo invito quaresimale del breviario francese è: «Gli occhi fissi su Gesù, entriamo nel combattimento di Dio».

In Quaresima c’è la disciplina del corpo e dello spirito, come nel Ramadan musulmano. In più viviamo la comunione con Gesù per mettere in noi la sua vita e poterla donare come lui. Un Gesù sentito vivo nella preghiera e un Gesù incontrato vivo nella sua carne d’oggi. Ce lo dice Isaia (58, 17).  «Qual è il tuo digiuno? È questo: che tu divida il tuo pane con chi ha fame, che tu meni a casa tua gl’infelici senz’asilo, che quando vedi uno ignudo tu lo copra, e che tu non ti nasconda a colui ch’è carne della tua carne?». E, ce lo conferma Gesù: «Avevo fame e mi hai dato da mangiare».

Nel volto sofferente dell’uomo, il cristiano vede il volto di Gesù e in ogni uomo, vede la nobiltà del Gesù glorioso».

Si tratta di educare lo sguardo e il cuore e conformarli a quelli di Gesù. «Noi umani abbiamo le stesso genoma, quello di Dio» (Benedetto XVI). Avremo la sorpresa di vedere quanto siamo simili e ci prepariamo a una vita di aiuto reciproco e di comunione. Con alcuni avremo la sorpresa della riconciliazione.

Bellissima la pagina di Giacobbe ed Esaù. (Gn 32-33). Si erano preparati come per uno scontro; Esaù arriva con 400 uomini, ma Giacobbe si inchina a terra sette volte. Esaù gli corre incontro, lo abbraccia, gli si getta al collo, lo bacia e tutte e due piangono. Giacobbe gli dice: «Accetta i miei doni, vedendo la tua faccia è come se vedessi la faccia di Dio. Tu mi hai gradito». Cristiani e musulmani che si incontrano, oggi?

Benedetto XVI al congresso della Fao: «Riconoscere il valore trascendente di ogni uomo e di ogni donna resta il primo passo per favorire quella conversione del cuore che può sorreggere l’impegno per sradicare la miseria, la fame e la povertà in tutte le loro forme».

Si tratta anche di accettate lo scambio dello sguardo. Lasciare che Dio e l’uomo posino lo sguardo su di noi. Quando senti che Dio ti guarda, cresce in te la realtà di figlio di Dio. Quando lasci che Gesù ti guardi, diventi suo testimone. Quando accogli lo sguardo di una persona, senti che è un fratello e una sorella.