Avvicinandosi, ci si unisce

Giorni fa ascoltavo alla televisione con interesse il teologo valdese Paolo Ricca sul tema dell’incontro e del dialogo con persone di cultura e religione diverse. Egli dava questi consigli: rallegrarsi che l’altro ci sia; vedere il bene del/nell’altro; avvicinarsi e stare vicino all’altro. 

Ritrovo tutto ciò nell’incontro di Papa Francesco con gli ebrei nella sinagoga di Roma, quando sottolinea l’«inscindibile legame» con gli ebrei da parte dei cristiani, che «non possono non far riferimento alle radici ebraiche». E ha aggiunto, citando ancora Giovanni Paolo II: «Voi siete i nostri fratelli e le nostre sorelle maggiori nella fede. Tutti quanti apparteniamo a un’unica famiglia, la famiglia di Dio, il quale ci accompagna e ci protegge come suo popolo».

Il Papa spende qualche parola anche per Roma: «Insieme, come ebrei e come cattolici, siamo chiamati ad assumerci le nostre responsabilità per questa città, apportando il nostro contributo, anzitutto spirituale, e favorendo la risoluzione dei diversi problemi attuali».
Al termine del suo intervento, Francesco parla in ebraico, chiudendo con l’augurio più classico degli ebrei: «Shalom aleichem», che la pace sia su di voi. È lo stesso saluto-augurio dei musulmani: «Salam aleikum».
Anche Gesù salutava così.

Mi sembra di poter affermare che più ci si avvicina e più scopriamo quanto già siamo vicini e così superiamo meglio ciò in cui la storia ci ha divisi.

La mia meditazione mi ricorda quando Dio chiese a Caino: «Dov’è tuo fratello?» e quando Giacobbe e Esau, rimasti lontani tanto tempo, ma uniti nel cuore dalla voce del sangue e dal sentimento di «fratello», incontrandosi, hanno visto nel volto del fratello il volto di Dio. E quando le due mamme, Maria ed Elisabetta, si incontrarono e i due bambini si salutarono, esultando nel grembo.
Incontrandoci, saremo sorpresi di quanto portiamo entrambi di verità e di bontà. Avvicinandoci, ci sentiremo vicini.

Dove, quando e perché Gesù è nato?

In un inno leggiamo: Gesù è nato e nasce nell’uomo che comincia ad aprire il cuore e le mani per cambiare la sua vita e quella dei suoi fratelli. E Papa Francesco spiega:
«Da quando Gesù è nato, ogni volto porta le sembianze del Figlio di Dio.
Natale sei tu, quando decidi di nascere di nuovo ogni giorno e lasci entrare Dio nella tua anima.
L’ albero di Natale sei tu quando resisti vigoroso ai venti e alle difficoltà della vita.
Gli addobbi di Natale sei tu quando le tue virtù sono i colori che adornano la tua vita.
La campana di Natale sei tu quando chiami, congreghi e cerchi di unire.
Sei anche luce di Natale quando illumini con la tua vita il cammino degli altri con la bontà, la pazienza, l’allegria e la generosità.
Gli angeli di Natale sei tu quando canti al mondo un messaggio di pace, di giustizia e di amore.
La stella di Natale sei tu quando conduci qualcuno all’incontro con il Signore.
Sei anche i re magi quando dai il meglio che hai senza badare a chi lo dai.
La musica di Natale sei tu quando conquisti l’ armonia dentro di te.
Il regalo di Natale sei tu quando sei un vero amico e fratello di tutti gli esseri umani.
Gli auguri di Natale sei tu quando perdoni e ristabilisci la pace anche quando soffri.
Il cenone di Natale sei tu quando sazi di pane e di speranza il povero che ti sta di fianco.
Tu sei la notte di Natale quando umile e cosciente ricevi nel silenzio della notte il Salvatore del mondo senza rumori né grandi celebrazioni.
Tu sei sorriso di confidenza e tenerezza nella pace interiore di un Natale perenne che stabilisce il Regno dentro di te».

