I giovani, amiamoli! Il resto verrà

Sono giunti da tante parti del mondo con una borsa di studio in un Paese musulmano e riempiono
le università dell’Algeria. Alcuni hanno trovato una Chiesa e dei fratelli di fede. Saranno i medici, gli ingegneri, i dirigenti dei loro Paesi.
Leggiamo le testimonianze di alcuni di loro, cristiani di differenti denominazioni. «Avevo paura… anche di perdere la fede. All’inizio ho avuto difficoltà di dialogo, ma poi ho accolto l’amicizia, restando sereni nelle nostre tradizioni e ci siamo capiti e arricchiti».
E poi la gioia di trovare un luogo di preghiera e di fraternità. «Qui in Algeria ho scoperto un’altra immagine della “Chiesa-Famiglia di Dio”. Questo mi ha dato coraggio e gioia per vivere in mezzo a un popolo con il quale ho tessuto amicizie che non mi attendevo».
E l’amore bello, puro, lasciato scritto all’amica algerina.
«Tu rappresenti per me il vero simbolo dell’amicizia,
la ciotola con l’acqua sempre fresca per la festa, anche nell’arsura dell’estate.
Tu resti la sola che ha sfidato pregiudizi
per aprirti pienamente a me, senza retro-pensieri.
La sola a capire i miei interessi.
I tuoi sentimenti sono per me certi, veri, provati.
So che mi ami d’un amore vergine, come un fratello, per sempre.
Ogni tua parola è penetrata e mi resterà per sempre.
Ti amo e lasciamelo dire
anche davanti alla persona
con cui costruirai il tuo avvenire,
e davanti alla persona
con cui fonderò il mio.
Perché, venuto da lontano, mi hai accolto senza pregiudizi».
Questa mattina ho celebrato l’Eucaristia con un bell’africano. Con lui, seminarista, avevo condiviso un cammino formativo. Ora è prete. Abbiamo pronunciato insieme la preghiera della Chiesa e le stesse parole di Gesù.
Papa Francesco non si stanca di consigliarci di amare e di far sentire l’amore di Gesù.
E i giovani ci credono.
Come mi ha scritto una ragazza italiana con gli auguri di buon anno: «Questi giorni sono stati anche per me densi di incontri con vecchi amici, ma soprattutto occasione per stare un po’ di più in famiglia. A volte diamo per scontate troppe cose e la fretta ci fa mancare il tempo per “ritrovarci”, per stare insieme».

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Dio, il prezzo dell’uomo

Il cardinale Roger Etchegaray termina il suo libro L’homme à quel prix? (“A che prezzo l’uomo?”) affermando: «È Dio il prezzo dell’uomo».
«Non un affare commerciale per valutare il piede di un calciatore, la gamba di una star, la pelle di un immigrato, il cervello di un sapiente. L’uomo è costato la vita stessa di Dio Salvatore che si è offerto attraverso il sangue prezioso del Cristo».
Il cardinale francese è impegnato al servizio dell’uomo e conosce il prezzo da pagare per la sua libertà. Esperto durante il Concilio, stretto collaboratore di Giovanni Paolo II, incaricato di missioni di giustizia e di pace in Cina e nel Rwanda.
Il suo libro aiuta a pensare, invita a risentire il soffio del Concilio con le parole di Paolo VI: «Suona l’ora per la Chiesa di approfondire la coscienza che ha di se stessa» (Ecclesia suam). A condizione, dice il Cardinale, che la Chiesa «sotto il sole bruciante della parola di Dio, come Cristo condotto dallo Spirito nel deserto, possa trovarvi la forza di restare fedele a Cristo vincitore di tutte le tentazioni».
In particolare, il libro invita al dialogo, alla volontà di comunicare tra tutti i cercatori di Dio, nella grande sfida di pluralismo religioso della nostra epoca. Riporta la frase pronunciata dal cardinale Angelo Scola a Tunisi nel giugno 2012: «Cristiani e musulmani… non siamo tutti in un tempo di transumanza verso nuovi orizzonti?». Si tratta non soltanto della necessità di dialogo inter-religioso, ma piuttosto della necessità di dialogo intra-religioso che spinge ogni religione ad andare più dentro se stessa in spirito e verità.
È quanto diceva Fernando Portal, morto nel 1926, pioniere dell’ecumenismo. «L’unione sarà fatta dal di dentro con una nuova vita religiosa che sale dal profondo del Cristianesimo. Sorgenti diverse, ma… acque che provengono dalla stessa nappa. Formeranno un solo fiume che tracimerà dai suoi bordi. Sarà l’avvenire della Chiesa». La frase è per i cristiani, ma l’invito a ritrovare le sorgenti, i Semi del Verbo, può essere per tutti i veri credenti.
Il cardinale attraverso le pagine del libro manifesta una grande passione per l’uomo (la passione di Dio?) e una infaticabile speranza.

Se vuoi la pace, impara a perdonare

John Onaiyekan, nuovo cardinale nigeriano, ha ricevuto il Premio Pax Christi 2012. Si impegna alla promozione del dialogo e a una migliore comprensione tra le popolazioni di diverse tradizioni religiose che vivono nel continente africano. Nelle situazioni di conflitto e di disaccordo che provocano ferite e sofferenze dice che ha trovato anche buona volontà nella maggioranza dei casi.
Queste sono le sue convinzioni. «I miei parenti mi hanno insegnato a rispettare le convinzioni degli altri. La prima convinzione è la mia fede profonda in Dio, Creatore e Padre amante di tutta l’umanità di qualsiasi fede nazionalità e statuto sociale. Un Dio di pace che ha orrore della discordia e dell’odio, della disonestà e dell’oppressione. Il Padre di nostro Signore Gesù, principe della Pace. Ci da una promessa e una responsabilità: Beati gli artigiani della Pace».
La seconda si radica nello spirito del Concilio Vaticano II. Ma la sua esperienza inter-religiosa si è formata negli incontri coi musulmani coi quali vive in Nigeria. «La Chiesa mi ha posto a vivere la sfida di cercare e scoprire in ogni vero credente la Luce che illumina ogni persona che viene al mondo. Questo progetto mi ha appassionato e arricchito. Ciò che condividiamo con gli altri esseri umani è più importante dei nostri tratti specifici».
Onaiyekan afferma: «La grande maggioranza delle persone vuol vivere in pace. Persone semplici, normali. Su questa buona volontà si deve costruire e permettere alle persone che non parlano… di uscire dal silenzio, di gridare. E si deve lavorare per unire una folla di artigiani di Pace, e che si esprimano. Il tempo delle guerre di religione appartiene al passato. Liberiamo la religione dalla strumentalizzazione di altri interessi e impegniamoci alla riconciliazione. Se cristianesimo e islam vogliono vivere ciascuno la missione di diffondersi in tutto il mondo e di abbracciare tutta l’umanità, vivano questa missione in pace col vicino».
Alla fine il cardinale ha ripreso l’affermazione di Giovanni Paolo II: «Se vuoi la pace impara a perdonare, certo di essere nella direzione in cui lavora Dio stesso verso un regno di giustizia, di amore e di pace».