 

Pellegrini insieme… in attesa del pellegrino Gesù

Durante un incontro di dialogo interreligioso sul tema della sofferenza, della liberazione e della fraternità, il cardinale Jean-Louis Thauran si è rivolto direttamente ai credenti e ne ha evidenziato la sorprendente ricchezza umana, vera base per un cammino di comunione per tutta l’umanità.
«Siamo tutti pellegrini e vedo questo dialogo come un momento della nostra ricerca permanente per raggiungere il mistero delle nostre vite e della Verità Ultima. Va a sederti nella tua cella, disse un padre del deserto a chi gli chiedeva un consiglio, e la tua cella ti insegnerà qualche cosa. La cella è immagine del segreto del cuore ed è lì che si scopre il mistero di Dio. Oppure, come diceva un altro padre: la cella è come l’acqua che fa vivere i pesci. Senza acqua, i pesci muoiono; senza entrare ad ascoltare il cuore si muore fisicamente. Il pellegrinaggio va al profondo del cuore.
Per vivere questo pellegrinaggio che cosa portare in viaggio? Meno bagagli, superare pregiudizi, ferite, paure per ascoltare il proprio cuore e il cuore del prossimo. Attraversare le frontiere. Il pellegrinaggio ci invita ad attraversare le frontiere culturali, religiose, etniche e linguistiche per conoscere, comprendere e rispettarsi. Così viaggiamo verso “l’altro bordo”, ma fermamente radicati nelle proprie credenze religiose. Attraversare frontiere può trasformare l’ignoranza in comprensione, lo straniero in amico, l’ostilità in ospitalità e la divergenza in convergenza. Rientrare in se… trasformati. Dal dialogo ripartire con una nuova visione e missione da portare al proprio ambiente e alla società intera».
Cari amici, siamo anche noi pellegrini e ci prepariamo ad accogliere il pellegrino Gesù. Insieme camminiamo verso nuovi cammini… Sempre con Lui!
Ancora auguri!

La gioia di incontrare gli altri

Cari amici, dicendovi Buon Natale vi auguro di incontrare tante persone e di avere la gioia di sentire che il Signore è vicino a tutti e in tutti. La gioia di vivere il Vangelo della gioia come leggiamo in alcune pagine del cardinal Martini e di Papa Francesco.

«La gioia del Vangelo è propria di chi, avendo trovato la pienezza della vita, è sciolto, libero, disinvolto, non timoroso, non impacciato. Ora credete forse che chi ha trovato la perla preziosa, si metterà a disprezzare tutte le altre perle? Assolutamente no! Chi ha trovato la perla preziosa diventa capace di collocare le altre in una scala di valori giusta, di relativizzarle, di giudicarle in relazione con la perla più bella. E lo fa con estrema semplicità perché, avendo come pietra di paragone quella preziosa, sa meglio comprendere il valore anche delle altre. Chi ha trovato il tesoro non disprezza il resto, non teme di entrare in commercio con coloro che hanno altri tesori, perché è in grado di attribuire l’esatto valore a ogni cosa… Gli è dato il discernimento degli altri valori, dei valori delle altre religioni, dei valori umani fuori del cristianesimo; avrà la capacità di dialogare senza timidità, senza tristezza, senza reticenze, anzi con gioia, proprio perché conoscerà il valore di ogni altra cosa; avrà l’intuizione del senso di verità che ci può essere in altre religioni». (Cardinal Carlo Maria Martini: La gioia del Vangelo).

«Alcuni credenti fanno in modo di nascondersi e togliersi dalla vista degli altri e ciò fa ammalare il cuore e a volte il corpo. È necessario aiutare a riconoscere che l’unica via consiste nell’imparare a incontrarsi con gli altri con l’atteggiamento giusto, apprezzandoli e accettandoli come compagni di strada, senza resistenze interiori. Meglio ancora, si tratta di imparare a scoprire Gesù nel volto degli altri, nella loro voce, nelle loro richieste. È anche imparare a soffrire in un abbraccio con Gesù crocifisso quando subiamo aggressioni ingiuste o ingratitudini, senza stancarci mai di scegliere la fraternità».(Papa Francesco: La gioia del Vangelo, 91,92).

 

Una Chiesa al Presepe 2. Incontro

Seguendo il cammino di Maria, i vescovi del Maghreb nel documento “Servi della Speranza” citano dal libro di Garou, M. La rose de l’imam: «La missione non nasce da un di più che dovremmo comunicare agli altri, ma nasce da un’assenza, dalla mancanza dell’altro, senza l’incontro del quale non potrei mai liberare il mio Magnificat».
Queste parole mi ricordano l’importante novità del Concilio quando affermò che il comando di Gesù di andare ad annunciare, nasceva dall’urgenza insita nella Trinità di raggiungere l’umanità, di visitare, di incontrare… La missione non è solo insegnare, aiutare, ma condividere. Dio cerca l’umanità e la visita, e vivendoci la vivifica, come cantò Zaccaria: «Dio ha visitato e redento il suo popolo».
E i vescovi continuano: «Come Maria, ponendo Gesù nella mangiatoia, lo Spirito e Maria ci pongono e ci dispongono, facendo delle nostre vite vite donate all’amore. L’invio del Figlio continua nei suoi discepoli. Attorno a Maria, Giuseppe e il Bambino, pastori e magi rappresentano la famiglia umana. Le nostre Chiese vogliono una famiglia con legami fraterni con tutti, comunità aperta e accogliente di oranti in mezzo ad oranti, di cercatori di Dio con altri cercatori di Dio, testimoni di Colui che diede la vita per unire in unità quelli che erano dispersi. È una presenza umile e gratuita cha da senso alla nostra vita: essere testimoni stupiti e discreti in attesa, nell’umiltà, del dono dell’avvenire che ci viene sempre da Dio. Il nostro è come il “sì” di Maria, attivo e dinamico, nella fiducia assoluta che in tutto ciò che arriva c’è l’azione di Dio per il bene di tutti.
Ciò che conta è una certa densità di presenza all’uomo in un luogo preciso, un certo peso di incarnazione, là dove si vive il proprio impegno con serietà e competenza».

Una Chiesa al Presepe. Visitazione

Nel 2012, mons. Paul Desfarges, vescovo di Constantine, in Algeria (attualmente anche vicario di Algeri), scriveva la sua prima lettera pastorale dal titolo Une Eglise dans la mangeoire (Una Chiesa nella mangiatoia).
Il vescovo vedeva nell’incarnazione di Gesù il senso pieno della natura e della missione della Chiesa. Prima, Gesù presente e attivo in Maria; poi quando incontra e accoglie nel presepio: ovvero, una Chiesa in visita e che incontra e dialoga. I vescovi del Maghreb hanno continuato questa riflessione nella lettera pubblicata il primo dicembre 2014. «Fuori da ogni conquista, la missione è una Visitazione: Come Maria, portando Colui che ci porta, noi andiamo a visitare i nostri fratelli e sorelle per aiutarli e ogni incontro è effusione dello Spirito Santo, una Pentecoste. La storia delle nostre Chiese è la storia di questi incontri di umanità. La grazia di “andare verso” ci fa sperimentare una gioia simile a quella nata nell’incontro tra Maria e Elisabetta. I bimbi sussultano. Maria esclama il Magnificat! Le nostre Chiese vivono l’apostolato dell’incontro. Condotti dallo Spirito, i nostri cuori si aprono al mistero dell’altro, sperimentiamo una comunione veramente spirituale, in un cammino di verità. La speranza ci spinge in fretta al servizio della vita che vuol nascere in ogni persona. Con Maria, le nostre Chiese vogliono vivere il fiat che permette l’accoglienza con rispetto del cammino dell’altro, della sua luce, della sua speranza. Ogni persona è un mistero sacro. Maria ci precede a meditare gli “avvenimenti” circa la storia dei popoli ai quali siamo mandati. Un cammino di incarnazione, chiamati ad accompagnare ogni giorno il cammino di Dio verso i popoli del mondo e vivere una crescita in umanità la cui ultima tappa è l’incontro con Dio».

Fratello Universale

Il primo dicembre è l’anniversario della morte di Charles de Foucauld. Cadde, solo, vittima innocente, indifesa… Morte silenziosa, come quella del chicco di grano che cade in terra e marcisce, per portare frutto.
Rimedito i suoi pensieri.

Intimità
«Quando si ama, si vorrebbe parlare continuamente con la persona che si ama, o almeno guardarla continuamente. La preghiera non è altra cosa: l’incontro familiare col nostro Beneamato. Lo si guarda, gli si dice che lo si ama, si è felici d’ essere ai suoi piedi. Bisogna domandare a Dio ciò che desideriamo con la semplicità del bambino che parla al padre e poi aggiungere: Tuttavia, non la mia volontà, ma la tua».

Incarnazione
«L’ incarnazione ha la sua sorgente nella bontà di Dio. Ma una cosa appare subito così meravigliosa e splendente, è che brilla come un segno affascinante: è l’umiltà infinita che contiene un tale mistero. Dio, l’Essere, l’Infinito, il perfetto, il Creatore, l’Onnipotente, immenso, Sovrano, padrone di tutto, facendosi uomo, unendosi a un’anima e a un corpo umano e apparendo sulla terra come un uomo e come l’ultimo degli uomini».

Amore universale
«Voglio abituare tutti gli abitanti, cristiani, musulmani e giudei, a considerarmi, come loro fratello universale. Quanto, come dobbiamo stimare ogni essere umano, come dobbiamo amare ogni essere umano! È il figlio di Dio. Dio vuole che i suoi figli si amino. Come un padre tenero, vuole che i suoi figli si amino. Amiamo ogni uomo, perché è nostro fratello e Dio vuole che lo guardiamo e l’amiamo molto teneramente come tale, perché è il figlio di Dio beneamato e adorato».

 

 

«L’amore con cui ci hai amato, sia in loro»

Vedo in tivù il volto di padre Piero Parolari, colpito in Bangladesh. Con lui vissi tre anni di teologia nel seminario teologico di Milano del Pime. Fu uno dei miei migliori “allievi”. Conosco bene la famiglia. Anche sua sorella Chiara, fattasi clarissa, e il fratello don Enrico. Sono, anche loro, la mia famiglia.
Vedo anche il volto di un altro “allievo”, Rolando Del Torchio, ancora in mano ai banditi nelle Filippine. E prego per lui e i suoi cari.
E gli assalti di Parigi, nel Libano, nel Sinai, in Tunisia… E sento infiniti commenti, troppo facili, ingenui, con generalizzazioni e giudizi affrettati.
Vedo le manifestazioni “Non nel mio nome” e mi auguro che siano l’inizio della vera conversione che Papa Francesco auspica per tutte le religioni. Non bastano le strette di mano e gli slogan, da una parte e dall’altra, ma è necessario un vero ritorno allo spirito delle origini delle religioni, cioè passare dallo scontro degli ideali all’incontro – nella vita – degli ideali.
Un tempo, alcuni preti erano diventati famosi quando dicevano: «Breviario e giornale!». E così erano e si ritenevano vicini alla gente. Oggi mi capita di lasciarmi prendere dalla televisione che arriva anche nel deserto dell’Algeria. E vi trovo cose stupende che mi fanno sentire vicino alla mia gente italiana e anche vicino a tanti popoli del mondo. Mi sento a volte arricchito di notizie e di emozioni. Normalmente credo di essere fedele al mio Breviario, e non mi sembra di mancare di fedeltà se qualche volta mi permetto di accompagnare visione e ascolto tivù con canti di giubilo o grida di terrore.
Dove vivo, non ho paura, anche se motivi per essere prudente ce ne sono tanti. Qualche mattina fa, andando a piedi a pregare dalle Piccole Sorelle, una macchina mi si è accostata e la porta si è aperta. Dall’interno, qualcuno mi invitava a salire. Entrato, senza paura, ho visto accanto a me il volto di un giovane amico che voleva darmi un passaggio dalle Piccole Sorelle.
Nella festa di Cristo Re, trovo nel mio Breviario e prego con voi e con Gesù: «Padre, ho fatto conoscere il tuo nome perché l’amore con cui ci hai amato, sia in loro».

 

 

Un’amicizia divina

Questa mattina ho celebrato con le Piccole Sorelle di Touggourt, ricordando il giorno della partenza per il Paradiso della loro fondatrice, Magdeleine Hutin, avvenuta il 6 novembre 1989.
E ho riletto alcune testimonianze sui suoi primi giorni nel deserto di Touggourt: «Con la piccola sorella Anne eravamo partite col cuore pieno di gioia, leggere come chi cammina col solo bastone in mano, con la sola bisaccia senza ingombri per non rallentare il cammino».
«Il vestito assomiglia a quello delle donne arabe. Sul cuore portano il cuore e la croce di De Foucauld, segno che vanno solo per amare. Si accampano in una vecchia casa alla periferia di Touggourt in mezzo a famiglie di nomadi riunitesi per sopravvivere alla carestia. Lavorano assieme ai nomadi per liberare la casa dalla sabbia».
E Magdeleine scrisse: «Eravamo Arabe tra Arabi, nomadi tra nomadi, operaie tra operai, vivendo sulle tracce di De Foucauld un apostolato del “territorio per il territorio”, apostolato del “lievito nella pasta”. Abbiamo adottato il cibo, il mobilio, anzi la mancanza di mobilio, le povere case di terra, il vestito… la stessa povertà. Abbiamo cercato di somigliare a loro, ma soprattutto di rispettarli. Vediamo degli stranieri ridere forte sui loro costumi e sulle loro preghiere mentre nei loro piccoli gesti verso Dio c’è qualcosa di divino che merita un rispetto infinito! Il più miserabile che incontriamo nel cammino è un uomo. Ha dignità. Va rispettato. Davanti a Dio non c’è superiore o inferiore! L’amicizia con loro è stata il momento più straordinario della mia vita. Ho visto che un amore di amicizia può convivere nelle differenze di razza, cultura e condizione sociale. Erano i più poveri e mi hanno riservato una bontà e una delicatezza commovente. Vegliavano e ci curavano quando eravamo ammalate. Ero talmente sicura di loro che questa fiducia mi ha salvata. Nei periodi di vita con loro non sono mai stata delusa».
«Insieme abbiamo vissuto un’amicizia divina», mi ripete ancora oggi il vecchio T. che allora era un ragazzo.

Come camminare insieme

Il cardinale Jean Louis Tauran continua a stimolare i membri delle religioni ad «approfondire i legami che li uniscono e quindi incontrarsi avendo un senso chiaro della loro identità e in uno spirito di rispetto, di stima e di collaborazione. Chi si è impegnato sulla via del dialogo interreligioso ha potuto scoprire l’opera di Dio nelle altre religioni e gli elementi di verità e di grazia che vi sono presenti e che sono veri e buoni. Beni preziosi, sia religiosi che umani, espressioni di verità che illuminano tutta l’umanità. In questi tempi, per motivi oscuri e difficili, sono convinto che l’obiettivo del dialogo tra le religioni è di fare un cammino comune verso la verità. Un cammino che deve tener conto dell’identità di colui che dialoga : non si può dialogare nell’ambiguità; tener conto dell’attenzione all’altro: chi prega e chi pensa in modo diverso da me non è un nemico; e tener conto della sincerità delle intenzioni reciproche. Bisogna senza dubbio intensificare una cooperazione fruttuosa con i credenti delle altre religioni su dei temi di interesse comune in vista del  bene della famiglia umana e delle nostra casa comune. Credo poter affermare che i prossimi anni vedranno la Chiesa ancor più impegnata a rispondere alla grande sfida del dialogo interreligioso. È la condizione necessaria alla pace che è un bene indispensabile per tutti ed è l’aspirazione di ogni persona e alla quale tutte le religioni possono grandemente contribuire col loro bagaglio religioso e umano».